Dodici milioni netti
Sessantatre punti sugli ultimi settantadue disponibili. Meglio scriverlo anche in forma numerica, così forse rende meglio l'idea: 63 su 72. Calcolo arbitrario, si dirà, ma c'è un motivo per cui il conteggio è iniziato 24 partite fa. Era la trasferta di Bergamo, l'8 novembre 2020. Quel giorno Antonio Conte decise che il percorso della sua Inter doveva cambiare direzione per non finire nel dimenticatoio. Addio al trequartista, al dominio del gioco, a quella che molti considerano mentalità europea. Si torna al passato, al 3-5-2 puro che aveva caratterizzato la stagione precedente e aveva portato la squadra a un punto dalla Juventus e a un centimetro dalla vittoria dell'Europa League. Niente esperimenti, si bada al sodo perché oltre al percorso alla fin fine conta anche il traguardo e l'allenatore salentino aveva una missione ben chiara davanti: riportare l'Inter a vincere qualcosa entro tre anni. Quel giorno è cambiata la storia recente, seppur dopo un pareggio non brillante anche a causa di qualche acciacco di troppo. In Champions l'inversione di rotta non pagò, perché dopo la sconfitta contro il Real Madrid e la bella affermazione di Moenchengladbach, lo Shakhtar impose un pari al Meazza che costò addirittura l'ultimo posto. Fu una gara sfortunata, complicata come quella contro il Cagliari ma senza il gol risolutore nel finale che avrebbe dato ai nerazzurri il pass per gli ottavi della competizione. Eliminazione dolorosa, una macchia sul curriculum stagionale di Conte che inevitabilmente, mentre stava ripristinando la sua squadra in ottica campionato, venne messo alla gogna mediaticamente e da una gran fetta di tifoseria interista, pretendendone le dimissioni. Presa di posizione di pancia, per nulla lungimirante, che puoi anche aspettarti dal tifoso seduto sul divano e troppo coinvolto sentimentalmente per essere lucido. Ma non da esperti o stampa specializzata, che un minimo di analisi dovrebbero garantirla. Non è un caso se proprio Conte, dopo la vittoria sul Cagliari, si sia tolto più di un sassolino dalla scarpa.
Tra i capi principali di imputazione, l'ingaggio annuale garantitogli dalla proprietà: 12 milioni netti l'anno, un'enormità nel campionato italiano, diventati nel pieno della pandemia economica un macigno non da poco per le casse nerazzurre. Eppure, come il resto dello staff e della rosa, neanche un accenno di protesta di fronte alla richiesta di posticipare le mensilità previste. Si dirà, guadagna abbastanza da poter aspettare. Vero. Ma chi ancora lo considerava un 'gobbo infiltrato' per rovinarci sarà rimasto sorpreso dal fatto che non abbia messo in mora la società, pur avendone il diritto. Tornando ai famosi 12 milioni, ha davvero poco senso pensare che basti un ingaggio alto per garantire vittorie. Eppure c'è chi la considera tutt'oggi un'equazione naturale. In Europa ci sono allenatori pagati più di lui, ma non per questo vincono automaticamente. Quindi l'assioma non regge. Magari il motivo per cui l'allenatore ex Juventus è stato chiamato da Beppe Marotta è proprio quello di riportare mentalità vincente in un ambiente che per 8 anni aveva bivaccato lontano dai titoli e si era assuefatto alla sconfitta. Inaccettabile per un club come l'Inter. Oggi forse anche i più diffidenti si stanno rendendo conto che il percorso ha portato a qualcosa di buono, di importante, e quei 12 milioni rappresentano davvero un ottimo investimento. Valutare il lavoro di Conte in base alle prestazioni europee dell'Inter o al cosiddetto 'bel gioco' significa fissare il dito che indica la luna.
Si pensi alla rosa a disposizione del tecnico leccese e al fatto che lo scorso gennaio non sia stata minimamente rinforzata, come accaduto sull'altra sponda del Naviglio per esempio. I 63 punti nelle ultime 72 partite sono stati raccolti da un gruppo che di certo aveva una valutazione ben diversa rispetto a quella attuale. E fa piacere che qualcuno l'abbia notato. Quanti calciatori sono migliorati nei mesi in cui Conte è diventato l'allenatore dell'Inter? Oggi tutti si sono accorti del livello calcistico di Romelu Lukaku, ma al suo arrivo c'era chi sosteneva fosse sopravvalutato, chi lo prendeva in giro per le sue qualità tecniche (il famoso first touch), chi addirittura lo definiva grasso o il classico paracarro, perché reduce dalla pessima esperienza allo United. L'unico a non aver mai avuto dubbi è stato l'allenatore. E oggi sappiamo perché. Lautaro? Prima di Conte era la riserva di Icardi, un giovane con potenziale e nulla più. Oggi è tra i più ricercati centravanti Under 25, ancora con enormi margini di crescita ma già valutato un centinaio di milioni. Due attaccanti partiti senza particolari favori che oggi hanno addirittura un brand condiviso, la LuLa. Merito anche di chi li ha aiutati a credere in sé stessi e a migliorare.
Servono altri esempi? Alessandro Bastoni, da plusvalenza fittizia ad astro nascente del calcio italiano e con merito nel giro della Nazionale azzurra. Stefan de Vrij, votato la scorsa stagione miglior difensore del campionato, che per tanti era solo la riserva di De Ligt nella selezione oranjie. Milan Skriniar, da agnello sacrificale sul mercato a irrinunciabile (ma qui i meriti vanno soprattutto allo slovacco, che ha saputo convincere il suo allenatore). Qualcuno ha notato la crescita tattica di Achraf Hakimi dal punto di vista difensivo? Oppure l'evoluzione pazzesca di Nicolò Barella, che due anni prima qualcuno considerava strapagato al Cagliari ma che oggi è nel novero dei migliori centrocampisti d'Europa e leader della Nazionale di Mancini. Persino Marcelo Brozovic è diventato più affidabile. E anche Stefano Sensi, non fosse stato frenato dal calvario muscolare, oggi sarebbe tra i più apprezzati a livello europeo nel suo ruolo, inutile nasconderlo. E vogliamo parlare di Ivan Perisic? Un epurato che, con grande spirito di abnegazione, ha superato i propri limiti e si è guadagnato un posto da titolare. E Alexis Sanchez, altro reduce dal disastro United, che dopo un periodo di infortuni e scarsa continuità oggi rappresenta una risorsa preziosa per la squadra.
Persino Christian Eriksen, ormai dato per partente per manifesta incompatibilità tattica, ha abbandonato la sua comfort zone e si è fatto convincere dall'allenatore a fare un passo verso di lui. E guai a tacere del sottobosco, i vari Andrea Ranocchia, Ashley Young, Matteo Darmian e Roberto Gagliardini, che pur non essendo particolarmente coinvolti hanno sempre offerto il proprio contributo in caso di necessità. Gli unici nei nella gestione di Conte, i vari Arturo Vidal, Danilo D'Ambrosio, Aleksandar Kolarov e Matias Vecino, che però hanno trascorso più tempo in infermeria che in campo impedendo al tecnico di poter contare costantemente su di loro. Oppure Andrea Pinamonti, chiuso dalla straripante LuLa piena e dalla rinascita di Sanchez e Andrei Radu, panchinato da quel Samir Handanovic che il tecnico ha protetto quando in tanti ne chiedevano la testa su un piatto d'argento e che oggi è una delle chiavi del magic moment nerazzurro. E guai a trascurare un dettaglio fondamentale: la capacità di Antonio Conte di tenere unito un gruppo che oggi lo adora, anche nel pieno delle difficoltà societarie e con la proprietà lontana da Milano per mesi. Molti si sarebbero fatti travolgere dalle onde alte, lui ha convinto i suoi a remare tutti insieme senza curarsi di fattori esterni.
Al di là della crescita personale, molti di questi giocatori ancora nel pieno della loro carriera calcistica hanno visto aumentare considerevolmente il proprio valore rispetto a quello assegnato loro dal bilancio. Ed è un dettaglio non trascurabile, soprattutto se fosse necessaria una cessione per sistemare i conti (incrociamo le dita). Pagare bene un restauratore che con il proprio lavoro e senza materiali particolarmente pregiati aumenta il valore del tuo immobile, e magari gli fa anche vincere premi nel campo del design, non è mai un investimento sbagliato. Se c'è ancora qualcuno che, andando al di là del traguardo ormai vicino, ha ancora voglia di contestare l'ingaggio di Conte, pensi a quanto vale la rosa dell'Inter oggi rispetto a qualche mese fa. Magari, conti alla mano, cambierà idea.
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