A Milano c’è un Duomo da spostare
Ombre e riflessi possono diventare ingombranti. O prendere la forma concreta e precisa di un'idea, di un pensiero capace di alimentarsi per il solo fatto di esistere, di essere lì, nella testa e nelle parole di qualcuno. L'accostamento tra Messi e l'Inter ha preso la forma di un'esultanza neanche troppo discreta sulla facciata principale del Duomo di Milano per mano di una tv cinese, di proprietà di Suning, che, volendo pubblicizzare la partita col Napoli, ha finito per creare la più grande chiacchiera di mercato possibile e immaginabile. Con i suoi pro e i suoi contro. Con quanta consapevolezza, o con quanta ingenuità data dalla sola volontà di utilizzare il calciatore più famoso al mondo per promuovere una partita di calcio, è la vera questione da capire. O meglio, la vera questione da capire è quale sia il legame tra il redattore che ha "photoshoppato" mister 6 Palloni d’Oro e qualcuno che conosca anche in minima parte le dinamiche del calciomercato e la situazione dell'Inter e della Serie A.
Può darsi che sia nullo e che la pubblicità che tanto ha spopolato in rete sia il semplice frutto della fantasia di qualcuno e della sua voglia di attirare davanti alla tv i milioni di potenziali spettatori cinesi affascinati dai campioni planetari del pallone ma ancora abbastanza a digiuno di conoscenze calcistiche vere e proprie. "È più facile spostare il Duomo di Milano che portare Messi all’Inter", ha sentenziato Antonio Conte.
Tutta questa vicenda lascia però spazio a un paio di riflessioni concrete, che nulla hanno che fare con fantamercato e monumenti imbrattati con l'invisibile vernice di un'ombra ingombrante.
Primo: il solo fatto che Leo Messi, uno dei giocatori più forti del pianeta Terra e probabilmente di tutti i tempi, venga accostato dell'Internazionale di Milano va a sublimare il lavoro fatto in questi anni da Suning. Perché questo significa aver (ri)creato credibilità e appeal attorno a un club che da una decina di anni a questa parte ha vissuto come gloria massima una qualificazione alla Champions strappata sul filo dell'infarto mentre già sul campionato scorrevano i titoli di coda. E questo, per aprire e chiudere parentesi, la dice lunga anche sul lavoro di Conte, uno da cui ci si aspetta sempre e subito il miracolo e che invece stavolta ha l'ambizione di creare un progetto a lungo termine e che, comunque, ha riportato l'Inter ad avere una media punti come non si vedeva dal 2011.
Accostare, anche solo per dar voce a quel solito e spesso fastidioso "chiacchiericcio" da calciomercato, Messi all'Inter senza rischiare di essere rinchiusi in qualche clinica psichiatrica significa riconoscere nell'attuale proprietà nerazzurra la solidità e la forza economica, sportiva e d'immagine che, nel panorama mondiale, è cosa per altro abbastanza rara. Significa anche riconoscere che a livello calcistico è stata raggiunta una credibilità che autorizza ogni tipo di pensiero, persino quelli che non si possono realizzare per tanti e ragionevoli motivi.
Il secondo ragionamento parte dal fatto che nel caso in cui Marotta e Zhang decidano davvero di sedersi a un tavolo col Barcellona e il suo capitano, di certo non avrebbero interesse a pubblicizzarlo visti i tanti, troppi, enormi, ostacoli di qualunque tipo, in una simile trattativa di cui è pericoloso anche solo proferire parola per ovvi motivi. A livello mediatico poi che si parli di un possibile affare ha risvolti positivi e negativi. Positivi perché, come detto sopra, il nome del tuo club accostato a quello di uno dei migliori calciatori ti proietta nell’Olimpo della notorietà e del fascino calcistico, ma positivi anche perché tutto questo può essere un più o meno voluto segnale al Barcellona che nulla ha fatto, nelle scorse settimane, per nascondere l’interesse per Lautaro Martinez. Della serie: voi vi sentite liberi di dire che un nostro giocatore vi interessa? E allora noi rendiamo noto che non ci dispiacerebbe uno dei vostri, per altro nemmeno uno a caso. Il lato negativo è che una volta che inizi a parlare di Messi, qualunque altro giocatore eventualmente acquistato non può reggere il paragone e a livello di attenzioni e aspettative rischi di creare qualcosa di non realizzabile anche di fronte a tifosi e critici.
L’immagine dell’Inter comunque ne esce rafforzata perché anche in questo sta la potenza dei fuoriclasse. Gli scenari del mercato sono al momento sconosciuti anche ai diretti interessati ma quel che è certo è che il lavoro di Marotta e Conte non merita le tante critiche di chi, nelle ultime settimane, ha cercato di smontare un progetto che con qualche rinforzo (da Messi in giù) può riportare i nerazzurri ad essere non solo competitivi e affascinanti ma anche vincenti. Nel frattempo Conte sta lottando per un secondo posto, che sarà pure il primo piazzamento dei perdenti ma dalle parti di Appiano è roba che non si vedeva dai tempi del post-Triplete.
E lo ha fatto con uno dei suoi migliori centrocampisti, Sensi, che di fatto è stato disponibile solo fino al 6 ottobre, un Lautaro che nel 2020 ha offerto più ombre che luci e uno Skriniar autore, fino qui, della sua peggior stagione in nerazzurro. Ha fatto vedere a tutti perché ha insistito con Lukaku, con la difesa a 3 e ha tenuto bene o male la scia della Juve utilizzando molto gente come Gagliardini, Candreva, Biraghi, Vecino e Borja Valero: gente che il tifoso medio dice di non voler più vedere da diversi anni ma che ha dimostrato, a conti fatti, di saper dare un contributo importante. L’Inter da una decina d’anni chiudeva il campionato avendo mediamente 20 punti o più di distacco dalla prima mentre adesso si ritrova a rimuginare per un pareggio col Sassuolo e una sconfitta col Bologna che chissà quanto avrebbero potuto cambiare il corso della storia di questa annata disgraziata e complicata. L’Inter si è qualificata alla Champions con 4 giornate d’anticipo invece che soffrendo e pregando i Santi per ottenerla all’ultimo secondo dell’ultima giornata. E’ passata dal temere che qualcuno pagasse la clausola di Icardi all'essere accostata e Leo Messi. Il che equivale se non a spostare il Duomo, quanto meno ad averlo restaurato.