.

Alla fine quell'altro esce di scena. E il campo gli ha dato ragione

di Fabio Costantino

Alzi la mano chi non pensava che presto o tardi sarebbe accaduto. Poche ore fa, come un fulmine nel cielo sereno di una Milano ai primi assaggi di inverno, Massimo Moratti ha rassegnato le proprie dimissioni dalla carica di presidente onorario dell’Inter. Niente a che vedere con il passaggio epocale della proprietà del club di undici mesi fa, ma una notizia del genere non può che sorprendere e, soprattutto, far riflettere. Soprattutto per le tempistiche. Sia chiaro, un uomo innamorato della sua squadra che per anni ha speso più di quanto potesse (e il bilancio non mente), che si è esposto a lungo personalmente e che solo di fronte all’evidenza ha ceduto la mano ad altri, non poteva bivaccare a lungo senza alcun potere decisionale, rimanendo ai margini e permettendo a chi ne ha preso il posto di sottolineare i limiti della sua gestione, pur velatamente ma in modo assolutamente chiaro.

Un leader come lui, che per anni si è cibato di allenatori, sostituendoli anche con tempistiche opinabili, non si sarebbe mai aspettato l’uscita di Mazzarri il giorno prima, che ne aveva snobbato il punto di vista in maniera quasi strafottente. Un’onta per MM, impossibile da digerire senza replicare. E la risposta è arrivata il giorno dopo: dimissioni sue, di Angelomario, di Ghelfi e di Manzonetto. Tutto il suo ‘partito’ in seno al CdA. In attesa di capire cosa farà l'ultimo dei suoi 'uomini', Zanetti. In altre parole, oggi Moratti non è che un azionista di minoranza, con un 30% che però continua a pesare. Ma siamo al mero dato numerico. Oggi Massimo Moratti può a ragione definirsi un tifoso dell’Inter, il primo, come spesso si è definito dopo la rinuncia alla proprietà del club. Andrà allo stadio libero da ogni paletto istituzionale, da ‘mero’ appassionato con un significativo interesse economico nella società, al punto da sperare che il piano quinquennale di Thohir possa portare benefici anche a lui, non solo alle casse societarie e alla squadra.

La fine di un’epoca, certificata nel novembre scorso, ora viene definitivamente sancita dal secondo passo indietro di Massimo Moratti, il più doloroso, perché ‘figlio’ di due spintoni sottili ma per le sue spalle sin troppo energici, provenienti dagli attuali esponenti principali del club: presidente-proprietario e allenatore. Già in passato con Thohir, in materia finanziaria, c’era stato qualche screzio sul significato di ‘azienda da risanare’. Per non parlare dell’allontanamento di tutti gli uomini di fiducia dell’ex patron, sia dalla rosa sia dalla dirigenza (mi chiedo ora che ne sarà di Zanetti). Infine, il confronto a distanza con Mazzarri: alla stoccatina a lui abituale nei confronti di un tecnico che non lo convince, si è sentito replicare con un “non ho tempo di rispondere a quello o quell’altro”, smussato con troppo ritardo da chi l'ha proferito. Mai come nelle ultime ore, ‘quello o quell’altro’ è stato lontano dall’Inter. Non gli restava che un’ultima decisione, in attesa di capire che fine farà la quota che porta ancora il suo nome.

Personalmente resterò sempre un appassionato di Moratti, a prescindere dai conti economici. Certe emozioni non verranno mai sporcate dai bilanci in rosso, rimarranno sempre nei miei ricordi. E se oggi la ruota non gira come dovrebbe, me ne faccio una ragione. Io e tanti altri tifosi come me abbiamo sofferto anche prima di vincere tutto, oggi mi sento pronto ad accettare una nuova sfida, complicata, pluriennale ma stimolante, accompagnato da ricordi meravigliosi. Chi tocca il fondo non può che risalire, anche se servirà del tempo, anche se la nuova gestione è interista solo per acquisizione, è più pragmatica che romantica. L'importante è che, anche senza un perno come MM, il tifoso non perda mai di vista la propria passione per questi colori: è lui che deve spingerli in alto, deve sostenerli anche nei momenti bui (come questo), è lui che deve mettere da parte l'appartenenza al filone morattiano o thohiriano e remare verso un'unica direzione. Non è filosofia spiccia, è l'unico modo per uscire da una delle fasi storiche più complesse dell'Inter, con risultati che scarseggiano, ribaltoni societari che pongono interrogativi e una guida tecnica che ha creato molti dissensi.

Il presidentissimo, colui che ha vinto tutto, si tira fuori a poche ore da una partita importante proprio per l’allenatore nerazzurro, del quale tanti tifosi auspicherebbero un simile passo indietro. Moratti ha detto di vederlo nei guai in mancanza di risultati, sconfessando pubblicamente le parole di fiducia di Thohir e dirigenza. Contro il Saint-Etienne, i guai non sono stati archiviati, anzi. Sono sempre lì, sotto gli occhi di tutti e la partita di coppa lo ha confermato. La rabbia agonistica sfoderata nel finale di Inter-Napoli è rimasta negli spogliatoi, il livello è tornato basso come in precedenza e i fischi del pubblico al termine di uno scialbo 0-0 sono il miglior commento che ci si possa aspettare. Male, molto, al punto che definirlo un passo indietro non sembra neanche così realistico, visto che passi avanti reali non ne sono stati compiuti. E la gente comincia a stancarsi. A tirarsi fuori ieri è stato Moratti, ma nel confronto con Mazzarri è l'ex presidente a uscire vincitore. Anche perché sul campo la risposta del tecnico, necessaria, non è arrivata. E la stoccata di MM riecheggia più forte che mai.


Altre notizie
Domenica 15 dicembre