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I gufi non sono quello che sembrano

di Alessandro Cavasinni

Curioso constatare come certe parole tornino di moda improvvisamente. A chi non è mai successo di non sentire un determinato nome per svariati anni per poi riascoltarlo più d'una volta a stretto giro di posta?

Da quel 9 gennaio 1991 sono passati oltre 26 anni: Canale 5 mandò in onda proprio quella sera la prima puntata de 'I segreti di Twin Peaks'. La domanda "Chi ha ucciso Laura Palmer?" prese dimora nella testa degli italiani per mesi e mesi. L'Inter perdeva lo scudetto in favore della Samp, ma vinceva la Coppa Uefa in finale con la Roma. Erano gli anni di Trapattoni, Zenga, Berti e Matthäus. La Juventus, invece, finì mestamente il campionato 90/91 al 7° posto.

David Lynch ha riportato in questi giorni sugli schermi degli italiani la nuovissima e attesissima terza stagione di Twin Peaks. Adesso è l'Inter ad aver chiuso al 7° posto, mentre la Juve non ha potuto godere totalmente dell'accoppiata scudetto-Coppa Italia a causa dell'ennesimo ko in una finale di Champions League.

Il comun denominatore tra il 1991 e il 2017? I gufi. I gufi sono protagonisti nella cittadina di Twin Peaks e sono diventati protagonisti anche del mondo pallonaro italiano, soprattutto di quello parlato. "I gufi non sono quello che sembrano", ci svelano i personaggi della splendida serie-tv di Lynch. E lo stesso possiamo dire noi sull'argomento calcistico.

"I caroselli anti-Juve? Producono in me una specie di orgoglio, sono contento di non essere così", ha detto Gianluigi Buffon in una recente intervista. I gufi del calcio non sono come quelli di Twin Peaks; non sono involucri sfruttati da entità non terrestri. No. I gufi sono quelli che "tifano contro" una certa squadra. E per questo motivo vengono messi all'indice.

Sarebbe interessante capire il motivo di questa levata di scudi, divenuta abnorme dopo il 4-1 del Real Madrid a Cardiff. Quale sarebbe il reato che commette chi gufa? "Bisogna tifare le squadre italiane", ci hanno ripetuto fino alla nausea. Ma non ci forniscono mai alcuna spiegazione plausibile. E' chiaro che dia fastidio veder godere un altro delle tue disgrazie sportive, ma dove sarebbe il dolo? Dove sta scritto che uno debba tifare una squadra italiana quando gioca fuori dai confini nazionali? Non mi pare ci sia alcuna norma che lo imponga. E non esiste nemmeno alcuna legge morale che mi impedisca di avere in simpatia l'Athletic Bilbao più che il Napoli, il Porto più che la Roma, il Werder Brema più che il Milan. Finanche la Nuova Zelanda più che l'Italia stessa. De gustibus non est dispuntandum.

Si potrebbe ipotizzare che coloro i quali demonizzano il tifo per squadre straniere di fronte a club italiani siano pervasi da una sorta di sentimento nazionalista. Per cui, si pende semplicemente dalla parte del passaporto. E allora come giustificare un tale di Roma che tifa Juve? E uno di Milano che tifa Napoli? E uno di Palermo che tifa Genoa? Forse questi signori vogliono convincerci che da adesso gli abitanti di Ferrara, in vista del prossimo campionato, dovranno rinunciare alla propria fede calcistica e tifare tassativamente Spal? Perché poi il paradosso ci porta a questo. Io sono di Avezzano e tifo Inter. Qualora l'Avezzano dovesse arrivare in Serie A e affrontare l'Inter, io dovrei tifare biancoverde?

Si capisce bene come non ci sia alcun senso nella rivendicazione del tifo geografico. Siamo liberi. E lo saremo sempre.

Non sarà forse che il vero problema di chi attacca i gufi sia quello del fastidio nel vederli gioire di una propria debacle? Ci sta, ma va accettato. E' lo sport e non c'è nulla di male. E' normalissimo gufare una propria rivale, perché l'insuccesso del mio antagonista corrisponde indirettamente a un mio successo. Nel caso di specie della Juventus, il discorso è evidente: più la Juve continua a vincere, più guadagna in convinzione, appeal e denaro, e più le altre squadre si indeboliscono. Non a caso, nell'ultimo mercato, i bianconeri hanno estirpato Pjanic dalla Roma e Higuain dal Napoli: esempio lampante. Banale comprendere il concetto: il cosiddetto "tifo contro" – in realtà – non è altro che tifo a favore dei propri colori. Indirettamente quanto si vuole, ma lo è. Eccome se lo è. Questo al netto di un'antipatia legittima e non sindacabile che può anche andare al di là di queste dinamiche puramente di convenienza sportiva. Chi mi vieta di avere in antipatia il Sunderland? O il Palmeiras? O la Dinamo Dresda?

Se poi la predica arriva pure da chi nel maggio 2013 sventolava con fierezza uno striscione dedicato a un maggio di ben 11 anni prima (in chiaro dileggio verso gli acerrimi rivali), è evidente che qualcosa nel ragionamento non torna. E non torna semplicemente perché non può tornare. Perché manca la risposta alla domanda "Perché non si può gufare?".

Diffidate, dunque. I gufi non sono quello che sembrano.


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