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Acerbi come Ranocchia

di Stefano Bertocchi

Un anno fa ci pensò Andrea Ranocchia, questa volta è toccato a Francesco Acerbi. Il mestiere calcistico è lo stesso, la parte da recitare nel solito copione della mai banale Coppa Italia dell’Inter idem. Nei supplementari contro l’Empoli degli scorsi ottavi ci fu bisogno del colpo di scena, tradotto nella rovesciata da Figurine Panini del centrale umbro. Nell’ultima notte di San Siro contro il Parma l'attore protagonista è invece il bistrattato ex Lazio, capace di inventare il pallonetto di testa che cancella, almeno all’apparenza, un’innegabile senso di vergogna.

Perché il primo tempo dell’Inter è facilmente sintetizzabile con una parola: ‘ridicolo’. La sfortunata carambola last minute dell’U-Power Stadium di Monza sembra incidere sulla testa ed appesantire le gambe della squadra di Inzaghi, che per tutti i 45’ appare molle, svogliata, senza rabbia e tatticamente disordinata. Un mix letale che non fa altro che aumentare la fiducia di un Parma che, invece, non ha nulla da perdere e al primo vero guizzo colpisce con il gol della vita di Juric, capace di inventarsi una sassata ‘alla Stankovic’ (trasformando in oro una geniale sponda di tacco) su cui Onana non può nulla. San Siro inizia a rumoreggiare, la squadra si fa prendere dalla fretta e inciampa nelle imprecisioni di D’Ambrosio, nell’inadeguatezza di Gagliardini, nella mancata garra di quell’argentino atipico di nome Correa e nell’assenza di personalità di Dumfries, che (forse con la testa proiettata al mercato, e in questo caso le valigie sono pronte) si rifiuta ciclicamente di puntare l’uomo. E non si sa per quale motivo. L’Inter tiene palla a lungo ma il possesso è sterile, la manovra lenta e perlopiù orizzontale. Più concreti i ducali, che oltre al golazo dell’1-0 riescono a sporcare due volte i guantoni di Onana con Vazquez prima e con il mancino volante di Benedyczak poi.

Prima del fischio d’inizio Beppe Marotta aveva indicato la via (“Questa sera non bisogna assolutamente sottovalutare l’avversario e cercare assolutamente di passare il turno”), poi la Curva Nord lanciava l’ennesimo invito a Milan Skriniar sulla questione rinnovo (“Skriniar resta a Milano, sei il nostro capitano”) e provava a spronare la squadra nella pazza rincorsa scudetto (“-10 e un girone da giocare. Crediamoci insieme, si può fare”). Risposte dell’Inter in campo? Neanche per scherzo.

Nella ripresa Inzaghi prova a cambiare la storia della partita con qualche sostituzione e un cambio di modulo (più offensivo) che permette di intravvedere i primi cenni di risveglio, simbolicamente rappresentati dalla fascia stretta al braccio di Lautaro Martinez: è il Toro ad essere decisivo con il destro sporco (vincente) e cattivo che permette all’Inter di respirare e di restare in partita. I nerazzurri sfiorano anche il colpo del ko last minute con la zampata di Dzeko, chiamato però a fare i conti con i riflessi di un fischiatissimo Buffon e con i tempi supplementari.

Dopo i primi 15’ di extra time fatti più di preoccupazioni che di altro - Parma pericoloso con Camara, Mihaila e soprattutto Hainaut (vedere per credere la giocata no sense di Gagliardini che lo manda in porta) -, al giro di boa serve la dolce parabola disegnata dalla testa di Acerbi per permettere all’Inter di strappare a fatica il pass per i quarti di finale. Proprio come un anno fa contro l’Empoli, quando toccò a Ranocchia inventarsi quella giocata che non nessuno si aspetta ma che vale una pesante qualificazione. Sofferenze, supplementari, ‘magia’ di un difensore e quarti di finale. La storia si ripete, sperando che il finale (e, magari, la finale...) possa essere identico anche nel mese di maggio, nella cornice dell’Olimpico di Roma.


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