Come si esce da una black-list?
In tempi di pausa per le Nazionali gli argomenti da affrontare sull'Inter spuntano come funghi dopo una giornata autunnale di pioggia. Inutile girarci intorno, tra il mercato sempre in modalità on e gli sviluppi del progetto San Siro, il piatto forte è l'ormai prossimo insediamento di Giuseppe Marotta nel ruolo di amministratore delegato del club, al fianco di Alessandro Antonello che manterrà un'operatività a lui più consona, quella finanziaria. Una svolta societaria che sta facendo molto discutere, sia all'esterno sia all'interno della sfera nerazzurra.
Partendo dal presupposto che nonostante la smentita nel giorno della sua nomina a presidente, Steven Zhang ha chiarito che volontà della proprietà è circondarsi dei migliori professionisti dentro e fuori dal campo ed è da questo assioma che bisogna (ri)partire, è inevitabile che la provenienza del manager varesino stia influenzando, e non poco, l'opinione pubblica di fede interista. Ma non è solo questo dettaglio che stuzzica il pensiero della tifoseria: tutto si può dire fuorché Marotta si sia esposto in modo politically correct nel mentre difendeva la causa bianconera e alcune sue uscite lo hanno inevitabilmente iscritto alla black-list degli interisti. Senza entrare nel dettaglio, basta andare a cercare su Google per capire il riferimento. In particolare per il suo legame quasi empatico con la Juventus e tutto ciò che l'ha riguardata per 7 anni (compreso quanto emerso dal servizio di 'Report'), molti interisti hanno già bocciato l'arrivo di Marotta perché non rispecchierebbe i valori su cui si fonda il club nerazzurro.
D'altro canto, non si può negare che l'ex d.g. bianconero abbia svolto un ottimo lavoro a Torino, e i risultati ahinoi parlano anche per lui. La società è sana, può permettersi grandi investimenti, ha uno stadio di proprietà e da anni è nell'olimpo delle grandi d'Europa, pur non vincendo nulla oltre i confini (meglio così). Sarebbe ipocrita negarlo. La domanda di chi diffida è: siamo certi che la fortuna della Juventus sia stata Marotta e non viceversa? Possibile che il manager abbia goduto dell'indiscutibile potere esercitato in ogni ambiente che conta dalla società bianconera (e che è costantemente oggetto di discussione) per crescere a sua volta e acquisire fama e potere ai vertici del calcio italiano? Domanda lecita, che impone una riflessione: fuori da quell'ambiente sarà sempre lo stesso manager temuto e rispettato, ai limiti dell'intoccabilità? Oppure perderà quell'aura protettiva che gli ha permesso di diventare il Beppe Marotta di oggi? In questo caso, la sua esperienza e le sue qualità potrebbero non essere sufficienti a dare una svolta in casa nerazzurra come Steven Zhang, suo sponsor, auspicherebbe.
Occhio però: per quanto certe gerarchie soprattutto in Italia fatichino a lasciare il passo al nuovo che avanza, la società Inter oggi è solida e potrebbe anche non necessitare di un ulteriore innesto. La perplessità principale è che la sudditanza è un cancro difficile da estirpare anche per chi finora ha lavorato bene e ha costruito una squadra dirigenziale di tutto rispetto. In tal senso, l'arrivo ormai prossimo di Marotta, che ad oggi è il migliore nel suo ruolo e conosce bene le stanze dei bottoni, rappresenterebbe piuttosto un segnale evidente della volontà di Suning di primeggiare su questo fronte prima ancora che sul campo, dove è noto che si rifletta la forza del club. Circondarsi dei migliori, è questo il mantra.
Al di là dei legittimi pre-concetti, una tifoseria oggi divisa ha un solo modo per trovarsi concorde: valutare il lavoro di Marotta, mettendo in stand-by i suoi trascorsi juventini e provando a capire se davvero potrà essere un valore aggiunto. Steven Zhang ne è sicuro e chiunque abbia ancora fiducia in Suning deve accettarne serenamente le decisioni prima di bocciarle. Anche tappandosi il naso nell'attesa. Oggi è impossibile prevedere i frutti di un innesto di tale portata nel quadro dirigenziale, si può solo sperare che possa fare bene come altrove puntando sulle sue qualità e auspicando che lo scudo bianconero non sia stato, per lui, elemento indispensabile e irrinunciabile nel suo percorso di crescita.
Una figura del genere, che possa fare da collante tra squadra e proprietà e si presenti davanti alle telecamere per pretendere rispetto delle stesse, ottenendolo, da tempo manca in casa Inter. E se anche sul mercato facesse valere la sua rete di contatti costruita negli ultimi anni, non potrebbe che essere un vantaggio. Oggi, dunque, al di là degli elementi di contorno, personalmente per Marotta è un sì. Non convintissimo, ma soprattutto sulla fiducia nel professionista e per l'uomo di calcio, finalmente libero da un ambiente che ti impone anche un certo tipo di dichiarazioni e comportamenti per poterne far parte, salvo poi liberarsi di te quando non servi più senza troppi fronzoli. Lo spirito di rivalsa, a volte, è il miglior biglietto da visita.
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