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Da Leo a Pep passando per Mou: tra sogno e realtà, pazienza e fiducia

di Fabrizio Romano

E' bastata un'onda. Già, una semplice onda rossonera con risacca tedesca e infine ducale è stata necessaria per abbattere il castello di sabbia abilmente costruito da Leonardo nei suoi primi mesi sulla panchina dell'Inter e far passare il brasiliano da fenomeno a brocco, uno che 'non vale neanche la metà di Mourinho', uno che 'non sa impostare tatticamente la squadra e via dicendo'. I giudizi affrettati in senso negativo - come prima in senso positivo, ovviamente - si susseguono dopo il fallimento in una settimana dei due grandi obiettivi della stagione dell'Inter, e quel tecnico che prima incantava adesso sembra quasi non convincere più i media e una parte della tifoseria. L'era di Leonardo nell'immaginario collettivo sembra già essere finita, la gente ormai ha voglia di cambiare, ha voglia di novità, il nome di Pep Guardiola infiamma le fantasie di chi sogna un'Inter formato Barça quando la realtà è completamente differente.

Attenzione, non sto smentendo le voci sulla possibilità di vedere Guardiola sulla panchina nerazzurra, anche perché è un'ipotesi considerabile come numerose altre. Il problema dell'Inter al momento si chiama pazienza. "La pazienza può far germogliare delle pietre, a condizione di saper aspettare", scriveva nel 1981 Driss Chraibi, ed è proprio quello che bisogna tenere fisso in mente, dai tifosi alla società. Mandare via Leonardo adesso potrebbe rivelarsi una mossa errata, perché come si ha la pazienza di aspettare determinati giocatori, se si è scelto di appoggiare il progetto del brasiliano bisogna dargli fiducia fino in fondo. Quest'uomo ha preso in mano una squadra e ha dovuto portare freschezza fisica, motivazioni e soprattutto risultati in pochi mesi, impresa ardua riuscita bene fino a quando non si è iniziato a vedere il traguardo: a quel punto le forze sono mancate, ma la preparazione dalle parti della Pinetina non l'ha fatta di certo Leo. Lui ha potuto soltanto caricare il gruppo anche dal punto di vista fisico oltre che psicologico, spremendolo per quando serviva e ritrovandoselo stremato al momento clou: eppure, senza quello sforzo precedente al momento clou neanche ci si arrivava.

La pazienza purtroppo scarseggia nel mondo del calcio, specialmente in quello nostrano. Leonardo ha ancora tantissimo da imparare, non è Mourinho insomma, ma questo lo sapevamo tutti già da dicembre e forse qualcuno - preso dall'entusiasmo della Leomuntada - ha finito per dimenticarselo. L'alternativa, adesso, sarebbe prendere un 'vate', che non è esattamente Guardiola. La società deciderà con calma come agire soltanto alla fine della stagione, ma visto che mi trovo ad analizzare la realtà, non bisogna escludere assolutamente l'ipotesi della separazione. L'addio è una possibilità concreta, ancora da valutare ma che non possiamo scartare al momento, e dunque a quel punto si presenterebbe il problema di un nuovo progetto da imbastire dal punto di vista tattico e non solo. Il nome di Guardiola, come già specificato, è quello che fa sognare la piazza. Qualcuno si aspetta la giostra magica dei Messi e degli Iniesta importata dal buon Pep in Serie A con i Cambiasso e gli Eto'o, ma Disneyland non è a Milano, purtroppo.

Anche nel caso in cui si decidesse di separarsi da Leonardo e puntare su Guardiola, servirebbe quella maledetta pazienza. Perché il sogno di vedere un'Inter formato Barça è un'utopia per più motivi. Innanzitutto, il Barcellona è una società che per arrivare a quel prodotto finale lavora dai pulcini fino alla prima squadra con dettami tecnico-tattici rigidissimi che portano allo spettacolo gustabile ogni domenica al Camp Nou, un'impostazione totalmente diversa da quella italiana che richiederebbe una rivoluzione completa. Se l'Inter decidesse di attuarla sarebbe solo un bene, e il settore giovanile all'avanguardia lo permetterebbe, ma il processo è lungo, lunghissimo. Servirebbe pazienza, appunto, e fiducia in un progetto totalmente nuovo da imbastire con attenzione ma che difficilmente può portare risultati immediati. E dunque servirebbe quella pazienza anche nell'immediato, perché alle prime uscite con un gioco non brillante e al primo pareggio interno non inizino nuove critiche. E' bene saperlo prima e svelare un arcano, ma il gioco incantevole del Barcellona di oggi è solo per un 30% merito di Guardiola, ma l'impostazione nasce da un certo Frank Rijkaard: è stato lui a porre le basi per quella macchina perfetta a cui il mondo del calcio si sta inchinando. E ritorniamo al discorso secondo cui anche lo spagnolo non è un 'vate' alla Mourinho, per intenderci.

Fermo restando che la scommessa Guardiola sarebbe accettabile - come lo è stata quella Leonardo in quel momento -  bisognerebbe dare fiducia totale a lui in ogni circostanza, senza aspettarsi tutto subito. Ma quello di Pep è solo un sogno della gente, perché la realtà si chiama Leonardo e potrebbe chiamarsi così anche il futuro se la società decidesse di attuare una saggia scelta di attesa. Questo lo sapremo solo tra poco più di un mese, adesso serve pazienza come servirà anche in futuro, qualsiasi sia la decisione dell'Inter. Altro discorso sarebbe invece riuscire a riportare a Milano José Mourinho: le voci si rincorrono, le indiscrezioni anche, ma questo è un sogno con la S maiuscola, perché Mou sarebbe il 'vate' ideale per ripartire da un momento così, gli altri hanno bisogno di pazienza se si vuole crescere insieme a loro. Arrivare a José è impresa ardua, ma a quel punto, conoscendo le reazioni dell'ambiente, siamo sicuri che la scommessa Guardiola varrebbe più di quella Leonardo? Comunque vada, se si scommette bisogna avere pazienza ma anche fiducia in chi vuole imbastire un nuovo progetto, perché Leo ne ha raccolto uno non suo a stagione in corso (ce ne siamo dimenticati?).

E consentitemi un plauso finale a chi ha sostenuto la squadra anche nei momenti più difficili, come dopo il 2-5 o nel catino tedesco: sentirvi cantare 'non vi lasceremo mai', in un momento così, è da tifoseria davvero matura, degna di una squadra che ci ha regalato un ciclo di vittorie leggendario e di una società alla quale non si può muovere la benché minima critica visti i recenti successi. Quella degli interisti è riconoscenza vera. Adesso, tra sogno e realtà, speriamo arrivi anche un po' di... pazienza.


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