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Il disastro perfetto

di Fabio Costantino

Succede che l'Inter neanche scenda in campo ma veda diminuire sensibilmente le sue residue possibilità di agguantare l'ultimo obiettivo di questa stagione, il famigerato terzo posto. A sei giorni dai tre schiaffoni presi in faccia contro la Roma, ne arriva un altro proprio dalla Capitale dove il Napoli supera i giallorossi portando a 9 punti il divario dai nerazzurri, oggi impegnati a Cagliari. Un risultato che fa male al di là dei 3 punti in palio, perché la tappa in questione era tra quelle cerchiate in rosso alla voce 'occasione per accorciare la classifica'. Invece a perdere punti è la Roma che già ci aveva salutati domenica scorsa, con i partenopei che portano a casa una vittoria che scombina i piani dell'Inter. Il disastro perfetto, insomma. Una settimana fa auspicavo che la squadra di Pioli compisse il proprio dovere onde non rammaricarsi al momento di tirare le somme. Invece c'è eccome di cui rammaricarsi, soprattutto per l'epilogo della partita da non sbagliare di domenica scorsa.

Il Napoli ieri pomeriggio, così come la Lazio mercoledì scorso, hanno dimostrato come questo spauracchio giallorosso in realtà non fosse tale. Entrambe hanno affrontato la squadra di Spalletti esattamente nel modo ideale: compattezza dietro, rapide ripartenze e uscita del pallone in pochi tocchi, sfruttando i tagli degli esterni abili a puntare i non certo veloci centrali avversari. Nessuna garanzia di successo, altrimenti la Roma sarebbe un libro aperto per ogni avversario, però le linee guida da seguire erano quelle. E il rammarico s'impenna. Non voglio tornare sulla sconfitta di domenica scorsa, a cui un po' tutti hanno contribuito. A mente fredda però tendo a ridurre la fetta di responsabilità di Pioli, che ha proposto un assetto anche logico nelle intenzioni, purtroppo privo di concretezza sul rettangolo di gioco. A mettergli i bastoni tra le ruote, oltre l'affrettato l'impiego del convalescente Brozovic (che, non a caso, non è stato convocato per la partita di oggi), è stato soprattutto l'atteggiamento di chi è sceso in campo. Troppi singoli hanno peccato di insufficienza, non hanno reso secondo le aspettative e di questi tempi bastano due-tre cigolii perché l'Inter ne risenta. Quella solidità di cui possono vantarsi le prime tre della classe è ancora work in progress ad Appiano Gentile, scontato che di fronte ad avversari di una certa caratura non ci si possa permettere passaggi a vuoto. Alla fine non avremo mai la controprova sulle scelte dell'allenatore nerazzurro, perché alcuni interpreti hanno fallito l'impatto con la messa in scena. Poi, come detto in precedenza, forse sarebbe stato meglio impostare la squadra con coordinate diverse, evitando di lasciare troppo campo ai giallorossi, provando a essere più reattivi e pericolosi in certe zone del campo. Lazio e Napoli hanno preso spunto dalla gara del Meazza e, sfruttando le loro qualità, hanno battuto la Roma in modo molto simile.

E adesso? Adesso bisogna continuare a vincere, perché se il terzo posto si perde all'orizzonte c'è ancora un piazzamento europeo da portare a casa. Il Napoli deve restare il punto di riferimento per non perdere ulteriore terreno o rilassarsi, anche se il realismo impone un livellamento al ribasso delle proprie ambizioni. Nulla è ancora perso, ci mancherebbe, ma i piazzamenti Champions sembrano ormai assegnati. In questo quadro resterebbero i tre di Europa League e al momento l'Inter, sorpassata ieri sera dal Milan, ne è fuori. Sembra incredibile, ma è così. I rossoneri hanno già completato il loro 27esimo turno di campionato, quindi la classifica deve ancora essere aggiornata. Per questa ragione l'impegno al Sant'Elia va affrontato senza fronzoli indipendentemente dalla vittoria del Napoli ieri e di un piazzamento Champions parecchio distante. Il rischio di mollare la presa e ritrovarsi con un pugno di mosche in mano dopo aver visto il traguardo a pochi centimetri è reale. E se questo traguardo è (momentaneamente) sfuggito, non è solo per 'colpa' di Nainggolan: c'è anche una buona dose di responsabilità propria. La tabella è ancora lì e non va modificata. Bisogna vincere, vincere e vincere ancora da qui a fine campionato, perché ritrovarsi nella tonnara a pochi giri dal traguardo è un lusso che non ci possiamo permettere. Sarebbe un altro disastro perfetto forse più di quello già in archivio.

In chiusura, visto che è assai di moda, dico anch'io la mia sul futuro della panchina nerazzurra. Checché qualcuno non sia ancora convinto delle sue parole, Antonio Conte si è tirato fuori dalla corsa. Di Simeone si dice da mesi tutto e il contrario di tutto. Altre candidature importanti e, soprattutto, credibili non ne vedo. Però non va dimenticato che sulla panchina dell'Inter oggi siede Stefano Pioli, che non avrà il curriculum dei sopra citati ma nello spogliatoio di Appiano Gentile, notoriamente e storicamente complesso e ricco di incongruenze, ha fatto un lavoro egregio. Certo, qualcosa l'ha sbagliata anche lui ma il ruolino di marcia finora è impressionante. E nessuno, in tutta onestà, ci avrebbe scommesso. So bene che finora il tecnico parmense ha toppato nelle partite che contano, non solo per colpa sua ma anche questo fa cv. Altrettanto vero è che non ha fascino internazionale, non me ne voglia. Però molti tecnici hanno iniziato dal basso e hanno sfruttato la prima, grande occasione della carriera per costruirsi l'aurea di top coach. Esempi? Sacchi, Lippi, Conte stesso e ce ne sarebbero molti altri. Quando gli veniva fatto notare questo gap storico, lui stesso ammetteva di non aver mai allenato l'Inter.

Certo, il grande nome in panchina fa figo, aumenta l'entusiasmo, attesta le ambizioni. Però, sinceramente, preferisco i grandi nomi in campo sapendo che ad allenarli c'è qualcuno ben voluto, di cui i giocatori si fidano. Remare contro oggi è un'abitudine a tutte le latitudini, Leicester docet. Non sostengo la causa di Pioli perché sia interista, se questa fosse una discriminante ce ne sarebbero di alternative. Io voto per lui perché ha dimostrato di essersi calato perfettamente nella parte, ottenendo la disponibilità dei calciatori non solo a parole. E perché salutarlo a fine stagione per non aver centrato il piazzamento Champions, sapendo da dove è partito, sarebbe una profonda ingiustizia. Se esiste una meritocrazia, ad oggi, non dovrebbero esserci dubbi sul prossimo allenatore dell'Inter. Auguro a Pioli di mantenere viva questa certezza fino al 28 maggio.


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