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Eto'o 2.0 per rilanciarsi, fra sogno, realtà e sentimenti. Ora niente illusioni

di Daniele Alfieri

Non soltanto il gol di Londra, le chiusure difensive a Barcellona. Se mi chiedessero di condensare il campione Samuel Eto'o in una sola giocata sceglierei senz'altro il gol magico siglato a San Siro contro il Parma, settembre 2009, alla terza giornata di Serie A. La gara non si sblocca e allora lui, il Re Leone nerazzurro, riceve palla al limite d'area: gli bastano due tocchi, lo stop col mancino e il destro calciato con una facilità estrema che disegna la parabola che batte Mirante. Il pallone che vola sotto l'incrocio e il pubblico del Meazza che esplode alla rete del proprio fuoriclasse. Le telecamere indugiano sull'esultanza del presidente Moratti, incontenibile nel suo urlo di gioia e nell'abbraccio con il figlio Mao. Erano altri tempi.

Da interista non posso certo affermare di aver mai trascorso un'estate per così dire 'tranquilla'. Ma forse questa le batte tutte. Dalla rivoluzione Thohir che prepara il terreno a un nuovo corso storico per la società all'ennesimo cambio sulla panchina voluto da Moratti. E poi 'tanto' mercato, ma finora i veri colpi messi a segno dall'Inter si contano sulla punta delle dita. Per non farci mancare proprio nulla, dopo i rumors di un possibile ritorno di Mourinho, che per fortuna ha fatto capire subito che non sarebbe tornato a Milano, non adesso, firmando quindi per il Chelsea, anche l'idea che ha fatto sobbalzare gli interisti da sotto gli ombrelloni: un Eto'o 2.0, a due anni di distanza dalle ultime prodezze, per far sognare ancora una volta San Siro e per puntare, partendo da lui, all'immediato rilancio della squadra nerazzurra.

Nato come sogno, divenuto idea concreta, ma l'arrivo del camerunese rischia di rimanere una fantasticheria da spiaggia, anziché ipotesi realizzabile come invece viene dipinto in questi giorni. A Milano Eto'o ha lasciato la famiglia, di cui dopo due anni in Russia, adesso, sente un'improvvisa nostalgia. Oltre al desiderio rinato di insossare la maglia nerazzurra. Tutti fattori che si unirebbero alla disponibilità a decurtarsi l'ingaggio per ricongiungersi all'Inter, la squadra con cui è salito sul tetto del mondo prima di lasciarla per andare a giocare nel ricco club del Daghestan. Ma i tempi sono cambiati per tutti. Così persino il magnate Kerimov ha aperto alla svendita dei propri gioielli. E tra questi c'è il Re Leone, per cui l'Inter si è già informata con gli agenti. Un piccolo spiraglio rimane aperto e la speranza si fonda sul legame che ancore lega Eto'o alla sua ex squadra.

Tanti ostacoli così si interpongono fra realtà e sogno. Lo stipendio non è uno di quelli facilmente aggirabili nonostante la 'buona volontà' delle parti. L'Inter ha chiuso i rubinetti ormai da anni, pensare di poter garantire lo stesso ingaggio percepito all'Anzhi, anche con un taglio netto di 4 milioni, è pura utopia. E in mezzo c'è il solito José Mourinho, quasi una costante in tutte le vicende nerazzurre. Il Chelsea ha scelto di puntare deciso su Wayne Rooney, ma se Abramovich non riuscisse a vincere la resistenza di Ferguson allora sarebbe pronto a regalare a Mou il suo ex attaccante, ala e all'occorrenza terzino in nerazzurro.

E infine, un dato di non poco conto, quel contratto che lega il camerunese per un altro anno al suo attuale club. Nell'incontro con Kerimov è stato detto siano arrivate anche le garanzie economiche per un proseguimento del camerunese a Makhachkala, almeno sino al prossimo gennaio. Ovvio però che il divorzio farebbe comodo ad entrambe le parti, ed Eto'o in questi giorni ha già speso belle parole nei confronti dello Special One, strizzando poi l'occhio, tramite il suo agente, ad un ritorno in nerazzurro. Ma non bisogna assolutamente accantonare una soluzione legata al portafogli piuttosto che ai sentimenti, come fu due anni fa con la scelta Anzhi. E in caso di addio, si sono già fatte sentire anche le sirene dei Los Angeles Galaxy dagli USA. Mentre in Italia l'Inter cerca investimenti oculati e giovani. Eto'o ha 32 anni, non illudiamoci. Dalle immagini di quel pomeriggio di festa a San Siro sembra essere trascorso decisamente troppo tempo.


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