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Il karma è la virtù dei forti

di Egle Patanè

Spesso e volentieri, fin troppo spesso ma talvolta mal volentieri, l'Inter è l'esatta incarnazione di quella famosa frase pronunciata da uno degli ingegneri statunitensi impegnati negli esperimenti con razzo-su-rotaia che metodicamente montavano i sensori nella maniera errata. Lo scienziato, diventò celebre per la frase "Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo" e la teroia che ne derivò fu la celeberrima "legge di Murphy": semplicemente nota come "se qualcosa può andare storto, lo farà". 

Esattamente ciò che all'Inter sistematicamente accade: "Se qualcosa può andare storto, qualcosa andrà storto". Lo insegna la storia, e senza neppure troppe dietrologie basti pensare alla partita di Udine, quando l'Inter aveva la possibilità di scavalcare i cugini facendo risultato a Udine mentre in contemporanea a San Siro il Milan perdeva duramente sotto i colpi di un'impeccabile Atalanta. Ma l'Inter alla Dacia Arena si fa imbottigliare dalla squadra di Gotti e i rossoneri si laureano campioni d'inverno. Lo stesso accadde qualche settimana prima a Genova, quando la squadra di Conte si piega inspiegabilmente alla Samp di Ranieri sprecando la possibile frenata della squadra di Pioli contro la Juventus, cosa poi verificatasi. Se qualcosa può andar storto, che sia il rigore di Sanchez o le infinite occasioni sotto porta non concretizzate, lo farà. 

E per restare nell'ambito dei cliché (rima compresa) non c'è mai due senza tre. Sicché, bando alle ciance, ogni interista che si rispetti, alla vigilia della Lazio si sarà probabilmente dilettato in scongiuri, chi ne ha più ne metta: dal santino da pregare alla danza della luna, passando per la disattivazione di ogni social, dove l'ilarità che i ko di Juventus e Milan avevano generato appariva improvvisamente ingiustificata e a tratti persino fastidiosa. "Cosa c'avrà da esultare tutta sta gente, che domani Milinkovic-Savic segnerà l'ennesimo gol?!" tacito ma quotato pensiero di buona parte del tifo nerazzurro.

Ma all'occidente si oppone l'estremo oriente e al buon Murphy rispondono gli orientali con una teoria ben più antica della tecnologia americana di metà '900: "Niente è dovuto al caso, ma ogni avvenimento, ogni gesto è legato insieme da una rete di interazioni di causa/effetto", più comprensibilmente conosciuta come teoria del karma e tra tutti gli scongiuri, quello ad aver attecchito meglio è proprio il ballo della LuLa più che della luna. Contro la temibile Lazio, la squadra del 2020 scoppiettante, della riasalita del 2021, del calcio migliore del campionato (insieme a quello della Dea) e del centrocampo migliore in circolazione, la discontinua e inaffidabile Inter finisce per gelare l'avversario e non soltanto per il gelido cielo di Milano. A danzare sono quei due lì davanti: LuLa, il sottotono Lukaku e l'inconcludente Lautaro che sulle note di un centrocampo 'arrancato' (complice l'assenza di Vidal) fa la danza della prima-vera ad onta del -1 (gradi centigradi). 

A danzare erano Lukaku e Lautaro, a dirigere l'orchestra lo svogliato Brozovic, padrone indiscusso della mediana, e l'estraneo (o estradato) Eriksen che al 45esimo si è persino presentato ai microfoni con tanto di discorso in italiano, come a dire: "Ci sono e voglio mettercela tutta". A strimpellare erano da un lato Hakimi, sacrificato sull'altare della fase difensiva per dare una mano ai diffidati Brozovic e Barella nel nome di un derby alle porte. Il marocchino ha peccato - se così vogliamo dire - in qualcosa in avanti senza sbagliare quasi nulla in fase difensiva, ad eccezione della punizione - e giallo - al limite che ha portato al gol dei laziali. Dall'altro il redivivo Perisic: criticato dai più, in più e più occasioni, che ieri ha ricordato ai tifosi e a sé stesso quanto squillante possa ancora essere il suo acuto. Lazzari, tra i migliori esterni del campionato italiano, annullato dal croato, sempre attento e costantemente in pressione a mo di cane di guardia, sbarrandone ogni possibile via di fuga. E come se il compito non fosse già sufficiente, è proprio il croato a mettere lo zampino nel secondo gol, ma anche nel primo aiutando la costruzione dell'azione in uno scambio con Bastoni e permettendo, in secondo luogo, a Eriksen di ricevere e servire Lukaku come da sua specialità, come i ricordi londinesi attestano. 

Con calma e serenità l'Inter agisce, attende e reagisce pure. Nella maniera esatta in cui Conte ne aveva preparato il piano, perché come lo stoico e insormontabile Skriniar ha dichiarato a fine partita "è stata una partita ben preparata". Preparazione ed esecuzione con la freddezza venuta meno allo Stadium - come da lui stesso ammesso -. Se niente è dovuto al caso, ma ogni avvenimento, è legato insieme da una rete di interazioni di causa/effetto, a vincere contro la Lazio è stato un karma, virtù dei forti: che agisce, attende e alla fine rende.

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