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Fidarsi è bene, fare l'Icardi è meglio

di Christian Liotta

La scorsa stagione, gli amanti del calcio hanno avuto modo di appassionarsi a diverse storie affascinanti: quella dell’Atalanta capace di compiere l’impresa di chiudere il campionato di Serie A al quarto posto in primo luogo, ma anche le spettacolari cavalcate di due protagoniste a sorpresa del campionato cadetto, ovvero la Spal e il Benevento. Accomunate dal fatto di aver compiuto il doppio salto in avanti visto che hanno festeggiato l’approdo in Serie A solo dodici mesi dopo aver concluso da trionfatrici il proprio cammino in Lega Pro, la prima tornando in massima serie dopo mezzo secolo, la seconda affacciandosi all’elite del calcio nazionale per la prima volta nella sua storia. E accomunate inoltre dall’aver avuto dal calendario l’opportunità di confrontarsi più o meno all’alba del campionato con l’Inter di Luciano Spalletti.

La compagine ferrarese è passata dall’esame nerazzurro, meritandosi tanti elogi nonostante la sconfitta. Scesa in campo in maniera abbastanza garibaldina, la squadra di Leonardo Semplici ha dato del filo da torcere ai nerazzurri prima di uscire da San Siro comunque a mani vuote. E anche successivamente gli estensi hanno dato dimostrazioni di buon calcio, ottenendo certamente meno del meritato. Discorso diverso, purtroppo, per la formazione sannita, il cui impatto con la nuova realtà è stato alquanto traumatico. E dire che l’inizio non era stato malaccio, tra il sogno di un’impresa a Marassi cullato fino a pochi istanti dalla fine del match contro la Sampdoria e due sconfitte interne un po’ beffarde, per diversi motivi, contro Bologna e Torino. Ma i giallorossi sono ancora a secco di punti e sono reduci da due pesantissime battute d’arresto contro Napoli e Roma.

Zero alla voce punti, uno alla voce gol fatti: ecco gli impietosi numeri della squadra di Marco Baroni, tecnico che quest’oggi giocherà al rischiatutto mettendo in palio la propria panchina nel match contro l’Inter. Che arriva in Campania per un impegno dipinto giocoforza come abbordabile. Ma guai per Mauro Icardi e compagni pensare di avere già chiuso in anticipo la pratica: è zeppa la storia anche recentissima dei nerazzurri di flop clamorosi contro squadre sulla carta tecnicamente inferiori ai nerazzurri che però tante volte in circostanze hanno peccato in maniera letale di superbia finendo puntualmente puniti. E bene ha fatto Luciano Spalletti a sottolineare in conferenza  stampa come ciò che devono fare i suoi uomini è continuare a pedalare forte specie adesso che bisogna ancora migliorare e l’asticella comincia progressivamente ad alzarsi, considerando che dopo la pausa l’Inter è attesa dal primo vero strappo stagionale con il derby e la partita contro il Napoli ‘stellare’ (Lucio dixit) di Maurizio Sarri a stretto giro di posta.

Conferenza nel corso della quale il tecnico di Certaldo si è soffermato a lungo su un tema che, volenti o nolenti, finisce con l’essere sempre caldissimo in orbita interista: Mauro Icardi. Un solo gol, peraltro su calcio di rigore, salvarisultato contro il Bologna e poco o nulla d’altro in questo ultimo mese: tanto è bastato per far ripartire il solito coro di critiche, considerazioni, addirittura allarmi. È vero, l’Icardi di questo ultimo periodo è apparso lontano parente di quello visto anche solo nelle primissime battute di campionato, capace di mettere a segno due doppiette nelle prime due partite. È tornato, per dire, l’Icardi al quale diventa fin troppo facile prendere le misure, al punto che i difensori avversari ne interpretano talmente bene le intenzioni da poterlo fermare senza nemmeno ricorrere alle cattive, come testimonia la virgola alla voce falli subiti negli ultimi incontri. 

Un passo indietro evidente, ma fisologico, e di certo non interpretabile come una fase d’involuzione: questo, in sintesi, lo Spalletti-pensiero sull’attaccante argentino. Per il quale ha speso parole al miele, definendolo uno degli attaccanti d’area più forti che abbia mai visto, ma ha anche sottolineato come adesso il suo compito consista anche nel venire incontro all’azione aiutando i compagni che tante volte non riescono ad assecondarlo e fare il suo gioco, auspicando una sorta di ‘mutuo soccorso’ tra reparti. Con il Genoa, nell’ultimo match di campionato, qualche segnale confortante si è visto: basti pensare a quel salvataggio clamoroso nella propria area con il quale ha negato ad Aleandro Rosi un gol praticamente fatto.

Rimane ancora qualche problema sull’altro fronte, e qui il dibattito potrebbe avere anche prospettive più ampie; ad esempio potrebbero legittimarsi i dubbi sul fatto che il 4-2-3-1, modulo che ormai accompagna da diverse stagioni l’Inter, sia effettivamente l’abito ideale da cucire sul modello nerazzurro, visto e considerato che le caratteristiche offensive di Icardi difficilmente si conciliano con quelle che sono le necessità del terzetto alle sue spalle, specie del trequartista che a volte deve trovarsi di fronte a spazi intoppati e allora cercare fortuna sulle corsie esterne come spesso è accaduto, per dire, a Joao Mario

Mauro Icardi rappresenta indubbiamente il giocatore emblema di questa Inter, più volte coi suoi gol ha saputo togliere le castagne dal fuoco nelle situazioni più difficili e dai suoi gol passa anche l’ambizione di Champions della squadra nerazzurra. Tutti, a partire da Luciano Spalletti, si fidano ciecamente di lui, ma adesso tocca a lui riprendere la marcia e fare l’Icardi, l’Icardi che il tecnico vuole vedere in campo: rapace di gol e valido sostegno alla manovra. Anche perché all’orizzonte, dopo Benevento, ci sono due gare importantissime e il suo apporto sarà cruciale come non mai. 


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