Il bene supremo
La cosa più fastidiosa, perché di vero fastidio si tratta, è rendersi conto quanto la gestione contiana sia, al momento, una delle più divisive nella storia dell’Inter e della sua tifoseria. O, almeno, nella storia che appartiene alla mia memoria. Qui non si tratta di stare da una parte del guado o dall’altra: e nemmeno di pensare oddio quanto è bravo Antonio oppure è un sopravvalutato e nulla più. Si tratta di non scordarsi il bene supremo, calcisticamente parlando sia chiaro, di noi tifosi: i colori della maglia. Il cielo e la notte. Tutto il resto, ma proprio tutto, passa in secondo piano.
La verità, mai come in questa situazione, sta nel mezzo. Sarebbe scorretto pensare che Antonio Conte abbia raggiunto il minimo traguardo auspicato all’inizio della scorsa stagione: ha messo in cascina gli stessi punti dell’Inter di Mou - anno 2010, con i quali all’epoca si vinse lo scudetto - e ha raggiunto una finale europea che ad Appiano Gentile mancava da giusto dieci anni, poco importa se il cammino verso la meta sia stato costellato di squadre non proprio annoverate nella lista delle “mi tremano i polsi se penso che la dobbiamo incontrare”. L’eliminazione diretta, spesso, racconta storie che con la logica del più forte hanno poco a che spartire, esempi da raccontare ce ne sono a decine.
D’altra parte sarebbe scorretto dimenticare le debacle nerazzurre nei momenti topici, sempre della stagione scorsa stiamo parlando, altrimenti la vicenda si racconta a spizzichi e bocconi. Persi quasi tutti gli scontri diretti, eliminati per due stagioni ai gironi di Champions, e se l’anno passato poteva pure starci quest’anno anche no, avevi di fronte un Real zoppicante a tratti e due squadre decisamente più deboli di te, partenza lenta e a singhiozzo, punti regalati alle avversarie perseguendo un’idea di calcio intrigante ma non fattibile con gli uomini a disposizione.
Ecco, per queste ragioni trovo deleterio il conflitto interno alla tifoseria. Ci sta la discussione, nulla fa parlare quanto il pallone, poco o nulla unisce quanto il pallone, nulla è trasversale quanto il pallone. Ma il tutto deve essere regolato, soppesato, ragionato. Se io penso che Antonio Conte abbia sbagliato, ad esempio, approccio e svolgimento della finale con il Siviglia non significa Antonio Conte è un incapace: significa, semplicemente, Antonio Conte, in quella circostanza, ha sbagliato. Nulla più. Perché di un essere umano stiamo parlando, non di un supereroe dei fumetti né di un mostro aniba con Antonio che fa Jeeg Robot d’acciaio.
Lo stesso discorso, dal mio opinabile punto di vista, va fatto riguardo la campagna acquisti/cessioni. Villa Bellini ha consegnato un allenatore più forte, inutile stare a girarci intorno, questo è, e una Società pronta ad avallare le scelte del tecnico, forse anche per liberarsi da quel senso di “eh, ma avessi avuto tizio e non caio sarebbe stato meglio” che ha aleggiato per i corridoi della sede nerazzurra lungo tutto l’arco della passata stagione sportiva. Io sono un fan di Eriksen: no, non un tifoso semplice del danese, proprio un fan sguaiato. Però, se nel campo visivo dell’allenatore dell’Inter, che è il bene supremo, sottolineamolo per l’ennesima volta, non è mai abbastanza, l’Eriksen di turno resta fisso ai margini oppure manco ci entra beh, l’unica soluzione è liberarsene in nome e per conto di un’utilità forse poco chiara ai più, almeno leggendo i vari social, ma molto evidente a chi deve guidare la squadra e che, di un simil Eriksen, non sa cosa farsene. Poco importa è forte non è forte: importa quel che decide il tecnico, nelle grandi Società calcistiche accade così spesso e volentieri, con qualche eccezione, lo ammetto, ma non è questo il caso.
Il tutto, per Antonio Conte, è un boomerang estremamente pericoloso: oggi ha in mano il potere decisionale e la Società Inter farà di tutto per accontentarlo, come è corretto che sia. Un domani, perché il momento del conto arriverà, dovrà tornare tutto, come al ristorante.
Io credo, 30 gennaio, che l’Inter farà molto bene in campionato, ne sono convinto pur stringendo gli zebedei, non si sa mai. Dovesse andare diversamente beh, l’Inter c’era prima di Antonio Conte e ci sarà anche dopo. Oggi sostengo chi guida i nerazzurri ma quei colori, quelle maglie, resteranno sempre. Indipendentemente da chi le guiderà.