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Ho fatto un sogno...

di Giorgio Ravaioli

Sarò impopolare, Lo so. Come non dileggiare le tricoteuses avversarie dopo la vittoria di martedi con un titolo tipo "zitti e Mosca"? Nell'immediato dopo partita avrei tirato fuori questa carta dal mazzo, oggi la rimetto in mezzo alle altre lestamente, con un dubbio. E' possibile auspicare che le gare una volta vinte non si debbano rimettere in discussione per doverle poi rivincere? Se va bene... E perche' dalle nostre parti uno strumento straordinario come l'impresa, diviene troppo spesso un passaggio ordinario anche quando non ce ne sarebbe affatto bisogno? La prendo un po' larga, forse per accattivarmi la vostra indulgenza. Come diceva Dario Fo, cominciamo senz'altro.

Non mi è mai saltato in mente di conferire anche una parte marginale del mio tempo ad un programma di Gigi Marzullo. Non che i nostri orari non coincidano, purtroppo, ma ci ha diviso quel provvidenziale diaframma costituito dal suo aspetto fisico per cui senza nemmeno praticarlo posso dire di averne avuto da sempre e per sempre fin sopra i capelli. I suoi. Ma se sdegnosamente e definitivamente l'ho scansato, non ho potuto fare a meno pochi giorni fa di misurarmi con l'interrogativo lancinante con cui si sostanzia - e si esaurisce - l'opera a futura memoria del nostro. "La vita e' un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio". Non avrei voluto mai sollevare una tale questione dalla quale credevo di essermi snobisticamente sollevato, ma proprio l'altra notte il pensiero è corso verso questa frase per conto proprio, e allora ho temuto che si potesse sfracellare nella mia incapacita' di dare una risposta. Che invece ho elaborato. Eccome, Ma ve la dico alla fine.

E il sogno, direte voi? Eh, il sogno era questo, La societa' che amo - l'Inter per chi avesse qualche dubbio - era una societa' normale. Avete capito? Normale. In quell'istantanea li avevo tutti di fronte, ci eravamo tutti, perfino noi aficionados. Ma eravamo tutti un po' diversi. Massimo Moratti, come nella realta', irradiava un carisma sparato sui presenti tra cui molti giornalisti, restii per soggezione ad avvicinarlo sulle minimalita' del quotidiano, giudizi sul proprio allenatore e trappoloni verbali assortiti. E qui la realta' come sappiamo è ben diversa. Nel sogno, un direttore generale ugualmente a suo agio nel ruolo di uomo di campo e di apparato, era parte nostra e controparte altrui, giornalisti di prima compresi, con precisa definizione dei propri compiti, primi fra tutti dare ordine ed imporre rispetto alla societa'. Da parte di tutti, parti e contoparti sopra citate. La faccia non era quella di Ernesto Paolillo a meno di comprensibili vuoti o errori di ristruzione. E in ultimo c'eravamo noi, imbandierati, senza cugini e senza essere mai stati in B. Ma, insisto, diversi. Polemici contro gli avversari e mai verso il nostro bene comune, acuti come sempre ma vicini a chi ci ha dato tanto senza fermarci alla prima osteria, quella piu' comoda da raggiungere, del "l'e' tutto sbagliato l'e' tutto da rifare" al primo risultato negativo e dell'esaltazione sfrenata ed effimera in circostanze opposte.

Ah, prima che mi dimentichi, c'era anche Lele Oriali col maglione bianco a collo alto sotto la camicia abbracciato a Jose' Mourinho, lui solo di passaggio, che questa volta si dava del pirla per averci mollato. E con Marzullo come la mettiamo? Beh, se mai un giorno, magari per strada, me lo chiedera', gli diro' che i sogni sono semplicemente desideri come ben sapeva Walt Disney. Almeno i miei.


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