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A noi non piace il mercato di gennaio

di Mattia Zangari

'"A noi non piace il mercato di gennaio". Così Piero Ausilio, parlando a margine del 'Gran Galà del Calcio' poco meno di un mese fa, inquadrò la sessione invernale ormai alle porte, che vedrà l’Inter sicura protagonista. Le brevità della finestra rende questo momento dell’anno forse il più sgradito per i direttori sportivi che, nella migliore delle ipotesi, devono rimettersi al lavoro per coprire una falla che si è creata nella prima parte della stagione. Non a caso, si chiama ‘mercato di riparazione’, un modo molto delicato che spesso viene utilizzato per intendere che il tal club torna a imbastire delle trattative per correggere un errore commesso in estate. L’errore, poi, può essere di varia natura: il giocatore preso è semplicemente un brocco, quindi va sostituito, o magari fragile e lascia sguarnito un settore del campo perché si è infortunato. Molto più raramente, invece, si interviene per anticipare un colpo (beato chi ha possibilità, vero City?) o per finire un lavoro che non è stato possibile ultimare nella sessione precedente perché le priorità erano altre.

"Pensiamo di essere a posto oggi, Inzaghi sta valorizzando tutti, giovani e meno giovani. La cosa bella è vedere tutta la rosa coinvolta, che si diverte. I risultati ci danno ragione”, aggiunse Ausilio all’indomani del 3-0 del Maradona dopo il quale l’Inter lancioò n messaggio forte al campionato nella corsa scudetto. Il diesse disse ‘oggi’ perché, da dirigente scafato quale è, sa che nel mercato vige la regola del ‘mai dire mai’, in cui il domani può essere ben diverso da ieri. L'intervento chirurgico al tendine achilleo a cui è stato sottoposto Juan Cuadrado, per esempio, è una causa di forza maggiore che può far cambiare le strategie, pur senza stravolgerle, come giustamente fatto notare dall’altro dirigente di Viale della Liberazione, Beppe Marotta, che ha invitato i media a non parlare di 'allarmismo' relativamente all’assenza prolungata del colombiano che resterà ai box fino ad aprile. Troppo tempo per una squadra che deve avere un ricambio per ruolo per competere ai massimi livelli su tutti i fronti: e allora non può bastare la crescita, seppur vistosa dell’esordiente Yann Bisseck, né tanto meno la duttilità dell’infinito Matteo Darmian per allungare la coperta sulla destra. Serve un’alternativa di ruolo a Denzel Dumfries, peraltro reduce da un infortunio che ha aperto un'emergenza temporanea. Il quinto lo potrebbe fare Benjamin Pavard, appena tornato a disposizione, ma il francese ha preferito Milano al Bayern Monaco proprio perché non voleva fare il terzino. Insomma, tutti elementi, quelli sopra elencati, che hanno indotto la dirigenza a puntare dritto su un obiettivo di vecchia data, quel Tajon Buchanan che già durante il Mondiale in Qatar era finito sul taccuino proprio di Ausilio come potenziale erede di Dumfries. Che appena un anno fa era dato come sicuro ‘sacrificato’ per far cassa tra giugno e agosto 2023. Le cose, poi, sono andate diversamente, ma spesso sono cicliche: ora l’olandese è distante un milione dal rinnovo con i nerazzurri, scenario che non chiude le porte a uno Skriniar-bis (il contratto dell'ex PSV, per la cronaca, scade nel 2025).

Ecco perché gli addetti ai lavori sono portati a guardare con sospetto gennaio, il mese in cui si presentano opportunità magari inaspettate ma anche scoperte spiacevoli come l'abbassamento vertiginoso del valore di mercato di un giocatore in rosa fino allo status di free agent. Tre giorni ancora e poi sapremo che mercato sarà (in ballo ci sono anche i nomi di Zielinski e Tiago Djalò in ottica estiva), prima però c’è una partita che è tutt’altro che trascurabile: Genoa-Inter di domani, infatti, mette in palio tre punti che valgono il titolo, seppur platonico, di campione d’inverno. No, non va al re del mercato invernale, questo è un premio virtuale che viene assegnato a chi ha fatto meglio nel girone d’andata. E qui tornano ancora utili altre dichiarazioni di Ausilio: ”Se l'Inter costruita in estate è più forte di quella della scorsa stagione? Mah, abbiamo fatto un bel lavoro, non era facile sostituire dodici giocatori, molti dei quali hanno fatto la storia del club, in un'estate. Siamo un bel gruppo, c'è armonia e coesione tra proprietà, Marotta, staff e allenatore. Abbiamo ponderato le decisioni insieme, pensiamo di aver fatto un bel lavoro, ma conta il risultato finale, non mi piace parlare del momento". 


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