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È un'Inter da zona retrocessione

di Alessandro Cavasinni

Tre punti per sperare. Tre punti per crederci ancora. Tre punti per lanciare un messaggio al campionato: l'Inter è viva, l'Inter c'è. L'Inter non vuole arrendersi a una retrocessione che pareva inevitabile. La Serie B uno spettro reale, concreto. Il baratro a pochi centimetri. Poi la perla di Jovetic, il ruggito di San Siro e la gioia irrefrenabile di Mancini, che a guardarlo in viso sembra uno appena tornata da un viaggio all'Inferno.

Eh già, perché i famigerati "pochi punti nelle amichevoli" avevano gettato nello sconforto tutto l'ambiente e reso il clima incandescente alla vigilia dello scontro-salvezza con l'Atalanta. Ultima spiaggia, dentro o fuori. Già due i derby perduti contro un Milan lanciatissimo verso il titolo, battuta d'arresto anche col Sassuolo e una campagna europea disastrosa. Per fortuna è arrivato il montenegrino a risolvere i problemi, almeno per il momento. Tre punti, aria pulita: la classifica non fa più così paura e la Serie B resta un incubo, ma non è diventata una realtà.

Ancora una volta – tornando seri – il campo ha disatteso, se non ribaltato, la tendenza del pre-campionato. Milan, Juventus e Napoli sono cadute, mentre solo una papera di Rafael ha salvato la Roma dal ko a Verona. I nerazzurri, dileggiati per tutta l'estate, hanno invece raggranellato tre punti sofferti e meritati contro l'Atalanta. L'ennesima conferma di come il calcio di luglio-agosto sappia essere effimero e bugiardo.

Alcune constatazioni, al di là dell'1-0, vanno fatte. Va detto che alla squadra manca fosforo e rapidità d'esecuzione in mezzo al campo. La manovra risulta spesso lenta, farraginosa, con gli avversari che riescono a chiudersi senza difficoltà. E' solo la prima gara, ma la tendenza è restata quella dell'anno passato. Kondogbia ha fatto bene, Hernanes si è confermato paradossalmente fin troppo intelligente per questo calcio ruminato, ma poi i nodi sono venuti al pettine nel momento di costruire dal basso. Perché Medel non è un somaro, non ha piedi ruvidi, ma non è neppure uno di quei centrocampisti centrali adatti a ricoprire il ruolo come vorrebbe Mancini (che infatti ha cercato e cerca altro).

L'altra nota dolente riguarda l'attacco: eravamo stati facili profeti nel predire un reparto avanzato numericamente a rischio. E' bastato lo stop di uno (Icardi) per mandare in apnea tutta la prima linea. Maurito, Jovetic e Palacio non possono essere sufficienti: Mancini ha chiesto a gran voce, giustamente, nuovi innesti. Che arriveranno, prima o dopo.

Le note liete sono giunte dalla difesa. Miranda e Murillo si sono confermati centrali di valore e di spessore, sia a livello tecnico che psicologico. Una cerniera solida che ha lasciato agli avversari la miseria di un solo tiro verso la porta di Handanovic (peraltro proprio all'alba del match).

Insomma, al di là dei moduli, la strada è tracciata, almeno per l'atteggiamento. Però la sensazione è che manchi ancora parecchio per vedere l'Inter di Mancini, che infatti la vuole con due attaccanti esterni a supporto di una sola punta. Che sia 4-3-3 oppure 4-2-3-1 la sostanza non muta. Fraseggio, verticalità, testa alta e giocata rapida in avanti, possibilmente con recupero palla alto. Questi i principi di gioco che il tecnico marchigiano sta provando a imprimere ai suoi fin da quando è tornato sulla panchina nerazzurra. In attesa che il mercato faccia il suo corso.

Per il momento, tre punti pesanti. La salvezza è possibile. 


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