Il concetto distorto di bel gioco
L'ansia di cercare a tutti i costi il pelo nell'uovo nei confronti dell'Inter sta diventando davvero stucchevole. Passi per la proposta fatta tramite un noto quotidiano sportivo nazionale di puntare sui playoff per il futuro, visto che la squadra nerazzurra sta uccidendo il campionato con un certo anticipo (ognuno è libero di fare i dovuti scongiuri), come se negli ultimi 9 anni non fosse successo nulla del genere, lascia perplessi questo improvviso bisogno di bel gioco da parte della capolista. Il tutto dopo la prestazione contro il Sassuolo, che ha visto i neroverdi soccombere nel punteggio ma dominate nel possesso palla.
Conte ci ha scherzato su, ma davvero l'Inter non ha alcun bisogno di lifting perché chi l'ha seguita da mesi a questa parte può testimoniare quanto spettacolo abbia saputo offrire sul rettangolo di gioco. Poi, chiaro, ognuno ha la propria idea di spettacolo, ma le rapide verticalizzazioni, la chiusura degli spazi altrui, la capacità di occuparli nella metà campo avversaria, le giocate di prima in velocità prendendo di sorpresa chi ama gestire il possesso, beh, sono davvero acqua fresca per gli occhi di chi ama il pallone. Ma qui nessuno pretende di convincere chi la pensa diversamente, ci mancherebbe.
Ieri sera a Valdebebas è andato in scena il Clasico. Lo ha vinto il Real Madrid, superando 2-1 il Barcellona. Ovviamente, applausi a Zinedine Zidane, meritatissimi. Poi guardi le statistiche e noti come i blaugrana abbiano avuto il 69% del possesso palla. Ma come, gli esperti assicurano che chi comanda il gioco dà spettacolo e chi lo subisce gioca male. Eppure nessuno si sogna di muovere critiche alle Merengues. Semplicemente, Zizou era consapevole dello stile del Barcellona e lo ha sconfitto nel modo tatticamente più idoneo: aggressione degli spazi, ripartenze veloci e grande cura della fase difensiva (non è un caso se dietro il Real si sia schierato con tre uomini).
Chiaramente, l'Inter non è il Madrid né il Sassuolo è avvicinabile al Barcellona. Però lo stesso tipo di concetto troppo spesso viene distorto in base alla propria convenienza. C'è talento anche nel sapersi adattare all'avversario e colpirlo nei suoi punti deboli. Come ha fatto Conte mercoledì scorso e come ha fatto Zidane ieri sera. Risultato: tre punti pesanti, forse di più quelli del Clasico visto l'equilibrio in vetta alla classifica della Liga.
Oggi contro il Cagliari, registrato il successo del Milan ieri a Parma (bello imbattersi in Maresca, vero Zlatan?), c'è la necessità di dare un'altra risposta. L'obiettivo resta la vittoria, poco importa se non sarà per palati fini. Soprattutto perché i sardi, dopo il successo del Torino a Udine, sono in una posizione alquanto scomoda di classifica, per usare un eufemismo. Disperata, a onor del vero, al punto da non potersi neanche accontentare del pareggio. L'Inter però non è nelle condizioni di lasciarsi intenerire, mancherà Barella che di certo mai avrebbe voluto fare del male personalmente al suo Cagliari e il destino gli ha tolto dalle spalle questo fardello.
Assenza pesante, inutile nasconderlo, ma finora chi è stato chiamato in causa partendo dalle retrovie ha sempre fatto bene. Significa che la squadra, tutta, ormai ha imparato a memoria lo spartito e lo recita alla perfezione a prescindere dagli interpreti. Se anche questo non è spettacolo...