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Ha ragione Acerbi

di Egle Patanè

Un gol per un punto. L'Inter non va oltre il pari al Ferraris di Marassi, a Genova, dove contro gli uomini di Gilardino ancora una volta la vittoria per una big non è scontata e dopo l'1-1 strappato alla Juventus, il Grifone ferma anche la capolista. Gol di Dragusin al 47esimo che replica alla prima rete campionato di Marko Arnautovic e palla al centro. Palla ma anche risultato e alla fine dell'ultima sfida del 2023 l'Inter non sorride e Inzaghi si presenta ai microfoni senza il solito ghigno soddisfatto che ne contraddistingue i post-gara ed è tutto un "se non avessimo preso quel gol che normalmente non prendiamo" che sa certamente più di analisi che di alibi, ma pur sempre vana. "I ragazzi hanno messo tutto - ha poi detto Inzaghi -, chiudiamo il 2023 con un’ottima classifica ma sappiamo che ogni partita porta insidie come questa". 

Una frase che racchiude tutto, il cui significato e risonanza tuonano ancora più forti ascoltando (o leggendo) le parole di un saggio Francesco Acerbi che sempre a margine del pari col Genoa si toglie qualche sassolino dalle scarpe: "Noi i più forti del campionato? Sì, come gruppo abbiamo la forza di dire di poter competere con tutti. Però ricordo alla gente che dice che l'Inter è la squadra più forte del campionato che come sono arrivati tanti giocatori forti, sono andati via tanti giocatori forti" - e che ad agosto si parlava di tutt'altro (aggiungeremmo) -. La Juventus ha speso 200 milioni per gente come Bremer, Chiesa e Vlahovic; noi abbiamo preso dei parametri zero. Dobbiamo essere equilibrati, sappiamo chi siamo e cosa vogliamo; speriamo di fare qualcosa di importante che è nelle nostre corde". Se fosse un post social, sarebbe muto. Ma l'ex Lazio a quanto pare sa sempre trovare tempo e posizione per erigere un muro difensivo. Difendere prima di attaccare ed è ciò che Ace ha fatto ieri sera fuori quanto dentro al campo, perché la pretesa di asticella alta nei confronti di questo gruppo è lecita ma fino ad un certo punto e prima di accollarsi un "fallimento Inter" spiattellato in ogni prima pagina della Nazione meglio sottolineare: la seconda stella è l'obiettivo e il sogno, ma non l'ossessione e come tale va  perseguito. Né più, né meno. Tradotto: questa Inter ha l'obbligo di vincere quante più gare possibile per conseguire un risultato che ad oggi, per quanto dimostrato fino a questo momento, ha ampiamente facoltà di raggiungere, il ché non implica crocifiggerla ogni qualvolta la vittoria non arriva. Qualvolta che finora si è verificato solo 8 volte: con Bologna, Sassuolo, Juventus e Genoa in campionato, ancora Bologna, Real Sociedad e Benfica nelle Coppe. Un dato che fa dormire sogni sereni alla capolista che, ben conscia della capacità dei propri mezzi, è consapevole e amareggiata più di chi scrive di aver potuto far meglio nei sopraccitati impegni. Conscia... appunto. Ed è con altrettanta coscienza che Acerbi parla: Inter la più forte del campionato e obbligata, a dicembre, a vincerle tutte mentre ad agosto si puntava su chi aveva sbandierato colpi di mercato che facevano partire proclami di scudetto? A regola, c'è qualcosa che quadra poco, o forse, che viene fatto quadrare perfettamente solo con sapienti lavori di bricolage. 

Ma questo è un altro discorso che l'Inter chiude in partenza, incassa l'1-1 di Dragusin con la consapevolezza di dare alla Juve la possibilità di accorciare e va avanti per la sua strada chiudendo con serenità un anno che ha dato più di quanto tolto, al netto di un terzo posto in classifica e una finale di Champions persa contro degli alieni umanizzati nei 90 minuti di scontro ma pur sempre persa, ko peraltro arrivato dopo aver per oltre settanta minuti assaporato la sensazione di potercela fare; un primo posto tutto da difendere e salvaguardare in questa nuova corsa, un ottavo di finale da giocare contro una squadra arcigna e una Coppa Italia salutata anzitempo. Un giudizio dunque che non lascia incolpevoli i nerazzurri pur soddisfacendoli e che, ancor di più, rende loro più consapevoli e maturi di quanto potessero mai immaginare lo scorso anno di questi tempi. E allora avrà avuto ragione Acerbi nel post partita del Genoa, "sappiamo chi siamo e cosa vogliamo". E prima di ogni altra cosa l'Inter vuole l'Inter. Lo sanno bene quelli degli ultimi piani del 'The Corner', e se ad ogni fine succede un nuovo inizio, al numero 18 di Viale della Liberazione hanno voluto strafare e, all'alba di questo lungo addio ad un anno che ha dato a questa squadra la vera essenza di sé stessa, hanno tracciato un segmento di una retta ancora tutta da percorrere. Retta che si chiama Inter, segmento che porta tre primi punti da cui cominciare: Dimarco, Darmian, Mkhitaryan.

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