E' andata come doveva andare
E' andata come doveva, come era più logico. Sampdoria in finale di Coppa Italia, Inter eliminata in semifinale nel torneo che negli ultimi anni l'ha vista sempre protagonista dell'atto decisivo. Pazienza, il pass d'uscita i nerazzuri se lo sono guadagnato durante il match d'andata, mettendo in scena un primo tempo scriteriato che nella ripresa nessuno è stato in grado di correggere. Mourinho compreso. Gli errori si pagano, anche in Coppa Italia, anche contro la Samp che, pur non essendo una big, tatticamente è organizzata in modo esemplare e si gode quel fenomeno di Antonio Cassano. Bravi i ragazi di Mazzarri, dunque, nonostante una partita disputata più sulla difensiva e sulla speculazione che sul gioco. Ma tale atteggiamento era prevedibile, giocare a San Siro contro un'Inter infervorata ti espone a troppi rischi per non consigliare una mentalità attendista, votata più al contenimento che all'essere propositivi. Inutile lamentarsi, come ha fatto Mou a fine gara. Solo in Inghilterra il potoghese, in tali circostanze, si sarebbe trovato di fronte un avversario a viso aperto, che provava a giocarsela senza guardare il cronometro. Ma in Italia siamo troppo calcolatori per metabolizzare il credo del gioco ad ogni costo.
Dispiace, perché l'Inter ha giocato una grande partita, il pubblico accorso speranzoso a San Siro è rimasto comunque soddisfatto per l'interpretzione della gara. Poi, se la palla decide che non è serata per gonfiare la rete, c'è poco a cui appellarsi oltre alla sfiga. Due legni, quattro palloni usciti di un centimetro e una spinta quasi costante non sono stati sufficienti a far crollare il muro eretto da Mazzarri, un mago quando si tratta di ottenere il massimo dal materiale umano che ha a disposizione. Della serata di Coppa Italia non resta che l'amarezza per l'eliminazione, ma anche la consapevolezza di essere la squadra più forte in Italia, etichetta da confermare anche a Napoli domenica prossima. Interpretando il match del San Paolo alla stregua di quello contro i blucerchiati, le possibilità di concludere i 90 minuti con il sorriso sulle labbra aumentano.
Ultime note sul taccuino di San Siro: peccato che a fischiare sia stato il signor Orsato, che l'ultima volta che aveva messo piede nella Scala del calcio (contro la Roma, ndr) ne aveva combinate di cotte e di crude. Forse sarebbe stato giusto concedergli ancora un po' di tempo prima di tornarvi a dirigere, soprattutto quando si trattava di un match così importante e carico di tensione. Orsato ha sbagliato molto, gli assistenti non sono stati all'altezza e il risultato è statoun clima di nervosismo da tagliare a fette, più di quanto fosse lecito attendersi. Non è un caso, poi, che il direttore di gara sia stato tirato in ballo da tutti i nerazzurri a fine gara, compreso Moratti che la partita l'ha vista dalla tribuna. Infine Cassano: un fenomeno, talento in grado di guidare da solo una squadra con il tasso tecnico non eccessivamente elevato. Anche senza palla, poi, non è mai banale. I teatrini con Mourinho equivalgono a un assist smarcante o a un colpo di tacco per spettacolarità. Se poi sei in grado di indurre Cambiasso (solitamente tranquillo come un cane al sole) a metere in scena davanti a tutti la versione maschile di "Donne sull'orlo di una crisi di nervi", significa che sei un fenomeno anche sociale...