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Crederci per evitare rimpianti. Eder, via la maschera (sotto la Curva Nord)

di Maurizio Pizzoferrato

Adesso possiamo dirlo ufficialmente. La vittoria per 3-0 contro la Juventus in Coppa Italia non ha purtroppo regalato l'impresa da raccontare ai nipotini, ma ha consegnato alla parte finale di stagione un'Inter di nuovo gagliarda e tosta. Se era giusto avere ancora qualche dubbio dopo i successi con Palermo e Bologna, avversari per motivi diversi abbastanza abbordabili, ora è altrettanto giusto rimarcare le cose positive dopo la prova sfoderata all'Olimpico contro la Roma schiacciasassi targata Spalletti. Purtroppo la gara è finita senza la vittoria sperata e per certi versi necessaria in ottica terzo posto, ma la prestazione, considerando anche le assenze pesanti di Icardi, Palacio e Kondogbia, lascia ben sperare. Certo, non sono mancate le note negative, altrimenti avremmo vinto, ma di questo parleremo più avanti.

Contro la Roma si è vista un'Inter finalmente compatta, corta, organizzata, capace di sfruttare al meglio le proprie caratteristiche al cospetto di un avversario strutturato invece per mettere a nudo i difetti della formazione nerazzurra. Trascorsi senza danni i minuti iniziali che avevano visto i giallorossi imperversare con giocate di qualità e ad un ritmo che lasciava poche speranze, l'Inter ha preso le misure alzando il baricentro e andando a pressare gli spallettiani nella loro metà campo. Per la prima volta, da quando il tecnico toscano è tornato sulla panchina capitolina, abbiamo visto la Roma faticare nell'impostazione della manovra con l'Inter che risuciva a chiudere efficacemente le linee di passaggio, per poi ripartire con azioni veloci e ficcanti, soprattutto sulla fascia sinistra dove Ivan Perisic ha confermato di essere un top nel ruolo. E non è un caso che sia stato proprio Ivan il terribile, a inizio del secondo tempo, l'autore del gol che aveva illuso Mancini e compagni di tornare a Milano con tre punti pesantissimi.

Purtroppo, ancora una volta, la Beneamata è stata poco efficace in attacco, nonostante non siano mancati i presupposti per fare male, soprattutto dopo essere passati in vantaggio. Inizia a rappresentare un problema Eder, acquistato a gennaio proprio per tentare di risolvere il problema del gol. L'italo brasiliano, ancora a secco da quando veste la maglia nerazzurra, in alcune giocare fa capire di poter essere in grado di fare la differenza, mi viene in mente lo strappo con tanto di cross al bacio per il gol di Perisic contro la Juventus in Coppa Italia, ma il più delle volte sembra un pesce fuor d'acqua, incapace di trovare tempo e spazio per tirare in porta con la pericolosità che lo aveva contraddistinto prima di sbarcare alla Pinetina. Qualcuno inizia a pensare che Eder non sia giocatore da Inter, nonostante Antonio Conte lo consideri punto fermo della Nazionale che si appresta a disputare il campionato europeo.

Anche se è un vizio abbastanza diffuso tra i tifosi interisti, attenzione a bocciare subito un giocatore. Lo stesso errore si stava facendo con Perisic e invece ora ci stiamo accorgendo della forza e della classe dell'ex Wolflsburg. Lo stesso Kondogbia sta lentamente dimostrando di essere un centrocampista importante, non banale, ma è giovane, ha un carattere particolare che probabilmente risente della quotazione di mercato, insomma va aspettato. Tornando ad Eder, appare chiaro come ora stia pagando il passaggio da una Sampdoria che giocava esclusivamente per lui, ad un'Inter dove i tenori sono più di uno e quindi serve un mutamento prima mentale e poi tattico per rendere al meglio. Ma il ragazzo ha la faccia sveglia, le idee chiare e sono sicuro che al più presto si sbloccherà. Servirebbe un gol, alla sua maniera, magari a San Siro sotto la Curva Nord, per gettare la maschera.

Ma la "non prestazione” di Eder a Roma non è stata la sola nota negativa emersa sabato scorso. Purtroppo la panchina estremamente corta ha impedito preziosi ricambi, penso a Palacio, nella porzione di gara finale quando la squadra ha accusato un evidente calo atletico che ha permesso alla Roma, dopo l'ingresso di Dzeko, di tornare minacciosa nella nostra area di rigore, fino a trovare il fortunoso gol del pareggio, comunque meritato. Da rivedere però, al netto delle difficoltà di organico, l'atteggiamento mentale complessivo della squadra nel momento topico della partita. Se scendi in campo sapendo che solo la vittoria sarebbe stata risultato importante per continuare a inseguire l'obiettivo stagionale, se riesci a passare in vantaggio dopo otto minuti del secondo tempo, se ti chiami Inter, quella vittoria la devi portare a casa. E invece, come ad esempio a Firenze, dopo aver conseguito il prezioso vantaggio, la squadra non è sembrata credere appieno nelle proprie possibilità, lasciandosi trasportare dagli eventi invece di governarli.

Peccato, vincere all'Olimpico avrebbe significato moltissimo, sia per la classifica che per la cosiddetta autostima. Mancano otto giornate al termine del campionato, i punti di distacco dalla Roma sono cinque. Imperativo: provarci con tutte le forze per avere, alla fine, meno rimpianti possibili. Ma il mister lavori duro sull'aspetto mentale, perchè quest'Inter, se vuole, è in grado di vincerle tutte. Buona Pasqua.


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