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Fuori dalla quarantena: l'Inter di Conte tra presente e futuro

di Alessandro Cavasinni

Facciamo finta per un attimo che non ci sia alcun coronavirus, nessuna quarantena. Cancelliamo queste ultime terribili settimane e parliamo di calcio, soltanto di calcio. Diciamoci la verità: siamo tutti francamente stufi di leggere editoriali sottomessi e cupi, che trattano temi ormai fin troppo noti ai più. Tanto ormai l'abbiamo capito: la stagione calcistica è andata a farsi benedire e, anche nel remoto caso che si torni a giocare in estate, sarebbe comunque tutto falsato. Per carità, vitale per i conti dei club e per la sostenibilità del sistema, ci mancherebbe. Ma sportivamente non ci sarebbe una briciola di verità.

E allora spingiamoci oltre, turiamoci il naso e pensiamo alla stagione che verrà, quella della rinascita (si spera). Un giudizio sull'Inter di Conte? Sospeso, per ovvie ragioni. Ma certamente più positivo che altro. C'erano vari dubbi che accompagnavano l'avvento del tecnico salentino sulla panchina nerazzurra e due erano quelli più evidenti: l'approccio tecnico e il clima ambientale. Sul secondo, poco da dire: il popolo nerazzurro ha fin da subito supportato Conte, bravo dal canto suo a farsi voler bene, comportandosi da professionista senza rinnegare il passato juventino ma, al tempo stesso, senza neppure farne un punto di criticità come capitò ad esempio a Marcello Lippi. Diverso il discorso di campo. Non poche le difficoltà iniziali nel resettare una rosa basata per anni sulla difesa a quattro e su un'unica punta. Alla lunga, però, la mutazione ha dato i suoi frutti, anche se non totalmente. E i risultati? Molto bene in campionato, così così in Champions, non giudicabili pienamente Coppa Italia ed Europa League.

In generale, è accaduto quasi tutto quello che ci si può aspettare all'inizio di un nuovo percorso. Ciò che conforta è soprattutto il dato di solidità in Serie A, reso visibile dai pochissimi gol incassati e dai ko patiti solo con Juve (due, di cui il secondo in un match fantasma) e Lazio, e quello della personalità, mostrato anche in cattedrali quali il Camp Nou e il Westfalenstadion.

Cosa manca all'Inter per tornare davvero grande? La strada è tracciata, ma senza dubbio occorre l'inserimento di altri elementi di spessore elevato sia a livello tecnico che di testa. Elementi funzionali e al contempo di qualità superiore. In estate, dunque, ci sarà certamente da integrare il reparto difensivo nel caso in cui Godin dovesse davvero dire addio: Vertonghen sarebbe un arrivo prezioso, Kumbulla un tassello anche in prospettiva. In particolare, ci sarà da puntellare le fasce con giocatori potenzialmente titolari: nulla da togliere a chi c'è adesso, ma è evidente che il Marcos Alonso di turno sarebbe accolto a braccia aperte da Conte. In mezzo, più che guardare a nuovi arrivi, sarà invece il caso di incastrare alla perfezione nello scacchiere rodato il talento di Eriksen, uno che può far svoltare seriamente una squadra. In attacco, infine, oltre al sicuro arrivo di un vice-Lukaku (Giroud?), tutto dipenderà da Lautaro. Resta? Parte? Chissà. Certamente Marotta non si lascerà trovare impreparato. Aubameyang e Werner sono nomi che non farebbero rimpiangere El Toro, sebbene ancora nessuno in società abbia ancora preso seriamente in considerazione il suo addio. E chissà se mai lo si farà.


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