Esordi da turisti, i Maya a S. Siro, Kuz da Chi l'ha visto. Schelotto, 6 milioni di nonsense. E la Curva...
L'Inter continua a perdere. E contro la Roma arriva un 3-2 che vuol dire addio alla Coppa Italia e alle speranze di appigliarsi a qualcosa in una stagione disastrosa. Decidono due gol di Destro e uno di Torosidis. Analizziamo la gara... da Zero a Dieci.
ZERO le giocate incisive di Zdravko Kuzmanovic. Gigioneggia, ci mette qualcosa in più nel primo tempo, poi crolla e diventa un fantasma. Esattamente l'opposto di quello per cui è stato preso. Ci si aspettava a Milano un centrocampista di personalità, grinta, potenza fisica. Qualità che si vedono solo a sprazzi. Nel secondo tempo è da Chi l'ha visto.
UNO è il messaggio chiaro della Curva Nord: adesso basta. Chi deve pagare, paghi. Perché lo scempio non ha più fine. La richiesta è evidente: "Una società più interista". Lo diceva anche Moratti poco più di un mese fa. Dalle parole si passerà ai fatti?
DUE esordi ancora per l'Inter, quelli di Belloni e Forte. Peccato che fossero praticamente inutili. Inseriti quando servivano quattro reti per rispondere alla goleada della Roma, al pascolo in mezzo all'affascinante San Siro. C'erano poche alternative, d'accordo, ma il discorso giovani va rivisto: esordi così non hanno un senso pratico per poterli conteggiare tra i giovani lanciati nell'Inter di Stramaccioni. Che fin qui, di ragazzi del settore giovanile, ci ha fatto vedere solo qualche briciola di Benassi e un Livaja in formato europeo prontamente spedito a Bergamo. Belloni e Forte, augurando loro un futuro roseo, sono stati semplicemente due turisti a San Siro in un'ennesima notte di schiaffi.
TRE statuine in difesa, nel secondo tempo. Dalla difesa a tre alla difesa a quattro ormai si cambia come la biancheria intima, questa volta però ci sono i titolarissimi, quelli di Torino per intenderci. Ranocchia, Samuel e Juan Jesus. Un paio di salvataggi decisivi, ma quanti errori. Il brasiliano spalanca le porte agli assalti giallorossi nel secondo tempo, i suoi compagni di reparto non sono da meno. Che sia il Siena, il Cagliari o la Roma: piovono gol subiti. Non è una novità.
QUATTRO tocchi e via. La Roma nel secondo tempo sembra il Barcellona, dopo un primo tempo alle strette contro un'Inter arrembante. Poi, Rocchi e compagni cambiano veste e l'Inter si trasforma nella piccola squadra di turno, vittima dello strapotere del Barça. Quattro tocchi e palla dentro, Andreazzoli gode e Handanovic raccoglie palloni in fondo al sacco. Ennesimo black-out. Anzi, la luce per quest'anno è spenta definitivamente.
CINQUE mesi di errore per i Maya. La fine del Mondo sembra abbattersi su San Siro in ritardo rispetto al previsto 22 dicembre quando Jonathan si traveste da Maicon: progressione, scambio e addirittura gol nella partita più importante per Stramaccioni. Ironie a parte, una prestazione da giocatore vero, una delle poche veramente convincenti. Non basterà per la riconferma. Ma siamo sicuri che non ci sia qualcuno di più scadente di lui in rosa, quando il primo zimbello del Meazza è sempre il brasiliano? Poi lo speaker di San Siro ci spiegherà perché lo definisce "el" Cicero. Nome proprio di persona, non soprannome. Chiediamolo ai Maya.
SEI milioni e mezzo di maledizioni per l'operazione Livaja-Schelotto. A Bergamo ancora si fregano le mani per quei 3,5 milioni più la metà di Livaja valutata circa 3 milioni. A Milano è arrivato un esterno mai convincente: l'esordio a Siena fu da occultare come prove di un omicidio; la prestazione con la Roma è un inno alla confusione, al nonsense, alla modestia tattica prima ancora che tecnica. Da ala non rende, da terzino è troppo offensivo, da esterno in un centrocampo a cinque non aiuta in fase difensiva e soffre terribilmente. Ci sarà un motivo se all'Atalanta era più fuori che dentro al campo? Deve farne di strada, specialmente se il suo idolo è Zanetti. Non c'è invece un motivo perché l'Inter ha preso lui pagandolo e regalando metà Livaja all'Atalanta. E un gol in un derby non può salvare cinque mesi a livelli non da Inter.
SETTE a Mateo Kovacic. Ovvero, leggi Schelotto e capovolgi ogni giudizio. Siamo costretti volentieri a ripeterci: danza sul pallone, vede continuamente corridoi che altri non vedono, canta e porta la croce come fosse all'Inter da dieci anni. Quando parte in progressione a testa alta e col pallone incollato ai piedi ricorda terribilmente Iniesta. E San Siro si alza in piedi ad applaudirlo. Succede solo ai grandi. E ai giganti di 18 anni.
OTTO partite - le ultime -, sei sconfitte. Ma anche otto vittorie su ventuno partite dall'inizio del 2013 a oggi. Fate un po' voi, i numeri di quest'Inter sono come proiettili che si infilano sul corpo di un guerriero moribondo. Un ruolino di marcia da metà-bassa classifica. Siamo sicuri sia l'Inter, viene da chiedersi? Sì, purtroppo sì.
NOVE gol in stagione per Mattia Destro. Due li ha fatti ieri sera all'Inter, e con quale tempismo. Entra nella difesa nerazzurra come un grissino nel tonno e fa pure la scarpetta sull'olio del tocco sotto con cui punisce Handanovic. Poi si concede il bis, ma ormai l'Inter è condannata dalla legge dell'ex. Mattia le aveva già fatto gol quest'anno e si prende un'ennesima rivincita. Fotografia di come ci sia proprio tanto su cui riflettere...
DIECI alla parata di Samir Handanovic su Florenzi. Raramente capita di vedere parte di uno stadio alzarsi in piedi e far scattare un'ovazione vera e propria per l'intervento di un portiere. Ma Handanovic è un marziano. E fa qualcosa di sensazionale quando va a prendere un pallone già disegnato in porta. I compagni di difesa dovrebbero benedirlo: senza di lui, altro che 69 gol (!) subiti in stagione. Santo subito.