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Da portaombrelli a trofeo più ambito dell'anno

di Alessandro Cavasinni

Il dilanio per la Supercoppa italiana. A questo stiamo assistendo da giorni, ossia da quando l'Inter è uscita dopo i tiri di rigore con il Bologna. Un dilanio condito, ahimè, con un'enorme ondata irrispettosa verso squadra e tecnico. Ormai non si fa più distinzione di nulla e la frustrazione becera ha sempre la meglio.

Quello che manca, in particolare, è un discorso di proporzione. Sembra quasi che la stagione dell'Inter sia terminata a Riad; al contrario, avesse passato il turno, siete sicuri che ci sarebbero stati caroselli in Duomo? Immaginiamo proprio di no. E il punto è proprio questo: ogni passo falso, anche il più insignificante, da oltre un anno viene ingigantito e diventa dramma. Di contro, qualsiasi traguardo raggiunto, anche se intermedio, viene derubricato a scontato o a dovuto. Intorno all'Inter, insomma, regna il disfattismo.

E purtroppo la comunicazione mainstream, che dovrebbe arginare la deriva, in realtà si abbevera più o meno consapevolmente del masochismo del tifo nerazzurro, specialmente quello social. Che viene sempre denigrato a livello ufficiale, ma che poi fa comodo per vendere i giornali e fare audience televisivo. Un circolo vizioso che pare destinato a non avere una fine, foraggiato dalla pancia dell'intertriste che più intertriste non si può. E in questo mare magnum di insulti, disprezzo, urlacci e frustrazione si disperde anche la critica sana, corretta, costruttiva.

Da portaombrelli a trofeo più ambito dell'anno: questa la trasformazione della Supercoppa italiana. Ma solo se non la vince l'Inter. 


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