Concorsi di colpa e nervi scoperti
La storia dell'Inter va difesa e onorata. Lo dice Walter Mazzarri, che dei nerazzurri è stato per anni rivale e a Milano lavora solo da qualche mese. Presa di posizione encomiabile, che i tifosi apprezzeranno a prescindere dal parere sul proprio allenatore. Lo spunto nasce dalle dichiarazioni del giorno prima rilasciate da Gian Piero Gasperini, che i ben informati ricorderanno sulla panchina dell'Inter per qualche partita andata male. L'attuale mister del Genoa, ripercorrendo la sua breve parentesi interista nell'estate 2011, privo della soddisfazione di una vittoria, ha sottolineato che senza l'esplosione di Calciopoli la squadra nerazzurra non avrebbe vinto così tanto dal 2006 per un lustro, salvo rattoppare il buco con complimenti poco sinceri.
Personalmente, la penso come lui. Ma lo dico da un punto di vista differente. Senza che gli altarini venissero a galla, Moratti avrebbe continuato a pensare di partecipare a un torneo onesto e regolare, perpetrando nella serie di stagioni fallimentari che aveva collezionato ahilui e ahinoi negli anni precedenti. Per fortuna, poi, la verità è emersa e per quanto oggi sembra, per certi versi, di essere tornati al passato, l'Inter ha ottenuto quanto avrebbe meritato di incassare prima del 2006. Chi la pensa diversamente, Gasperini compreso, se ne faccia una ragione. E ce ne sono tanti in questo Paese.
Va aggiunto, a onor del vero, che Gasperson parla anche mosso da un atavico risentimento nei confronti di chi l'ha sedotto e abbandonato. Non ha avuto particolare supporto sulla panchina nerazzurra, privandolo di Eto'o e sostituendolo con Forlan Moratti gli ha fatto un brutto scherzo. Ma continuare ad aggrapparsi alla scusa dei metodi di lavoro incompresi è diventato stucchevole. È vero, sapevano persino i sassi che Gasperini pratica senza rischio di alterazione il 3-4-3. All'Inter non aveva i giocatori adatti a causa di una campagna estiva ad minchiam (il capolavoro finale l'arrivo di Zarate last minute). Ma aveva l'opportunità della vita, che ha sprecato fossilizzandosi su scelte troppo personali e cieche di fronte all'evidenza.
Il quasi 56enne di Grugliasco, consapevole della propria chance professionale, avrebbe dovuto adattare le proprie idee ai calciatori a propria disposizione e non viceversa, imprecando poi contro chi aveva puntato su di lui. Zero elasticità mentale e una metodologia mai digerita dallo spogliatoio nerazzurro, non solo dagli argentini come qualche malalingua ha tenuto a sottolineare. Un bravo allenatore è anche colui che adegua le proprie idee ai giocatori che allena. Ha ragione Conte quando usa la metafora del sarto. Lui lo è stato con la Juve e i risultati gli danno ragione. Gasperini non c'è riuscito con l'Inter, e un pareggio e 4 sconfitte lo testimoniano. Resto dell'idea che con i calciatori giusti lui riesca a creare anche bel gioco, ma forse dovrebbe scrollarsi di dosso il rancore che si trascina da quasi tre anni ed evitare ulteriori fastidiose punzecchiature.
Penso inoltre, ed è doveroso sottolinearlo, che anche Gasp sia stato, come altri colleghi del post-Mourinho, vittima di una gestione societaria che ha poco supportato quella tecnica, pagando le conseguenze sul campo. Per amore della giustizia, non gli addosso perciò tutte le responsabilità del fallimento, piuttosto parlerei di un concorso di colpa con la dirigenza dell'Inter. Gli auguro perciò di essere protagonista nella sua Genova rossoblù, meglio da domani. Perché una vittoria a Marassi per l'Inter sarebbe fondamentale e per la classifica e per l'autostima. Non aggiungo altro, le parole oggi non servono più.
Così come non mi convincono quelle che rimbalzano dall'Indonesia, firmate Erick Thohir. Durante l'incontro all'Inter Club locale, il presidente ha sottolineato che giocatori 'come Messi' possono essere alla portata dell'Inter, purché si rispettino i parametri finanziari autoimposti. Un ossimoro, a mio modesto avviso. Perché campioni come o di poco al di sotto della Pulce si spostano solo dove l'odore dei soldi è particolarmente forte. Considerando le linee guida della nuova Inter dal punto di vista finanziario e degli ingaggi, sarà difficile soddisfare i palati più fini arricchendo il roster di campioni, almeno nel breve periodo.
Sono certo che il patron abbia ottime intenzioni, ma continuando a battere su questo tasto c'è il rischio che le sue parole attecchiscano poco nella testa dei tifosi, amareggiati da risultati non entusiasmanti e da una sessione invernale al di sotto delle aspettative e con la prospettiva di dover continuare a fidarsi sempre degli stessi giocatori per i prossimi quattro mesi. Insistere oggi sulla possibilità di ingaggiare grandi giocatori senza sfondare i paletti che definiscono finanziariamente sana un'azienda appare una forzatura e rende meno efficace il messaggio del tycoon. Lui che vive di comunicazione dovrebbe documentarsi anche sullo stato d'animo dei tifosi interisti, la maggior parte dei quali si sente quasi rassegnata di fronte al fatto che la propria squadra combatta per arrivare ai D'Ambrosio e ai Djordjevic, la cui qualità migliore è di essere in scadenza di contratto. Parlare di campioni, anche se in prospettiva, in questo momento storico è un po' come toccare un nervo scoperto.