Analisi a bocce ferme: tre reparti, tre difetti da correggere. Con una certezza
A bocce ferme: dopo due giorni la sconfitta con la Roma ancora non va giù, ma si può analizzare con più tranquillità e meno eccessi.
L'Inter di Mazzarri arriva alla seconda sosta delle nazionali con meno certezze di prima, ma la consapevolezza che si deve ancora lavorare su qualche punto per poter limare quello che distacca i nerazzurri dalle big in corsa per i posti che contano. I test difficili servono a questo: capire il proprio livello in relazione ai migliori, e la Roma lo è in questo momento (arrivava da sei vittorie e tantissimo entusiasmo).
La partita in sè è stata giocata alla pari nel primo tempo, con episodi ed "orrori" individuali che hanno portato al passivo di tre reti, ma è il secondo tempo a spaventare maggiormente. Quarantacinque minuti di possesso palla, cambi offensivi, azioni e praticamente zero pericoli creati. Al contrario un paio di occasioni ghiotte per i giallorossi (Handa super su Florenzi e Gervinho in contropiede).
Mazzarri ora dovrà lavorare su quelli che rimarranno ad Appiano per limare i difetti, almeno uno per reparto, nella speranza di recuperare gli acciaccati per Torino e sfruttare un calendario amico per rilanciarsi.
La difesa è stato il reparto a cui il tecnico ha concesso le maggiori attenzioni e che si è rivelato più migliorato nell'avvio di stagione. La sola mancanza di Campagnaro però non può e non deve, come ha fatto, mettere in difficoltà l'intera compagnia dei tre dietro. Nelle due gare senza il Toro di Moron, Ranocchia è tornato titubante come lo ricordavamo l'anno scorso. Juan va ancora fatto crescere a livello di testa (perdere palla e mandare in contropiede gli avversari nel tentativo di un coast to coast non è accettabile in Serie A). Rolando, pur salvandosi nelle due gare disputate, non dà le certezze che garantisce Hugo, capace di arginare lacune in fase di possesso e non (utile ricordare sempre quanto aiuti l'esterno di destra in fase di impostazione e offensiva). Una grande squadra non può dipendere, in un reparto fondamentale come quelo arretrato, da un solo giocatore. Per il Torino si spera di recuperarlo, perché Campagnaro in campo è evidentemente una certezza ed necessario anche per la fiducia che infonde a tutto il reparto. Nel tempo gli altri però dovranno inizare a camminare con le proprie gambe.
A centrocampo il grande dubbio riguarda la posizione/impiego di Mateo Kovacic. La mezzala che piace a Mazzari non risponde alle caratteristiche del croato, è chiaro. A Mateo piace accentrarsi, portare il pallone e smistarlo, non per forza andare senza palla, puntare il fondo o la porta. Il tecnico di San Vincenzo poi chiede un'aggressività senza palla che non si addice all'ex Dinamo Zagabria. Due settimane per riflettere anche su una collocazione ideale per quello che è, a mio parere, il giocatore più talentuoso in rosa e su cui è stato fatto un investimento importante, già legittimato, ma che andrebbe coltivato ulteriormente. Kovacic ha dimostrato a Trieste di sapersi prendere la squadra sulle spalle e, in fase offensiva, di essere imprescindibile con la sua cretività (spesso le azioni dell'Inter risultano prevedibili o sterili contro le difese più chiuse ed esperte). Non è il "nuovo Hamsik", come molti si attendevano, ma serve credere in Kovacic e sfruttare al meglio le enormi qualità che possiede (il lavoro di trasformazione tattica è valido, ma serve tempo perché faccia suoi i nuovi movimenti).
In attacco è evidente che Mazzarri stia aspettando il momento giusto per lanciare Palacio alle spalle di una prima punta vera. Alvarez è stato protagonista di un inizio di stagione immenso alle sue spalle, da trequartista (a dirla tutta ha convinto egualmente da mezz'ala) e proprio la sua attitudine a scalare a centrocampo non ecluderebbe necessariamente Ricky Maravilla dall'undici titolare. Sta di fatto che il Trenza da solo davanti si dà un gran da fare, ma non è l'ideale per sfruttare la mole di lavoro e cross provenienti dagli esterni. Jonathan e Nagatomo hanno messo in mezzo valanghe di palloni fruibili per un centravanti d'area (Icardi negli spezzoni di partita è stato sempre pericoloso di testa). Non è sempre detto che a fine primo tempo si pareggi e che nella ripresa, inserendo una prima punta, si vinca la gara. Mazzarri è partito dalla difesa, ma l'attacco necessita dell'inserimento dall'inizio di uno tra Milito e Icardi. A tardare questo processo è soprattutto il rientro dall'infortunio del Principe, già miracoloso per tempi e modi, e la condizione fisica non ancora perfetta di Maurito, che ha dimostrato di avere il killer instinct del grande centravanti. Una volta pronti, uno dei due andrà a dare maggiore peso al reparto, è solo questione di tempo.
Insomma, chi pensava che l'Inter fosse già pronta per il grande salto, può comodamente fare un passo indietro. C'è ancora tanto lavoro da fare ma il lato positivo è che quest'anno la società si è affidata a un allenatore che più sta sul campo a insegnare il proprio credo calcistico più va a casa la sera contento. E se c'è ancora una immutata fiducia dopo uno 0-3 casalingo, è anche per questo motivo.