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Da Lukaku a Mourinho. E chi parla parla alla fine resta zitto

di Stefano Bertocchi

"Parole, parole, parole...", cantava Mina nel lontano 1972. E la parola... 'parola' - perdonate la ripetizione - sembra essere d'attualità anche oggi, a pochi giorni da Inter-Roma. Sono infatti tante quelle pronunciate da José Mourinho, sono poche (o nulle) quelle uscite dalla bocca di Romelu Lukaku.

Un po' come i palloni toccati a San Siro da Big Rom contro quegli ex compagni che l'hanno accolto a Milano non con fischi e cori, come hanno fatto i tifosi nerazzurri, ma con indifferenza, sguardi evitati, give me five 'molli' all'ingresso in campo e una lezione di calcio sul prato di uno stadio in cui ora non è più il benvenuto. Così come l'amato Special One, per l'ennesimo scherzo del destino lontano dalla panchina della 'Scala del Calcio' e appollaiato in tribuna stampa a chiedere ironicamente fischietti per stemperare una tensione che il suo bomber, quello con il numero 90 sulla schiena, non è mai riuscito a scrollarsi di dosso: dai primi fischi sentiti nel riscaldamento ed esorcizzati con un sorriso falso fino al triplice fischio di un match deciso da Marcus Thuram, che il numero 9 dell'Inter se l'è messo subito sulle spalle e sembra volerselo tenere stretto. Nella serata di San Siro si è chiuso un cerchio, con Tikus che si è preso definitivamente l'Inter davanti a quello che fu il Re di Milano, ora cancellato dal figlio d'arte francese e dalla mente di quei tifosi che ancora attendono spiegazioni. Non segnali social da decifrare o velate 'minacce' nascoste in frasi da interpretare, come quella rilasciata nel ritiro del Belgio ("Se davvero dicessi cosa è successo l'estate scorsa, tutti sarebbero scioccati"). Perché non parli, Romelu? Non sei più un tesserato dell'Inter, sarebbe anche ora di dare la tua versione dei fatti. O di continuare a stare in silenzio. 

Cosa che non fa Mourinho. Ok il rumore dei nemici, ok lo spostare le tensione e la pressione con le dichiarazioni, ma parlare a vanvera non è consigliato e consigliabile. Giustificare un ko senza storia (non per il risultato, ma per quello che si è visto in campo) parlando di "regalo della Lega", colpevolizzata di aver inserito la gara in calendario di domenica e non di lunedì, rasenta il ridicolo. Anche perché il calendario viene stilato in base alle decisioni delle tv che vogliono fruttare ascolti. Ma questo José, che è stipendiato a suon di milioni da un club di Serie A, dovrebbe saperlo. Ancor più ridicolo è attaccare l'arbitro Maresca per "l'atteggiamento" avuto nei confronti dei suoi giocatori, parlando addirittura di "ammonizioni che sembravano scelte". Caro Mou, un giallo forse ti è sfuggito ed era il secondo che doveva essere rifilato a Paredes, ancora sullo 0-0. Ma forse dalla tribuna stampa non l'hai potuto cogliere nella maniera giusta. 

Troppe parole da Mourinho, poche da Lukaku. E nulla di sensato.

"La scelta è andare diritto. E chi parla parla alla fine resta zitto"
[Lou X - E La Saga Continua] 


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