Con Thohir per zittire anche Xavi
"Una squadra come l'Inter può vincere la Champions un anno perché è stata fortunata o perché ha buoni giocatori, ma non sarà una squadra che rimarrà nella storia del calcio". Ricordate queste parole? Ricordate di chi sono? Per chi non ha buona memoria, ecco la risposta: questo era il pensiero di Xavi Hernandez Creus, meglio conosciuto come Xavi. Il centrocampista del Barcellona, non senza vena polemica, rispose così a chi gli chiedeva un commento su quella che all'epoca veniva sottolineata come una grande sconfitta del suo club, ossia la semifinale di Champions League 2009-2010 che faceva ancora discutere a otto mesi di distanza. Dichiarazioni forti del capitano dei blaugrana, evidentemente dettate da una ferita aperta: l'Inter non solo negò al Barça la qualificazione in condizioni impronosticabili dopo il rosso a Thiago Motta nel match di ritorno (60 minuti in 10 uomini al Camp Nou), ma privò lo squadrone di Pep Guardiola di una chance pressoché irripetibile: godere in finale allo stadio Bernabeu degli acerrimi rivali.
Eppure, nonostante l'evidente livore, gli anni a seguire hanno detto che – fermo restando l'impresa di quell'immenso gruppo – qualcosa di vero nelle parole di Xavi c'era. Falso il fatto di non rimanere nella storia del calcio, perché lì ci resti per forza nel momento in cui alzi una Champions affrontando Chelsea, Barcellona e Bayern Monaco (tutte e tre, nel 2009-2010, divennero campioni dei rispettivi campionati) e completando la Tripletta, ma è vero che poi, negli anni a seguire, qualcosa è mancato nella gestione post-sbornia.
Senza tediare con dettagli e lungaggini, basti rammentare la sequenza di errori commessi dalla dirigenza nerazzurra nell'affidamento della panchina dopo l'addio di José Mourinho. Benitez, Leonardo, Gasperini, Ranieri e Stramaccioni: 4 fallimenti e un 'tradimento'. Per motivi diversi, nessuno di loro ha dato continuità al progetto tecnico e qualcuno non ha neppure convinto fin dal principio. Chiamare Benitez dopo Mou fu un errore palese: al di là del fatto di essere nemici giurati, uno come Rafa è ottimo nel momento della ricostruzione (sarebbe stato perfetto quest'anno, ad esempio), meno in quello della gestione. Almeno, non nell'Inter. Leo fece bene, ma i limiti vennero a galla in quella settimana devastante tra Schalke 04 e derby. Sorvolando biecamente su Gasperini, lo stesso Ranieri fece quello che poté in un anno disgraziato e resta il rammarico per aver 'bruciato' in qualche modo il talento di Stramaccioni.
Che si sia sbagliato – e tanto – nella gestione del post-2010, d'altronde, l'ha confermato lo stesso Massimo Moratti in una delle ultime interviste prima della cessione della maggioranza a Erick Thohir. Ecco, Thohir. Idee chiare, pochi fronzoli e tanta passione: questo quanto emerge dai primi giorni di presidenza dell'indonesiano. Un cambiamento radicale, che segue quello avvenuto a livello di squadra, che in pochi anni ha perso quasi tutti gli errori del 2010.
"Il nostro obiettivo non è quello di comprare calciatori ad alto costo, ma di migliorare la stabilità del club a lungo termine. Vogliamo un progetto che duri nel tempo. Voglio proseguire il lavoro fatto da Massimo Moratti, che mi ha impressionato, ma voglio anche migliorare la gestione del club. Io e Moratti abbiamo la stessa visione: l'Inter deve vincere, ma deve essere anche sana finanziariamente. Ci impegneremo a fondo perché ciò succeda". A distanza di tre anni dalle parole di Xavi, ecco che Thohir sembra rispondere al catalano e tracciare un percorso condiviso per puntare a un progetto lungimirante, duraturo e concreto. Non accontentarsi, ma costruire le basi per una solidità piena.
Perché se le gioie dell'Inter in Italia sono durate svariati anni – dalla Tim Cup di Mancini a quella di Leonardo – adesso è in Europa che Thohir vorrebbe imprimere con maggior vigore il marchio nerazzurro. Per raggiungere questi obiettivi, serviranno pazienza, competenza e intelligenza. Senza sciupare nulla. E magari, lo Xavi di turno, non avrà alcun motivo di parlare.