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A Salerno Lautaro dixit: Toro sì, ma mai seduto

di Egle Patanè

Una rondine non fa primavera. Mantra ripetuto milioni di volte, durante la scorsa stagione nella fattispecie, ogni qualvolta che ad un periodo non troppo convincente seguiva una bella vittoria, e nel tempo abbiamo avuto conferme di come questo detto tante volte si sia rivelato veritiero. Ogni qualvolta che una grande vittoria faceva gasare i più, quella rondine che svolazzava tra i pensieri degli interisti non sempre si rivelava premonizione di una vera e propria primavera… Tanto è stato e tant’è. Ma se una rondine non fa primavera, un temporale non fa l’inverno. A scacciare i nuvoloni che si erano addensati su San Siro nell'uggiosa notte dell’infrasettimanale dello mercoledì è sempre lui: il solito, imprescindibile Lautaro Martinez. Capitano fuori e dentro il campo, soprattutto dentro al campo, dove l’argentino è entrato solo a partita in corso per un lecito turnover che portava il nobile fine del riposo pre-Champions League, mettendo in chiaro alcune cosette.

Prima fra tutte: l'Inter può fare a meno di chiunque, fuorché del suo capitano. Quel mattatore di portieri avversari che si era concesso il lusso di staccare la spina del gol per giusto due gare mandando in tilt la media-gol della sua Inter. Sua con lettera grande, possibilmente in grassetto: mai quanto oggi, il signore in questione ha tutta l'aria di esserne leader assolutamente indiscusso dalle spalle larghe e quadricipiti granitici che fanno trasecolare gli avversari, caricando di salvifica fiducia i compagni. Quattro gol in trentaquattro minuti, una media di una rete ogni otto minuti e mezzo, ma all'ex Racing di minuti per incidere ne sono bastati sette. Quattrocentoventi secondi per incornare la Salernitana e indirizzare una partita che fino a quel momento sembrava rievocare un copione letto di recente e ristampa di qualche vecchio melodramma. Nulla può la flebile reazione dei padroni di casa che trovano persino una rete (nata peraltro da un rarissimo errore della serata di Lautaro) che però il VAR invalida per fuorigioco, undici minuti dopo il 'no' di Irrati al gol di Legowski è doppio vantaggio Inter. Vantaggio che diventa triplice dopo il rigore che freddamente insacca centralmente alle spalle di Ochoa prima di calare il poker dopo quattro minuti dall'ultima esultanza. Un numero peraltro da record: nessuno prima ad ora in Serie A aveva mai messo così tante reti a segno da subentrante. Insomma, sto diez qui tutto può essere fuorché un Toro seduto... quantomeno in panca.

Ma non solo. Perché mentre Lautaro chiudeva il discorso Salernitana, si prendeva carico della sua Inter, saccheggiava l'Arechi di tre sostanziosissimi punti per il rifocillamento pre-Benfica, la prestazione della squadra in generale ha chiarito che non tutti sono effettivamente titolari e che le rotazioni sono importanti ma ancor di più lo è il sistema di lubrificazione degli ingranaggi. E gli ingranaggi della bella e variopinta rosa di Simone Inzaghi necessitano ancora di qualche test probante che ne regoli a perfezione gli incastri, ma l'upgrade di prestanza è bello che evidente anche in quei pezzetti di motore che avevano dato motivo di riflessione nelle puntate precedenti. Esempio più concreto di ogni altro è Asllani, entrato con qualche timore, reminescenza della serataccia di San Sebastian, ma pian piano sempre più sciolto col passare dei minuti al punto che, dopo l'intervento del VAR sulla rete dei granata, sulla quale aveva qualche dose di colpevolezza, ha giocato un ruolo decisamente fluidificante. Approccia bene, gioca con semplicità e strappa qualche applauso dei suoi e di sicuro una sufficienza piena. Un'iniezione di fiducia che per quanto sottolinei il lavoro di sgrezzamento ancora in fase di sviluppo rende all'ex Empoli stima da parte di sé stesso e degli altri. 

Se prima di poter concludere in definitiva che la macchina Inter sia pronta alla grande gara resta ancora qualche ingranaggio da oleare, un'altra e fondamentale verità messa per iscritto oggi dalla squadra milanese è stata la fine, quantomeno per cinque giorni, poi chissà, della crisi Inter, sbandierata qui e lì per i vari media all'indomani dell'infausto affondo sotto i colpi del Sassuolo di Dionisi. Una sorta di immersione nel sapone prima della scivolata verso i portoghesi contro i quali i nerazzurri dovranno non solo confermarsi dopo il successo della scorsa stagione di Champions, ma riprendere il percorso europeo iniziato non esattamente benissimo in quel di San Sebastian. Ma questa è un'altra storia e prima di pensare a recuperare le forze per prepararla, godiamoci il cielo sereno su Milano, schiarito da un Toro che, anche se parte dalla panca, non ne vuol sapere di star seduto.

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