Fantasmi, saluti dolorosi e una gaffe
La nuova era indonesiana è all’orizzonte, ma per ora quelli che si vedono meglio sono i fantasmi del passato. Non è un caso che ci sia di mezzo Bergamo e un campo da sempre ostico come quello di martedì, un po’ come quello di Udine che attende Mazzarri e la squadra domenica. Bergamo e poi Udine, trasferte da sempre difficili, antipatiche e ricche di problemi e sfortune, come l’anno scorso al Friuli con sconfitta e infortunio di Samuel annesso. Difficoltà molteplici e soprattutto infortuni a catena come quelli che avevano fatto crollare Stramaccioni nella stagione scorsa, nonostante quest’anno non ci siano di mezzo le chilometriche trasferte di Europa League.
Con Milito ai box, c’è il punto di domanda Handanovic e anche Icardi deve combattere con un principio fastidioso di pubalgia che non gli permette di scendere in campo se non con il contagocce e là davanti, Belfodil a parte, rimane solo il top player con la treccina, quel Rodrigo Palacio che l’anno scorso ha tenuto in piedi la baracca praticamente da solo finché ha potuto, prima di issare anche lui bandiera bianca.
Ed è proprio quel finché ha potuto a spaventare, con il rischio di mandarlo in sovraccarico da partite come già successo in passato. Anche con il modulo a una sola punta la coperta si scopre pericolosamente corta là davanti, con Mazzarri che deve inventarsi qualcosa per uscire da questa situazione difficile e non rischiare di compromettere il grande inizio di stagione, con cui ha sorpreso chiunque.
Adesso un po’ di pensieri sparsi, il saluto a Franco Rossi, maestro e collega non può mancare anche in queste pagine su cui crediamo avrebbe scritto anche lui con tutta la sua passione per l’Inter.
Poi c’è anche il saluto al calcio di Felice Natalino, una storia triste solo per la parte sportiva per fortuna ma, come ha deciso lui, meglio non rischiare di sovraffaticare il suo cuore debole e non correre altri pericoli, per inseguire un sogno a cui è andato veramente vicino, che avrebbe senza ombra di dubbio meritato. Una scelta difficile, dolorosa, ma alla fine giusta.
Finiamo con la maglia numero 3, quella regalata da Thohir a Iverson, una gentilezza o una gaffe? Meglio non commentare, però il buon Erick si è giocato il bonus che si era guadagnato con il colpo Ventola della settimana scorsa. Avrebbe potuto almeno tenere la maglia girata dall’altra parte, senza far vedere il numero 3, che riassume tutta la storia dell’Inter. Su Giacinto non si può e non si deve sbagliare, ma anche dagli errori si impara sempre qualcosa.