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Icardi non è Batistuta. Icardi non è Belfodil

di Alessandro Cavasinni

Trasformare due opinioni differenti in lotta di religione è il mood dei social-network. Raramente ci si confronta in maniera costruttiva e troppo spesso si va allo scontro. Ed è ormai svariato tempo che ci si divide tra Icardisti e Antiicardisti: una guerra santa combattuta dai tifosi sul terreno del centravanti argentino. Spesso e volentieri, il detto "la verità sta sempre nel mezzo" si rivela essere una cagata pazzesca (per dirla alla Fantozzi), ma in questo caso si adagia alla realtà. Perché Mauro Icardi non è ancora 'un Batistuta', ma non è nemmeno 'un Belfodil'. Proviamo a spiegarci meglio.

Icardi arriva all'Inter con un'operazione ultra-intelligente, sia per costi che per lungimiranza. E chi giudica troppo onerosa la spesa di circa 13 milioni per l'allora 20enne di Rosario dovrà ben presto ricredersi. L'ex canterano del Barça aveva impressionato tutti gli osservatori nella stagione 2012-2013, quella del debutto in A con la Samp: 10 gol in 31 partite. L'Inter se lo porta a casa anticipando tutti e l'investimento è ben ripagato. In quattro anni di nerazzurro, Icardi realizza la bellezza di 71 gol in campionato: 9, 22, 16 e infine 24 reti. Poco da dire, insomma, sotto l'aspetto dei numeri. E' uno stoccatore sopraffino, uno di quelli che non si fa pregare davanti la porta. Sbaglia pochissimo e il suo fiuto negli ultimi sedici metri non ha nulla da invidiare ai migliori bomber della storia.

Le critiche mosse riguardano soprattutto quello che concerne il gioco di squadra. E, in effetti, da questo punto di vista si può decisamente migliorare. Assist a parte, a Icardi viene rimproverato non senza fondamento una certa pigrizia nel dialogare con i compagni, nell'abbassarsi a giocare palla, nel difendere la sfera spalle alla porta, nel diventare una soluzione quando occorre trovare direttamente la punta con l'avversario in pressione. Insomma, tutta quella lunga serie di qualità che si può riassumere nel concetto di ripulire palloni sporchi.

L'essenza di Icardi resterà sempre quella dell'attaccante rapace, uomo d'area, magari più adatto a giocare con una seconda punta di fianco che in mezzo a due esterni larghi. Però ciò non toglie che l'argentino possa fare un passo ulteriore nella sua crescita personale e provare a completarsi anche in altri fondamentali necessari se si vuole essere l'attaccante di un club che punta ai vertici. Il primo Icardi 'italiano', peraltro, aveva dato ampia dimostrazione di possedere tali doti, tanto alla Samp quanto in nerazzurro. Poi, evidentemente, qualcosa è cambiato e il suo stile di gioco, perfezionato nell'area avversaria, ne ha risentito nelle altre zone del campo.

D'altronde è quello che ha già ampiamente spiegato Spalletti: vanno benissimo i gol, ma non si può giocare solo 'a capanno'. Anche perché maggiore sarà il coinvolgimento nel gioco di squadra e maggiore sarà pure il numero di occasioni che poi i compagni andranno a confezionare per la punta.

Dunque, per chiudere, sbaglia chi lo descrive come un attaccante già completo, ma sbaglia pure chi lo declassa a punta mediocre. Ben consapevoli di attirarci senza via di scampo l'"ira funesta delle cagnette", sia di quelle a cui piace l'osso sia di quelle che l'hanno sputato via.


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