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Giorni da trincea

di Lapo De Carlo

Non so spiegare bene cosa sia realmente accaduto ma intorno all'Inter si è come materializzata una tempesta perfetta, una combustione senza miccia con incidenti fisici e diplomatici che hanno creato un perfetto stress test per società e squadra.

Partiamo dalle polemiche che hanno coinvolto Conte e la società in modo dirompente, tanto quanto sorprendente.

La virulenza e la volgarità dei toni è il vero elemento di novità nel linguaggio che generalmente appartiene più al bar e agli sfottò tra amici ma il resto di quello che è capitato trascende totalmente e mette persino in secondo piano i torti e le ragioni.

La frustrazione nasce anche dall'impotenza per non poter giocare alla pari con la Juventus e ora anche la Lazio, considerando che gli infortunati continuano a restare tali e la rosa resta corta, a prescindere da quello che l'opinione pubblica rilancia solo come una forma di vittimismo di un tecnico che non si accontenta.

La nettissima sensazione in queste settimane è che la critica nei confronti dell'Inter nasca, più o meno come ai tempi di Mourinho, non da presupposti tecnici e obiettivi ma da una malcelata antipatia verso un allenatore che, nel corso della sua carriera, per diversi motivi, ha generato parecchi detrattori tout court.

Naturalmente si tratta solo di una percezione tifoidea, ma leggendo diversi titoli si trova nei confronti della società un astio con pochi precedenti, anche perché ingiustificato, nel senso che si è alimentato da solo, senza provocazioni, queste al contrario sono arrivate dall'esterno, come nell'occasione della forzatissima polemica legata alla decisione di trattenere Esposito senza fargli fare i Mondiali Under 20, perché all'Inter mancava una punta di riserva.

Arrivando invece al reparto tecnico, nel giro di due settimane l'Inter ha intrapreso la strada delle prime delusioni, più che giustificate in termini di risultati, ma ha anche affrontato un impegno decisivo con il Barcellona scoprendo definitivamente che se le manca il centrocampo titolare la panchina non è in grado di esprimere lo stesso valore.

Sono diversi anni che a dicembre l'Inter esaurisce le energie fisiche e nervose, tuttavia la differenza è che in questa stagione c'è una netta sensazione che la squadra in campo dia, a prescindere, tutto quello che ha in corpo.

Il problema è che sabato ad esempio scenderà in campo una squadra che ha pochissime armi per poter battere persino il Genoa in casa, se consideriamo che manca tre quarti della squadra titolare e l'unico reparto intatto resta la difesa.

Ci siamo tutti convinti che l'Inter possa lottare per lo scudetto ma ci siamo anche accorti in fretta come la rosa sia fragile e vulnerabile e che, per recuperare gli infortunati, non bastano una o due settimane ma addirittura due o tre mesi come nel caso di Sensi e Sanchez o di un Asamoah che questa stagione sta giocando pochissimo per le precarie condizioni fisiche.

A prescindere da che risultato l'Inter riuscirà a portare a casa con i liguri sarà bene che provi a fare il mercato già a inizio gennaio perché prima arrivano rinforzi è più speranze ci sono di poter riuscire davvero a vincere qualcosa quest'anno.

Nota a margine: ho letto critiche sconcertanti a Skriniar che ha giocato tutte le partite in un modulo che, tra l'altro, non ha mai interpretato prima di questa stagione. Giusto arrabbiarsi con lui per non aver commesso il fallo che avrebbe portato l'Inter a vincere giustamente a Firenze, ma sentire tifosi che gli danno del sopravvalutato e dell'incapace è roba da sangue al cervello.

Quanto a Lukaku i toni sono praticamente gli stessi, con la differenza che molto probabilmente per caratteristiche del giocatore, l'esasperazione dei contenuti nei suoi confronti, invece di cessare già la prossima partita, persisterà per tutta la permanenza della sua vita in nerazzurro.

È successo da Altobelli, è accaduto a Bobo Vieri e a tanti altri prima di lui, con giudizi trancianti di larga parte della tifoseria che rinuncia all'idea del compromesso ed è disposta a dare del bidone o del fenomeno senza via di mezzo.

Amala.


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