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Che dio (o chi per lui) salvi il Mondiale di calcio

di Alessandro Cavasinni

Che dio (o chi per lui) salvi il Mondiale di calcio. Un mese frenetico, eccitante, sorprendente, elettrizzante. Di calcio reale, con poco spazio per le chiacchiere e molto per il campo. Giocatori e tattiche al di sopra di tutto il resto, come non accade quasi mai durante la stagione regolare. E quando finisce ci sentiamo tutti un po' più vecchi. E tanto malinconici.

Il Mondiale è pallone vero. Un estremo mix di diversità e uguaglianze. Una potenza enorme che esplode nella bellezza di uno stadio di calcio. I vari stili di gioco – nonostante la globalizzazione tattica – tornano a essere ben visibili, così come le diverse filosofie del tifo e le più svariate forme di assistere a un partita. È una bellezza unica, che ci restituisce la vera essenza di questo magnifico sport. E va salvaguardata a ogni costo.

Dentro a un campionato del mondo c'è tutto. Un Mondiale è composto da tante piccole storie, da tanti protagonisti, che tutti insieme vanno a formare un mosaico spettacolare. Enorme. Solo in un Mondiale possiamo ritrovarci a tifare Corea del Sud, Australia o Iran. Ci sono favole incredibili, storie nascoste: impossibile non rimanerne affascinati se davvero si ama questo sport. È un sentimento potentissimo.

E ci sono le sorprese. Quante sorprese. Nulla è scontato, tutto può accadere. Quello di Russia è stato il Mondiale di Courtois, Hazard, Golovin, Mbappé, Griezmann, Modric, Coutinho e Kane. In parte lo è stato di Cavani, Akinfeev e Cristiano Ronaldo. Di certo non lo è stato di Messi, Neymar, Salah, Iniesta, Eriksen, Milinkovic-Savic, Kroos, Lewandowski e James Rodriguez. È stato il Mondiale delle storie bellissime dell'Iran che ha messo paura a Spagna e Portogallo e del Panama alla sua prima storica partecipazione. Ma ci si ricorderà anche del Giappone eliminato dai belgi dopo una grande partita, del Senegal estromesso per i punti fairplay, della Svezia ammazza-grandi e della Corea del Sud boia dei tedeschi.

Tornando al nerazzurro, è stato il Mondiale di Ivan Perisic e di Marcelo Brozovic. Due elementi forse non troppo compresi dal pubblico italiano e invece rivelatisi di livello assoluto in Russia. Perisic decisivo con gol mai banali e il solito enorme sacrificio; Brozovic illuminante da regista, costringendo Dalic a spostare da quella mattonella un certo Modric.

La loro presenza in finale e il gol di Ivan non fanno altro che confermare una lunga tradizione interista nella massima competizione del football. Una conferma di come l'Inter sia davvero internazionale. E sarà per questo che, pur senza la presenza dell'Italia, ai tifosi nerazzurri questo Mondiale è piaciuto lo stesso.

L'FC Internazionale da sempre fa dell'integrazione dei calciatori (e quindi dei popoli) un proprio vanto. E, in un momento storico come quello attuale, è un dettaglio per nulla scontato. Soprattutto nel nostro malandato Paese. Anche per questo auguriamoci che dio (o chi per lui) salvi il Mondiale di calcio.

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