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Da Yaya Touré a Joao Mario: le deduzioni "ad minchiam" che mettono Mancini alla porta. L'occhio vede solo quello che la mente vuole vedere

di Alessandro Cavasinni

"Mancini-Inter: addio vicino". Questo, più o meno, leggiamo da giorni e giorni. Il Campionato delle Amichevoli torna a mietere vittime, incurante degli strafalcioni del passato (recente e non). Molti di voi, infatti, ricorderanno i titoloni di appena un anno fa, quando in tanti davano il tecnico marchigiano messo alla porta dopo le sconfitta dei nerazzurri con il Milan in Cina oppure quelle nel Trofeo TIM. Impossibile dimenticare. Poi l'avvio di campionato non solo zittì i detrattori, ma addirittura ribaltò completamente i giudizi. Per mesi. 

Stessa spiaggia, stesso mare pure questa estate. Anche se stavolta a piantare grane è principalmente il mercato. Ogni smorfia di Roberto Mancini in conferenza stampa viene sottolineata; ogni sbuffo evidenziato; ogni grattata di capo vista come segnale inequivocabile di insoddisfazione. Insofferenza. Scollamento. Si legge tutto in maniera univoca, dando l'impressione che il lavoro sia più quello di cercare auto-conferme che non di fare vera e propria cronaca. Ogni aspetto è volto al negativo, fino allo sfinimento. Un po' come quando gli arbitri per tutte le situazioni mezze e mezze fischiano sempre in favore della stessa squadra.

Un paio di esempi: Yaya Touré e Joao Mario. Al Mancio viene chiesto un parere sull'ivoriano praticamente a ogni intervista/conferenza ormai da secoli, e lui risponde sempre allo stesso modo. Oh, non possiamo farci nulla: il marchigiano sceglierebbe titolare il buon Yaya in una finale di Champions anche senza una gamba. Lo adora. Eppure il suo consueto apprezzamento, oggi, viene letto come una feroce critica alla dirigenza nerazzurra. E quel "Chi critica Touré non capisce nulla di calcio" viene deliberatamente interpretato come un attacco a chi non l'ha portato a Milano. Come se poi, al di là del volere dell'Inter, non ci fossero anche ostacoli oggettivi per chiudere l'affare come quelli economici e di volontà delle restanti parti in causa.

Quasi peggio il discorso relativo a Joao Mario. Anche qui: chiesto un parere tecnico al Mancio sul portoghese che viene descritto un giocatore "simile a Brozovic". Si fa così per rendere l'idea a chi evidentemente ne sa poco o a chi vuole approfondire: si prende a modello un giocatore noto. Apriti cielo. Immediatamente, all'allenatore nerazzurro viene messa in bocca la parola "doppione", chiaramente utilizzata in accezione negativa. E spazio ai titoloni: "Mancini boccia Joao Mario: è un doppione di Brozovic!".

Se trasliamo quindi questo tipo di atteggiamento mediatico anche su altri livelli, si capisce bene come l'atmosfera che si respira attorno all'Inter sia tornata cupa dopo una ventata di entusiasmo portata dall'avvento di Suning. Il tutto a causa di sensazioni e/o deduzioni "ad minchiam" (cit.). E il tifoso, tirato dentro questo bailamme di parole un po' a caso e privo spesso della capacità di decodifica, si ritrova disorientato, andando inevitabilmente a parare dove la maggioranza vince. Fidandosi. Dando sfogo delle proprie frustrazioni. Lasciandosi trasportare dalla corrente. Rilasciandosi in uno stato ansioso e di terrore già ai primi di luglio. Toccando vette di pessimismo che farebbero arrossire finanche Giacomo Leopardi.

Poi magari è tutto vero. Magari Mancini sbatterà la porta e saluterà l'Inter perché gli avranno preso Banega invece di Touré, Ansaldi invece di Zabaleta o Caner Erkin invece di Clichy. E chissà: Witsel invece di Rincon, Candreva invece di Nani e Garay invece di Acerbi. Magari farà come Bielsa e lascerà sul tavolo un sostanzioso gruzzolo di milioni perché in disaccordo con la linea societaria. Possibile, nel calcio siamo stati abituati a tutto. Ma per supportare una tesi servono delle prove e non facili deduzioni. Servono indagini e non una mera raccolta di banali sensazioni. Quello possono farlo tutti. Ed è un giochino semplice semplice, in cui vale tutto e il contrario di tutto.

Un ultimo quesito: perché nessuno ha isolato questo passaggio dell'ultima conferenza di Mancini? "Cosa serve per migliorare la nostra rosa? L'anno scorso siamo stati in alto per tanto tempo, quindi la base c'è ed è molto buona. Quando si cambia parecchio non è mai semplice, i nuovi acquisti hanno ovviamente bisogno di ambientarsi. Senza dimenticare che non abbiamo perso dei soldi durante lo scorso mercato: un fatto sui cui spesso si sono scritte delle inesattezze. In ogni caso, non manca molto per essere completi", ha spiegato l'allenatore. Ma si sa: l'occhio vede solo quello che la mente vuole vedere.


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