Con un poco di zucchero la pillola no, non va giù
Con un poco di zucchero la pillola va giù. Così cantava Mary Poppins nel 1964, film uscito per la prima volta nelle sale cinematografiche il 27 agosto di quell'anno, esattamente tre mesi dopo che Armando Picchi sollevò al cielo la prima Coppa dei Campioni della storia dell'FC Internazionale Milano. Ma questa è esclusivamente una casualità numerica che poco centra con lo zuccherino somministrato oggi ai milioni di nerazzurri, parecchio amareggiati per l'ennesimo 'boh' nel quale sono stati relegati. Sessione di trasferimenti atipica, strana, perversa e come da copione drogata dallo stupefacente effetto mercato che ha mandato in schizofrenia i sentimenti del tifoso nerazzurro: sballottato dal +100 milioni fruttato dal percorso in Champions al limite dei 30 milioni circa per allestire la squadra, e non senza bruschi saliscendi, il supporter medio dell'Inter vive ad oggi un'incomprensibile situazione di empasse nella quale difficilmente riesce più a riconoscere ciò di cui fidarsi o meno.
Riprendi Lukaku, perdi Lukaku; prendi Scamacca, perdi Scamacca; prendi Samardzic, perdi Samardzic. Il tutto al netto della grande cessione (e plusvalenza) di Onana e dell'addio di uno dei centrocampisti più importanti della rosa di Inzaghi, degli addii dei vari Handanovic, D'Ambrosio, Skriniar, Cordaz, Gagliardini, Bellanova, Dzeko e (quasi) Gosens e della tanto sbandierata garanzia di competitività della rosa che ad oggi viaggia su binari di coscienza paralleli: l'entusiasmo portato dai nuovi acquisti, quasi tutti finalizzati nella prima parte di mercato, che lasciavano peraltro (erroneamente, diremmo col senno del poi) presagire ad una serena e lineare campagna acquisti da un lato; l'inceppamento da Lukaku in poi delle varie trattative in auge ricorrente e sempre più preoccupante dall'altro. Se la pillola più amara da buttare giù è stata ed è quella dell'attaccante, prima con il caso Lukaku poi con quello Scamacca, quest'ultimo culminato proprio la scorsa settimana di questi tempi, pillola non ancora peraltro smaltita, a servire un altro gavettone ghiacciato è questa volta Lazar Samardzic, o chi per lui.
Altre problematiche, altri rallentamenti, altra pista in fase di potenziale raffreddamento, altro rischio, altra possibilità di ennesimo colpo sbandierato e potenzialmente in frantumi. Nella fabula del momento, a giocare il ruolo dell'antagonista è il padre. Nessun tradimento questa volta, nessun ammiccamento 'nascosto' a terzi, nessun club sfascia-famiglie, ma il più antico dei problemi: l'accordo economico. Nuove condizioni economiche dettate dal padre e dal nuovo entourage del giocatore, che da poco avrebbe lasciato Rafaela Pimenta, agente che aveva fin qui trattato con Marotta and co, tentativo immediatamente murato dalla dirigenza che ancora una volta si trova a dover schivare i colpi di un interlocutore da pretese piuttosto rivedibili, quantomeno nella forma, e dall'atteggiamento, alla luce dei fatti, di sicuro non così affidabile. La vera domanda, ad oggi, è: perché? Com'è possibile si verifichino tre clamorosi casi di 'dietrofront' o improvviso spariglio di carte proprio sul più bello, ovvero a firma quasi siglata? Mistero.
Le prese di posizione dei dirigenti nerazzurri, eppure, non sembrano neppure così sbagliate e fuori luogo, anzi... Comprensibili ed encomiabili, se non fosse che i sempre crescenti problemi non sembrano trovare bilanciamento in soluzioni alcune e l'ennesima pillola amara da deglutire non può andare di certo giù così facilmente neppure con tanto di ausilio dello zucchero nell'ingannare le papille gustative. Altrettanto vero è che la zolletta di dolcificante in questione è il gioiellino del Monza Carlos Augusto, brasiliano classe 1999 che andrà a sostituire il partente Robin Gosens, ormai verso l'Union Berlino. Giocatore tecnico, bravo nel palleggio, col fiuto del dribbling, vizietto del tiro in porta e dell'assist che nell'ultima stagione ha preso parte a ben 11 azioni da gol. Un colpo da non sottovalutare e non casuale di certo, ma che oggi non basta ad addolcire una medicina ancora troppo amara, e purtroppo non del tutto efficace.