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Golfisti e tavolate

di Giorgio Ravaioli

E' ufficiale. Il campionato 2011-12 verra' illustrato ai posteri come l'anno in cui un giocatore si staglio' di parecchie incollature dal gruppone dell'amorfo tran-tran domenicale, dominando cronache e intrigando con le sue gesta appassionati, critici e retroscenisti. Pronunciamo il suo nome animati dalla speranza di essere all'altezza di tanta fama, noi tapini, vittime di un inesorabile ridimensionamento: Simone Pepe. Beh, non avevamo la pretesa certo di erogare una notizia sconvolgente, anzi ammettiamo di porre una certa sottolineatura su una non notizia, ma la parabola sportiva di questo promettente carneade ventottenne contiene e spiega il momento del calcio meglio di tante analisi scoccate in una prolusione di contenuti economici, di vizi storici e indagini sulla superiorita' strutturale dei giardini verdissimi dei vicini che sappiamo. Sprinta, segna gol decisivi con la cadenza di un bomber straordinario, lascia il segno della propria legittma esultanza partita dopo partita con birdies che sorvolano abbondantemente le tribune. Protagonista tra i protagonisti che sigillano in un meritato primato il riordino delle gerarchie tricolori nella repubblica del post- calciopololi. Bonucci, Barzagli, Lichsteiner, Vidal e chi ne ha piu' ne metta: insomma campioni.

Magari non come lui -ci mancherebbe-. Questo nuovo che avanza si lascia alle spalle perfino la sedicente armata dell'ex premier ed ancor di piu' noi, avvinti al malinconico almanaccare sul tempo che e' stato, anzi che fu. Sì, perche' le riflessioni sull'oggi rischiano di immalinconirci al punto che la parola chiave, ovvero il succitato ridimensionamento, con la quale tutto il nostro ambiente dimostra ormai una dimessa e rassegnata familiarita' tende a svaporare a favore di una ben piu' compromettente che suona cosi': frustazione. Almeno per chi scrive l'andamento della partita di Siena ha rappresentato una stazione dolorosissima della Via Crucis verso cui si e' incamminato questo campionato di Siimone e i suoi fratelli. Nemmeno il gol-trovato a pochi secondi dal termine ha saputo improntare un diverso calco alle valutazioni in quanto nemmeno l'emotiva soddisfazione per i due punti rastrellati  alla disperata e' perdurata oltre il quarto d'ora accademico che separa il tifoso equilibrato dal rinsavimento. Purtroppo, come in ogni Calvario che si rispetti, non e' mancata neppure la spugnatura d'aceto e ci ha pensato ancora una volta, con ineguagliabile tempismo, il messaggero delle notizie ferali, il direttore generale Ernesto Paolillo, ad informarci nelle ore successive al match che l'organico va bene cosi'.

Bene prendiamo nota e atto che i destini futuri dipendono dalla crescita tecnica ed agonistica di Alvarez, da quella percentile di Coutinho -l'unico che ha colpi da potenziale titolare tra i presunti astri nascenti del firmamento nerazzurro- e dall'esplosione di Castaignos. Poco in un panorama nel quale i fuoriclasse residui, Maicon e Snejider, hanno unilateralmente ridisegnato il contratto che li lega alla societa' trasformandosi in lavoratori stagionali e in cui il gruppo dell'asado, fino ad un anno e mezzo fa asado sicuro, e' all'ultimissima spremitura di fantoio.
La lunga marcia dei ragazzi di Ranieri verso l'area senese fatta di fraseggi orizzontali privi di costrutto, di un'idea di gioco, ci ha mostrato ancora una volta un attacco troppo leggero ed evanescente (in campionato Pazzini e Milito non segnano da oltre 2 mesi) e dietro centrocampisti aqquartierati nella terra di mezzo tra le due tre quarti a dosare gli spunti e gli inserimenti nel timore di non avere la forza di rientrare sulla palla persa. Poco per una squadra che quello che puo' dare lo esaurisce in 45'. Poco, troppo poco, per chi deve sopportare la spocchia di chi ostenta la propria superiorita' se quella superiorita', lacerante ed indiscutibile, si fonda su Simone Pepe e golfisti consimili.

Fiato alle trombe! Dopo avere resistito a lungo coi denti alle settimanali nomination della politica Silvio Berlusconi proprio dalla politica e' stato riparacadutato dopo l'eliminazione dal reality di Palazzo Chigi nello spicchio di mondo che riesce ancora - seppur con molti sforzi - ad offrirne un'immagine tutto sommato intonsa. Non potendolo piu' fare alla" Zanzara" di Cruciani dove gli uomini copertina sono ormai ben altri, si e' rivolto a  Vespa per rinverdire il proprio ruolo di patron rossonero. Con tanto di proclama annunciato tra le frasi complici -in tutti i sensi- ed i nei del padrone di casa: torno alla presidenza del Milan. Il tutto corredato, come era prevedibile conoscendo il soggetto, da un'orgia di retorica e di autocelebrazione. "sono il Santiago Bernardeu italiano, ho vinto il doppio dei suoi titoli ecc. ecc.. A parte l'enunciazione di dati falsi e fin qui... (il punto di riferimento che si e' scelto ha in effetti vinto piu' di lui) chi avra' il coraggio di spegare a Pato, fino a pochi giorni fa vice-presidente in pectore, che è destinato a scivolare nelle retrovie della nomenclatura rossonera? Povero, ora, bene che vada, dovra' limitarsi ed accontentarsi del pectore della fidanzata.

Cominciano a filtrare i nomi degli invitati al cosidetto"tavolo della pace". La novita' e' che ci sara' anche Aurelio De Laurentis, scelto probabilmente come esperto del genere in quanto e' chiaro che dopo pochi minuti verra' fuori un cinema della madonna. Non vi partecipera' invece il geom/dott Adriano Galliani impegnato in una Messa di suffragio in ricordo di Giovanni Paolo II per la cui morte non si dava pace quando l'evento attraverso' le giornate di campionato-che blocco' per l'incontenibile dispiacere - e dimostra di non darsi pace ancora oggi quando fuori dalla Lega Calcio mormora: ah, Karolitos, Karolitos... Assente giustificato.


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