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Icardi, meglio così che ipocrita. Ma la società faccia il suo gioco

di Maurizio Pizzoferrato

Il gol è l'essenza del calcio. La rete che si gonfia provoca un'emozione indescrivibile e che non può capire chi non è appassionato di questo gioco. Emozione che fa rima con gioia quando segna la tua squadra del cuore, mentre rasenta il dolore fisico quando segnano gli altri e senti il boato dei tifosi avversari. Specialmente, nel mio caso, in un derby o contro la Juventus.

Nella sua gloriosa storia l'Inter ha avuto il merito e la fortuna di annoverare tra le sue fila bomber di razza. Meazza, Lorenzi, Angelillo, Boninsegna, Altobelli, Ronaldo, Vieri, Ibrahimovic, Eto'o, Milito... Che musica, eh e mi perdonino quelli che non ho citato. Gente che l'ha buttata dentro in ogni modo e che ha contribuito a riempire la bacheca nerazzurra dei trofei ambiti dai tifosi. Oguno ha esultato alla sua maniera, ogni esultanza è stata figlia della sua epoca. Nell'Inter ora gioca al centro dell'attacco Mauro Icardi, 22 anni ancora da compiere, che "vede" la porta come i grandi bomber della tradizione nerazzurra. Nella sua prima stagione milanese, con Mazzarri in panchina, 22 presenze in campionato, una in Coppa Italia e 9 reti complessive. Quest'anno, titolare in pianta stabile con Mazzarri prima e Mancini poi, 22 presenze finora in campionato e già 13 centri all'attivo (uno in meno del capocannoniere Tevez) e altre 5 reti distribuite fra Coppa Italia ed Europa League. Chapeau.

Mauro Icardi, però, sembra essere un caso per l'Inter e non un valore aggiunto come le cifre indicherebbero. Icardi sembra far parte di quelle persone il cui modo di fare e agire sia il pretesto per attaccarle, sempre e comunque. Rapporto con Wanda Nara, quello con Maxi Lopez, i tatuaggi, l'uso o abuso di twitter, i figli, le foto. Il “nostro” non fa certo mancare gli argomenti a chi ama il gossip e probabilmente si compiace del fatto che si parli e si scriva della sua vita privata. Anche perché la sua immagine inizia a produrre tanto denaro. Ma spesso si esagera con il giudizio di pancia da dare in pasto al “popolo”.

Icardi è sotto la lente di ingrandimento anche per l'aspetto calcistico. “Segna tanto, è vero, ma non partecipa alla manovra”. A prescindere dalle verità tecnico-tattiche (non è un mistero che pure Mancini chieda al suo centravanti un certo tipo di movimenti che non vede), questo giudizio ormai è diventato uno slogan, un luogo comune, che lascia il tempo che trova. Mauro Icardi è persona difficile. In una sua recente intervista a Sportweek ha svelato che a lui il calcio non piace, non lo segue e lo ritiene solo un lavoro divertente. Non certo il massimo per chi ancora crede alle favole, ossia al giocatore bandiera, tifoso in campo. L'ultimo esemplare di questo genere, in casa Inter, ora svolge le mansioni di vicepresidente e si chiama Javier Zanetti.

A Icardi piace la vita, sorride a tutti, non è uno che tiene il broncio a prescindere, ma se ne frega di tutto e di tutti. È precoce, cresciuto forse troppo in fretta. Ma non è un superficiale, esprime concetti magari non condivisibili, ma con una base di logicità. Certo, non come a Reggio Emilia, quando ha sputato insulti gratuiti a chi si era solo rotto le scatole di incitare senza vedere un risultato. Ma il fatto che i “duri e puri” della Curva non lo abbiano subito scaricato come ad esempio successo con Balotelli, (la differenza tra i due messa in evidenza da un comunicato apparso sul sito degli ultrà), è la dimostrazione che il personaggio Icardi non risulti del tutto negativo anche a chi fa della maglia e dei colori una ragione di vita.

Dopo quanto successo contro il Sassuolo, c'era molta curiosità, anche morbosa, per verificare quale accoglienza riservasse al ragazzo la gente nerazzurra al Meazza contro il Palermo. Tutto tranquillo, a parte un generico striscione su rispetto e impegno rivolto a tutti. Lui decide comunque di fasi notare realizzando una doppietta alla sua maniera che indirizzava non poco la sospirata vittoria dell'Inter. Ma chi era a caccia di materiale per poter scrivere altre puntate del romanzo mauritiano, non è rimasto a mani vuote. Perché Mauro Icardi ha deciso non esultare. Lo ha fatto solo in occasione del gol di Guarin, suo compagno ribelle al Mapei Stadium, ma più che un'esultanza sembrava un gesto di affetto per uno che la domenica prima aveva vissuto la sua stessa avventura.

Quando l'ha buttata dentro due volte, non ha condiviso la gioia con il pubblico, ringraziava solo i compagni che lo andavano ad abbracciare. Motivo? Si sentiva ancora offeso per le maglia rilanciata indietro dai tifosi o ha lanciato un messaggio alla società per un rinnovo di contratto a cifre consone ad un bomber vero, seppur non amante del football? Il motivo lo avrà magari spiegato alla delegazione della Curva che lo aspettava domenica notte nel garage di San Siro e pare che anche in quella occasione le parti si siano chiarite. La prossima volta Icardi dovrebbe esultare. Comunque, meglio così che ipocriti. I finti bacia maglia non servono. 

Detto questo, la società dovrà ora gestire il giocatore da grande club. Decidendo di rinnovargli un contratto importante per puntare sui suoi gol anche in futuro o per monetizzare alla grande l'eventuale cessione che molti danno per scontata visti i nomi delle squadre pretendenti. L'addio rappresenterebbe purtroppo un epilogo frutto del cosiddetto calcio moderno, dove vige “l'usa e getta”. Staremo a vedere. Intanto forza Inter e forza Icardi. Con o senza esultanza.


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