Asini, campioni, talpe. E un derby da vincere
Uno dei pericoli maggiori di quando si gioca a calcio, a ogni livello, dalla terza categoria alla Champions League, è quello non interpretare bene le partite. Addirittura un mio vecchio allenatore sosteneva che se imposti mentalmente alla perfezione la gara che dovrai disputare, e sei realmente più forte del tuo avversario, al 90% hai già vinto il match che ti aspetta. Ovviamente sono fondamentali anche le condizioni fisiche e lo stato di forma delle due contendenti. Ma la testa è tutto. Sul verde e nella vita. Riducendo all’osso il discorso, e banalizzandolo anche di molto, emerge una sorta di un’equazione tanta semplicistica quanto reale: se tutte le condizioni sono più o meno paritarie, alla fine trionfa il migliore.
Spieghiamoci meglio. Se l’Inter affronta una squadra di Lega Pro con i titolari e chi scende in campo per i nerazzurri lo fa come se fosse la partita della vita, senza sottovalutare l’avversario né con la supponenza di essere di due categorie superiori, non ci sono problemi fisici o paure esterne, un arbitro clamorosamente di parte o Superman travestito da portiere avversario, alla fine avrà la meglio la Beneamata.
Certo, la storia del pallone insegna che di sorprese, anche clamorose, ce ne sono state a centinaia, forse a migliaia. Ma alla base di questi risultati sicuramente ci sarà stata qualche mancanza dalla parte del team migliore. Anche perché nel professionismo ci sono pure i media, insieme ai tifosi, che mettono e tolgono, volutamente o meno, pressione ai vari competitors. Forse è anche per questo che i Derby, a tutte le latitudini e longitudini, sono sempre match col punto di domanda, nei quali gli sfavoriti spesso e volentieri compiono l’impresa di battere i più quotati rivali cittadini. Immagino che possa perciò capitare che nei calciatori si instauri, anche a livello inconscio, una sorta di arroganza non voluta che ti fa sbagliare totalmente l’approccio a questa o quella partita, e se dall’altra parte invece si sono preparati bene, magari pure spronati maggiormente dall’essere tacciati di inferiorità prima dei fatidici 90 minuti, ecco che la situazione si ribalta completamente.
In pochi lo sanno. Ma sapete cosa disse Mourinho ai suoi giocatori nell’intervallo del Derby vinto 4-0 contro il Milan quando il risultato era di 3-0 per i nerazzurri e i primi 45 minuti si sarebbero potuti chiudere con la Beneamata in vantaggio di 6/7 reti? Dei complimenti ai suoi? Qualche bravo con risata rilassata di chi non vede l’ora di festeggiare con i suoi? Assolutamente no. Mou urlava come un pazzo. Sembrava essere furibondo. Pareva lui in svantaggio di tre reti. Un comportamento che ha mantenuto altissima la concentrazione di Maicon (è stato il brasiliano a raccontare questo aneddoto) e dei suoi compagni. Risultato: secondo tempo in carrozza e saluti a tutti.
Oggi in panchina non c’è il vate di Setubal, ma un altro manager top. Certo l’Inter del Triplete è entrata nella storia del calcio e quella attuale non è ovviamente comparabile con quella compagine, però mi sembra che la carriera di Antonio Conte dica che difficilmente i suoi giocatori sbaglino due partite di seguito. Figuriamoci se poi sono match particolarmente importanti. Ecco perché nel Derby mi aspetto un’Inter pronta a sbranare calcisticamente gli avversari. Con la garra e soprattutto la voglia di dimostrare con i fatti, e non solo a parole, di essere più forte del Milan. Siamo sinceri: tutti (o quasi) lo pensano. Ma tali considerazioni valgono zero se non comprovate dai risultati. E quindi da una vittoria in casa del Diavolo.
Il punto principale di tutta la questione è proprio questo. Nelle scorse annate, pur non avendo vinto assolutamente nulla, c’era la sensazione che alcuni tesserati della Beneamata fossero pronti a giocare alla morte solo a certe condizioni, e solo se c’era la reale possibilità di approdo in Champions League. Altrimenti remi in barca e chissenefrega di una competizione secondaria come l’Europa League. Ecco, tale atteggiamento non deve esistere. Non solo nel Derby, dove le motivazioni arrivano da sole. Ma in ogni singolo step da affrontare. Ha ragione Conte nel sostenere che dopo la prestazione contro lo Slavia Praga tutti i calciatori erano da mandare dietro la lavagna. Lui stesso sì è dato dell’asino. Ma quale occasione migliore di un Derby per tornare subito sulla retta via dopo il mezzo passo svarione contro i cechi? Un ulteriore passo positivo in campionato (perché qui sembra esserselo dimenticati, ma l’Inter è in solitaria prima in classifica) con lo scopo di centrare una stagione da protagonisti. Un Derby da vincere insomma.
Chiusura dedicata alla talpa. Se fosse vero quanto svelato dalla Gazzetta dello Sport, ossia di un diverbio tra Brozovic e Lukuku, e se, ripeto SE, il colpevole nolente o volente fosse un tesserato di casa Inter, i provvedimenti dovrebbero essere immediati e decisi. Chiunque egli sia.
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