C'è chi (non) dice no
‘C’è chi dice no’, cantava Vasco Rossi. Vero, ma non tutti dicono no. Adesso che la panchina dell’Inter ha finalmente un suo rappresentante in Gian Piero Gasperini, personaggio che ammiro sia dal punto di vista professionale (è uno che insegna calcio e ha fatto la dovuta gavetta, si merita questa opportunità) sia da quello umano (mai sopra le righe, un gran lavoratore), mi piacerebbe tentare di sfatare quella che nelle ultime settimane è diventata una sorta di leggenda metropolitana, esattamente da quando è emersa la possibilità dell’addio di Leonardo.
Ovviamente gran parte dei media, appurato che l’Inter era alla ricerca di un nuovo allenatore, ha estratto dal cilindro una serie di nomi, chi più chi meno, papabili per l’incarico, ma ciò che mi ha lasciato perplesso è la costante sottolineatura del fatto che Moratti, da Bielsa fino all’annuncio di Gasperini, abbia raccolto solo dei rifiuti. Nulla di più falso, lo stesso presidente tempo fa aveva ammesso, forse provocatoriamente, di aver ottenuto una marea di sì. Provo dunque a risolvere il mistero. L’inizio è stato poco positivo, con Marcelo Bielsa che, pur entusiasta dell’ipotesi di guidare l’Inter, ha dovuto rinunciare a causa di problemi familiari (la moglie non sta bene), costringendo i nerazzurri a cercare alternative altrove. Se proprio volessimo vestire i panni della pignoleria, questo sarebbe un no, ma per cause di forza maggiore.
Ecco, la forza maggiore è il contenuto più importante di questa vicenda. La si può tradurre, Loco a parte, nella necessità di dover rispettare i contratti. È andata così per Fabio Capello e Guus Hiddink, entrambi blindati dalle proprie federazioni (rispettivamente inglese e turca) e, pertanto, difficili da liberare. Ma allo stesso tempo i due Ct avevano dato la loro disponibilità a sedere su una panchina blasonata come quella dei campioni del mondo. Definirli rifiuti, da parte loro, è dunque inesatto. Anche Villas Boas avrebbe detto sì volentieri, ma in altre circostanze.
Troppi gli ostacoli sulla strada verso lo Special Two: innanzitutto, la ferrea volontà del Porto di trattenerlo; in secondo luogo, una clausola rescissoria che non sta né in cielo né in terra e che solo un magnate sopra le righe come Abramovich ha voluto pagare; in terzo luogo, l’ingaggio di AVB: troppo alto per un tecnico giovane che ancora pecca di esperienza per essere equiparato al maestro Mourinho; infine, ed è il motivo principale del fallito assalto portoghese di Branca e Ausilio, la ‘promessa’ di Villas Boas di sedersi sulla panchina del Chelsea in caso di addio ai Dragoes. La colpa dell’Inter è, in questo caso, essersi mossa troppo tardi, per ovvi motivi…
Altro caso da studiare è quello di Sinisa Mihajlovic. Avete notato che a Firenze si è dovuti arrivare a ben due comunicati stampa e una conferenza per negare questa ipotesi di trasferimento? Era davvero necessario se la notizia della partenza del serbo verso Milano non aveva credito? Non penso. Ipotizzo anzi che qualcosa ci sia stato realmente, l’allenatore è stato contattato chiedendone la disponibilità ad allenare l’Inter (con consenso da parte sua), ma la totale assenza di una richiesta ufficiale da Corso Vittorio Emanuele ha ‘costretto’ i viola, per una questione di immagine, a esporsi più di una volta. Rimanere in attesa e senza batter ciglio che un club più blasonato ti ‘freghi’ l’allenatore non è il massimo della vita. Ho constatato, tra l’altro, la scarsa convinzione di Mihajlovic in occasione della conferenza stampa, nel sostenere di voler continuare a dirigere la Fiorentina sul campo. Sembrava uno di quei soldati americani in mano agli estremisti islamici, a cui viene imposto di esaltare il governo locale a discapito del proprio. Non certo il top della spontaneità, insomma. Chi conosce Sinisa sa infatti che una chiamata dall’Inter sarebbe la massima aspirazione, lui stesso, che solitamente è privo di peli sulla lingua, lo ha ammesso più volte candidamente.
Chi resta nella lista dei papabili? Beh, l’Inter non si è mossa nei confronti di altri allenatori, ma pur senza chiederlo ha ricevuto, pubblicamente, altri sì (da Zenga e Delio Rossi), fino a quello, entusiasta, di Gasperson, il vincitore di una lotteria a cui in tanti si sono iscritti. Occhio dunque a sostenere che la panchina nerazzurra non abbia più appeal. Se Moratti vi ci ha fatto sedere un ex idolo milanista come Leonardo, qualcosa vorrà pur significare.