Autostrada per il purgatorio
Siamo sicuri che alla fine la vigilia di questo match cruciale sia stata affrontata nella maniera giusta? Siamo sicuri che sia stato giusto pensare quasi esclusivamente a quello che sarebbe accaduto dall’altra parte del Mediterraneo, preoccuparsi a tal punto di come avrebbe approcciato il Barcellona già qualificato questo ultimo match del girone di Champions League, preoccupazioni tali anche da causare un malcelato fastidio al tecnico blaugrana Ernesto Valverde alla vigilia dell’incontro, senza pensare che tutto questo alla fine si sarebbe rivelato un boomerang? Alla fine della fiera, quello che è successo nella nefasta serata di ieri è questo: l’Inter si incarta su se stessa, riesce a subire un gol incredibile che carica ulteriormente di pressione tutto il gruppo nerazzurro, trova il pareggio con il solito Mauro Icardi dopo un assalto comunque dettato più dall’istinto e dalla foga che da altro ma viene gelata dalla notizia del pareggio di Lucas Moura che regala al Tottenham una qualificazione agli ottavi che sembrava impossibile fino a due minuti dalla fine del quarto turno.
Ma siamo sicuri che l’obiettivo degli ottavi di finale sia sfumato proprio in quel preciso istante? Perché d’accordo, l’Inter paga lo scotto di una regola vetusta che la stronca dai giochi sostanzialmente per quel primo gol subito in questa manifestazione, quel tiro di Christian Eriksen non valutato bene da Samir Handanovic e infiliatosi beffardo in rete. Il gol in trasferta, questo maledetto gol in trasferta che continua ad avere un peso che i tempi che corrono rendono ormai eccessivo, che come in un vortice maligno inghiotte tutte le emozioni positive dei primi tempi, la rimonta della prima partita, il ‘la prende Vecino’, la vittoria ad Eindhoven e il pari strappato con le unghie e con i denti contro il Barcellona a San Siro. Emozioni che rimarranno, purtroppo, fini a se stesse.
Ma a dire che l’Inter alla fine il destino ha deciso di complicarselo da solo, come ormai è tradizione di questa squadra, non è probabilmente un’eresia. Anzi, mai come questa volta c’è poco da maledire la sfortuna, le parate di un Jerome Zoet che si ricordava impresentabile all’andata, la rosa ridotta e quant’altro. L’Inter questa volta non ha potuto scrivere una nuova pagina epica della propria storia. E lo deve maggiormente ad un’assenza di maturità e capacità di controllare le avversità: presa più del dovuto dal pensiero della sfida del Camp Nou, l’Inter non ha considerato un altro fattore, ossia il fatto che il Psv Eindhoven tutto voleva fare tranne che srotolare tappeti rossi di sorta agli avversari. Conscio di non aver nulla da perdere e rinvigorito dal gol giunto con un errore inaspettato di Kwadwo Asamoah e capitalizzato a dovere dal Chucky Lozano, il gruppo di Mark van Bommel alla fine fa il suo: trova un Trent Sainsbury che fino al gol di Icardi è stato invalicabile di testa, se ha qualche spazio prova a ripartire, anche una volta subita la rete non tira i remi in barca e non regala nulla. Insomma, il punto se lo suda, e alla fine lo guadagna. (Anche se ormai recriminare ancora per la mancata espulsione di Samir Handanovic nel match di andata lascia il tempo che trova...).
Come si diceva prima, l’Inter ha palesato ancora una mancanza di maturità: l’inizio con due vittorie in due partite è stato tanto folgorante quanto, nei fatti, illusorio, e al di là del dispiacere per un’occasione importante gettata via rimane la sensazione di una squadra che alla fine si è ritrovata ad affrontare un cammino forse ancora troppo improbo per un gruppo dalle fondamenta ancora tutte da costruire. Il gruppo ci ha provato finché ha potuto, questo è innegabile, ma alla lunga sono venute fuori tutte le difficoltà oggettive del confronto con realtà che si anela ad avvicinare in breve tempo ma che per il momento appaiono ancora molto distanti. E il fatto di essere arrivati all’ultima giornata, nella gara dentro o fuori, contro quello che sembrava sulla carta l’avversario più abbordabile e probabilmente lo era, e non riuscire ad ottenere il risultato pieno permettendo agli olandesi di uscire con il pieno onore delle armi, risuona come una chiara lezione: prima ancora di affidarsi alla grazia degli altri, è bene cercare di essere in primo luogo artefici del proprio destino.
Non è forse ancora tempo per l’Inter in quest’Europa dei grandi: arrivata nella principale manifestazione continentale con un guizzo negli ultimi minuti dell’ultima partita di campionato, partita dalla quarta fascia e inserita in un girone dipinto da subito come estremamente complicato, dopo lo slancio iniziale ha pagato tanti, troppi fattori, endogeni prima ancora che esogeni, e alla fine deve accontentarsi di proseguire il proprio cammino europeo nel livello inferiore: forse l’esito più pronosticato alla vigilia, di certo quello che lascia più l’amaro in bocca per come è maturato alla fine. E che lascia tante incognite per l’immediato: adesso cosa farà l’Inter? Onorerà davvero l’impegno oppure lo tratterà come un fastidio? L’ultima esperienza targata 2016-2017, cosparsa di prestazioni da censura, è ancora lì con le sue cicatrici che bruciano. Senza contare che la prima partita del nuovo impegno sarà subito in salita a prescindere dall’avversario, viste le assenze per squalifica di due tasselli fondamentali, specie con la rosa ridotta all’osso, come Milan Skriniar e Marcelo Brozovic.
Dilemmi che verranno risolti a tempo debito, adesso l’Inter dovrà in primo luogo cercare di rituffarsi con la mente e col corpo in un campionato che l’ha vista negli ultimi tempi arrancare sul piano dei risultati, più che nel gioco. L’Udinese, in tal senso, sarà un esame fondamentale per capire se e come l’Inter riuscirà da rialzarsi da quella che, oggettivamente, è stata una botta bruttissima. Che arriva al culmine di una giornata europea da dimenticare, vista anche l’eliminazione scottante, specie per le tempistiche, dell’Under 19 di Armando Madonna dalla Youth League. E che macchia anche un po’ i festeggiamenti per il decimo compleanno di FcInterNews.it che cade oggi: certo, un ottavo di finale di Champions, magari senza la proverbiale sofferenza, sarebbe stato un bel regalo, ma tant’è…
Il ritorno in Champions è stato dipinto come un ritorno ‘a riveder le stelle’ dopo tanti anni negli inferi; per come è maturata l’eliminazione, viste anche le aspettative dettate dal poter ricalcare i massimi palcoscenici europei, potrebbe essere anche ridipinta come un ritorno nelle viscere della terra; più semplicemente, però, l’Inter si accomoda adesso in purgatorio, inteso nell’accezione teologica del termine, essendo la condizione di chi ancora deve compiere un percorso di 'purificazione' prima di poter aspirare a rimanere in paradiso. È ora il momento di capire in che modo mettere mano alla rosa e consentirle di effettuare il giusto cammino, partendo soprattutto da un assunto: cercare di capire come evitare di ricacciarsi da soli, in purgatorio.
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