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Derby a denti stretti, teatro dell'assurdo e riscatti obbligati. Ma oggi c'è Walter

di Fabio Costantino

Quella che si conclude oggi è stata una settimana particolare in casa Inter e dintorni. Non che questo glorioso club ne viva di banali solitamente, però nella fattispecie c'è stato un po' di movimento. Ovviamente, il clou è stato il derby infrasettimanale, ultima spiaggia Champions per il Milan ma a tratti letteralmente dominato dai nerazzurri, la cui unica colpa è non aver saputo mettere la palla in rete. Chi ha ancora negli occhi la serata particolare di Mauro Icardi sa a cosa mi riferisco. Pazienza, non sarà certo un derby andato storto a macchiare la stagione superlativa dell'attaccante argentino, che con le sue reti ha trascinato l'Inter alla classifica attuale che la vede in piena corsa per il piazzamento nell'Europa che conta. A maggior ragione dopo la sconfitta della Roma ieri all'Olimpico contro la Fiorentina, che gioca realmente in 12 da un mese a questa parte. Per Maurito e per la squadra c'è solo da archiviare con il sorriso (a denti stretti) la bella prestazione contro un Milan mediocre e andare a riprendersi già oggi a Torino quanto lasciato per strada mercoledì scorso. strizzando l'occhio al terzo posto.

Inutile fingere il contrario, tra poche ore sarà una battaglia perché i granata tendenzialmente vendono sempre cara la pelle, soprattutto oggi che in panchina siede un allenatore che ha un motivo in più per farsi rimpiangere dai nerazzurri: quel Walter Mazzarri che ha pagato una situazione societaria instabile (come chi gli è subentrato) ma che sul campo, al di là di palesi difficoltà davanti alle telecamere, aveva svolto un buon lavoro. Non credo ci sia il pericolo che l'Inter sottovaluti l'impegno, magari ricordando quanto accaduto la scorsa stagione quando proprio all'Olimpico Grande Torino s'interruppe la rimontona dei ragazzi di Stefano Pioli, che pareggiando 2-2 staccarono completamente la spina. Così, a tradimento. Nelle ultime quattro partite ci sono stati evidenti segnali di crescita da parte della squadra di Spalletti, non a caso lo stesso tecnico anche ieri in conferenza stampa ha mostrato grande fiducia nei confronti dei suoi giocatori, che da soli hanno trovato la cura al loro blackout e sanno come non ricascarci. Un'evoluzione talmente palese che nello stesso certaldino ha aumentato il piacere nel guidare questi calciatori, anche in ottica futura. Bel messaggio.

In settimana, e non poteva essere altrimenti, si è anche parlato tanto di mercato, giusto per ingannare il tempo prima e dopo il derby. I nomi caldi non sono fantasie o voci incontrollate, bensì due elementi già nella rosa nerazzurra che paradossalmente non possono essere definiti giocatori dell'Inter. Non ancora, perlomeno. Si tratta di Joao Cancelo e Rafinha, i jolly pescati dal mazzo di riserva che hanno dato la svolta alla stagione. Entrambi sono in prestito con opzione di riscatto, entrambi però rischiano di tornare indietro a causa degli equilibrismi finanziari cui il club sarà costretto fino al 30 giugno. L'auspicio è che la dirigenza riesca a trovare i metodi ideali per trattenerli ancora, soprattutto il portoghese che dopo un avvio stentato ma più che legittimo è diventato l'autentico padrone della fascia destra, dirottando Danilo D'Ambrosio a sinistra e costringendo Antonio Candreva ad adattarsi. Dai tempi di Maicon Douglas Sisenando la fascia destra nerazzurra non ospita un giocatore di cotanta qualità e l'idea che l'Inter possa lasciarselo sfuggire pur avendo il match point tra le mani non mi fa dormire serenamente. Mi unisco pertanto al già nutrito coro di chi chiede a gran voce il suo riscatto. Su Rafinha confermo il piacere che avrei nel vederlo totalmente nerazzurro, lui che con il trascorrere del tempo si è guadagnato il proscenio da protagonista. Se Marcelo Brozovic è esploso in un ruolo a lui più congeniale è merito anche dell'ex Barcellona che gli ha permesso di abbassarsi, agendo al suo posto sulla trequarti. La sensazione è che il miglior Rafinha debba ancora farsi vedere e non è detto che ciò accada prima del 20 maggio. Poi, in mano a un allenatore come Spalletti, non può che migliorare ulteriormente. Aspettiamo e speriamo, anche se sul riscatto del brasiliano avverto sensazioni negative.

Non meriterebbe ulteriore spazio, ma una chiosa a quanto accaduto venerdì non può essere tralasciata. Mi riferisco all'intervista del signor Ceccarini, che a 20 anni di distanza da quel famoso Juventus-Inter dell'altrettanto famoso contatto Ronaldo-Iuliano ha ribadito di aver preso la decisione giusta non assegnando un rigore che la storia ha etichettato come netto. Immagino quante volte abbia visto quel replay in questo ventennio, e mi sorprendo che ancora oggi sia convinto di aver fatto bene, o fatichi a dire la verità. Anzi, siccome al peggio non c'è mai fine si è preso persino il lusso di ammettere un errore, quello di non aver assegnato punizione contro Ronaldo. Giocata d'alta scuola nell'ambito di una situazione assurda, come assurdo fu quel campionato. Materiale di stampo beckettiano, se fosse una rappresentazione teatrale. Con il tempo, tanti attori di quello spettacolo indegno hanno gettato la maschera, volenti o nolenti, e la verità è venuta a galla. Eppure c'è chi come il signor Ceccarini questa maschera continua a indossarla. Qualcuno gli dica che la farsa è finita.


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