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Gli avvoltoi, tutti su di noi...

di Fabio Costantino

“Gli avvoltoi, tutti su di noi...”. Frase di una delle prime canzoni degli 883, quando Mauro Repetto ballava sulle parole di Max Pezzali. Quest’ultimo, tra l’altro, è un convinto tifoso nerazzurro. Cosa c’entra questa canzone, intitolata proprio “Gli Avvoltoi”, con l’Inter? C’entra, eccome, se si prende in considerazione il comportamento di certi personaggi che vivono ai margini del mondo del pallone, almeno di quello che gli appassionati amano, ma lo dirottano a proprio piacimento, mortificando anche l’affetto della gente, genuino e reale, nei confronti dei loro beniamini. Il riferimento, legato esclusivamente a determinati comportamenti, è ai procuratori dei calciatori, o almeno ad alcuni di essi che istigano i loro assistiti a tradire la maglia che indossano per seguire l’odore dei soldi. Oggi è una legge non scritta: il campione, una volta che ha raggiunto la consapevolezza di esserlo (o che qualcuno gliel’ha inculcato nella zucca...), alza la mano e chiede un ritocco dell’ingaggio degno dei suoi servigi, talvolta sopravvalutati. Altrimenti? Altrimenti gira spalle e se ne va dove presidenti scialacquatori o mecenati del calcio sono pronti ad accontentarli nella speranza che risolvano in un attimo tutti i problemi della loro squadra. Ci troviamo, in tal senso, di fronte al cosiddetto ricatto economico, in un’epoca in cui i contratti valgono davvero quanto carta straccia. Come fare a non disamorarsi dei propri idoli, di fronte a certe situazioni?

Nello specifico, in via Durini si trovano a competere con due professionisti del calibro di Raiola e Caliendo, procuratori molto potenti e influenti, che stanno letteralmente ostacolando il lavoro della società e la crescita calcistica dell’Inter. Il primo ha convinto Ibrahimovic di meritare altri palcoscenici internazionali (e altri stipendi) come se l’Inter fosse l’ultimo dei club in Europa (e come se all’estero potessero offrirgli più dei 13 milioni che guadagna oggi...). Per fortuna, poi, ha capito che il polverone che stava sollevando poteva travolgere lui e lo svedese, e ha fatto marcia indietro. Nessuna ritrattazione invece sulla posizione di Maxwell, diventato ormai un caso irrecuperabile per la società nerazzurra. Il brasiliano farà le valigie a fine stagione, ancora un grosso punto interrogativo sulla prossima destinazione. Difficile credere che le polemiche esposte da Raiola siano frutto di una sua imbeccata. Più semplice, invece, immaginare che l’agente abbia tradotto in soldoni il suo malumore, attaccando apertamente Mourinho e definendolo il colpevole dell’addio del terzino. Nelle ultime ore è entrato in scena anche il buon Antonio Caliendo, vecchia volpe della sua categoria, che ha ipotizzato un futuro lontano dall’Inter per Maicon, il quale solo fino a qualche giorno fa dichiarava amore eterno ai colori nerazzurri e parlava di una sua presenza da protagonista nella squadra di Mourinho. Cos’è successo da allora? Non è che le prestazioni dell’esterno brasiliano siano migliorate al punto da pretendere un trattamento di riguardo così improvvisamente, anzi. Ora Maicon tornerà dal Brasile con un problema muscolare non da poco, che potrebbe influire sul prosieguo della stagione interista.

Non è un mistero che il 27enne da Criciuma sia un punto di forza dell’Inter e il contratto da lui rinnovato poco tempo fa fino al 2013 conferma la stima che in via Durini nutrono nei suoi confronti. Francamente, è difficile definire smaliziate le parole di Caliendo, che evidenzia l’interesse di grandi club europei per il suo assistito e invita implicitamente Moratti a ritoccare lo stipendio del giocatore, cosa già avvenuta in tempi non sospetti. Conoscendo Maicon, difficilmente certe idee sono partite dalla sua testa, piuttosto da un grillo parlante che così non cura i suoi interessi, ma rischia di mettere in crisi un rapporto, quello con società e tifosi, fatto di affetto e senso di appartenenza. Raiola e Caliendo si sono, in pratica, passati il testimone di una staffetta che riempie di ostacoli le strategie nerazzurre per il futuro, solo per spillare altri soldi al patron Moratti, approfittando della sua tradizionale generosità. Una virtù che, di questi tempi, è diventata un lusso anche per lui, che ha scelto di non accettare pretese fuori luogo né di chinare il capo a fronte di minacce più o meno velate. È finito il tempo dei ponti d’oro, oggi c’è un dovere morale che induce a farsi i conti in tasca prima di scialacquare denaro. Soprattutto quando a bussare alla propria porta viene un rappresentante di chi già guadagna abbastanza solo per giocare a pallone. E' arrivato il momento di fare un esame di coscienza, da parte di tutti gli addetti ai lavori, a prescindere che si tratti di giocatori pretenziosi, procuratori arrivisti o presidenti spendaccioni. Il calcio mondo del calcio è diventato un teatrino in cui si fa a gara a chi riceve più applausi e chi lo comunica approfitta spesso biecamente di tali situazioni, con l'obiettivo di sviluppare polemiche a dismisura. Se il fair play venisse trasferito anche fuori dal campo, oggi tutti potrebbero vivere questo bellissimo sport più serenamente, al di là del colore della maglia o del conto in banca. E disgusta il pensiero che questa sia solo un'utopia...


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