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Il "Manuale d'Uso" dello Spalletti-pensiero

di Domenico Fabbricini

Sono passati alcuni giorni dalla presentazione ufficiale di Luciano Spalletti all'Inter, ma ancora risuona, nelle menti di tifosi, addetti ai lavori e sicuramente anche giocatori, l'eco delle sue parole. Negli ultimi anni ho assistito a diverse conferenze di presentazione di allenatori in nerazzurro, ma faccio fatica a ricordare, nella storia recente, una conferenza tanto pregna di significati e concetti importanti, talmente tanti che è quasi un peccato siano stati espressi tutti nella stessa conferenza, giacché ogni risposta a ogni domanda meriterebbe righe e righe di analisi e approfondimenti. Ha espresso bene il pensiero un tifoso, Andrea, che ha scritto alla mia mail il giorno seguente: "Queste sono le regole del pensiero di Spalletti. Andrebbero estrapolate e ripetute a memoria. Questo è un Manuale di Istruzioni da incidere sulla pietra dei campi di allenamento" la sintesi della sua mail. Voglio partire proprio da questi concetti perché sposano esattamente il mio modo di pensare riguardo lo Spalletti-pensiero.

Una conferenza densissima, dicevo, che merita di essere snocciolata punto per punto per non perdersi neanche un passaggio di quella che è stata sicuramente una presentazione preparata a tavolino, per alcuni aspetti, ma anche sviluppata nel corso della stessa, visto che ho notato spesso Spalletti prendere appunti come a fissare concetti che magari in quel momento gli passavano per la mente e da non perdere per essere poi esplicati più tardi. Un modo di fare che è tipico anche dello Spalletti allenatore, attento a ogni dettaglio, a ogni movimento tattico, a ogni situazione di gioco tanto da dire anche nel corso della conferenza che il modo di giocare si può adattare anche alle squadre che si incontrano, atteggiamento saggio e giusto, piuttosto che fossilizzarsi in un modulo fisso indipendentemente dall'avversario che si va ad incontrare. Ogni partita è una storia a sé ed è giusto adeguare la squadra a quella storia, a quel momento storico e agli uomini a disposizione in quel momento. A qualcuno non piace molto lo Spalletti uomo, il suo modo di porsi, il suo parlare schietto; a me interessa lo Spalletti allenatore, che ho iniziato a conoscere e ad apprezzare già dai tempi dell'Empoli, e che sinceramente non disdegnavo vedere sulla panchina dell'Inter già quando si parlava di Conte o Simeone, ma si cominciava a fare il suo nome come possibile terzo incomodo. "Magari ce n'erano tanti di nomi prima di scegliere me, ma non me ne frega niente" ha detto col suo fare schietto: Spalletti sapeva di non essere la prima scelta, sapeva che la società magari gli avrebbe preferito uno dei due sopra citati, ma era tale il suo desiderio di allenare l'Inter, di calarsi in prima persona in una realtà che come ha detto egli stesso aveva osservato solo dall'esterno immaginandosi però già prima come sarebbe stata viverla dall'interno, che non ha avuto l'ansia di dover essere scelto subito. Al contrario ha aspettato, ha sperato di essere prescelto, si è "proposto" nel senso che rispetto agli altri ha sempre mostrato (da quanto mi risulta) entusiasmo nel prendere questa panchina, che quando si è presentata l'occasione non ha perso tempo nel dire "sì". O meglio, sono stati i dirigenti nerazzurri a dirgli "sì", visto che Spalletti  la sua disponibilità l'aveva già data.

E questo entusiasmo lo si è visto anche in fase di presentazione, "è una sfida eccitante per me e ve lo dimostrerò" ha detto. Di primo acchitto alcune dichiarazioni sono sembrate un po' "sviolinate" di circostanza, come le lodi alla "magnificenza" di Suning e il richiamo troppo "facile" a due grandi allenatori del passato, come Herrera e Mourinho, i complimenti a Vecchi e a Pioli. Ma Spalletti, si sa, è uno che non le manda a dire, che non ha bisogno di ingraziarsi la benevolenza altrui con parole di circostanza: sicuramente come dicevo parte della conferenza sarà stata preparata, ma non dubito sulla bontà del pensiero di Spalletti e sulle spontaneità delle sue risposte. Sa che anche anche essere un bravo comunicatore serve (si veda Mourinho), sa che l'Inter ha una storia importante che va rivissuta subito (da qui le parole sul passato glorioso del club) ed era giusto toccare anche queste corde per mostrare tutto il suo entusiasmo di essere entrato a far parte di questa storia. Quasi "aziendalista" il suo continuo uso della parola "noi" anche per situazione pregresse in cui era su un'altra panchina, quasi a richiamare appunto un modo di fare tipico di un grande predecessore da lui stesso citato come Mourinho, bravissimo a mettere la sua persona davanti a tutto agendo da parafulmine. Leggendo tra le righe delle parole di Spalletti si possono scorgere quindi anche significati più profondi di quella che a prima vista potrebbe sembrare banale piaggeria, modalità comunicative che sanno toccare il cuore del tifoso, che evocano modi di fare di un passato glorioso, che incanalano nella direzione di una fiducia reciproca un rapporto che porta con sé diffidenze per definizione. Il nuovo tecnico deve conquistare i tifosi con le parole ma soprattutto con i risultati, ma intanto sfido a trovare un tifoso che non abbia apprezzato il suo modo di porsi e la voglia di fare. Ed è già un buon punto di partenza.

Ma ha stimolato il tifoso anche sul mercato e sulle modalità di gestire alcune situazioni di spogliatoio: "O si cambia, o non si vince" la sintesi del suo pensiero, "non sono meglio di altri allenatori, ma sono diverso" come a dire, non credo di avere la bacchetta magica, ma se con buoni giocatori in rosa non si è vinto, magari con un metodo diverso, "di cui mi fido", si possono ottenere risultati migliori. Basta anche a inutili personalismi, e la stoccata a Icardi è stata lampante: "Gli interessi personali vanno in secondo piano rispetto a quelli di squadra... Icardi deve tornare di più a farsi dare la palla addosso, non può restare in attacco a cercare che gli piovano i palloni, in alcune circostanze deve anche tornare a prenderseli" il passaggio forse più importante sul capitano, confermato tra l'altro tale. Ma "avrà il doppio lavoro di indicare anche ai suoi compagni i comportamenti dentro lo spogliatoio. Basta cercare la definizione di capitano su un dizionario".

Non una parola fuori posto, non una frase ripetuta o tirata a caso, un'ora e venti minuti di concetti veri e sentiti che danno un primo assaggio di quel che attende giocatori e tifosi. Spalletti non si tirerà indietro quando ci sarà da usare il bastone, sia con i giocatori sia con i giornalisti, così come non si farà pregare nell'uso della carota quando le situazioni lo richiederanno, si vedano i tanti elogi all'Inter nella sua presentazione. Un tecnico intelligente, molto, e tatticamente preparato: sono certo che la scelta sia giusta, una squadra vincente è un mix di tante cose, di intelligenza tattica, di psicologia, di comunicazione, si giocatori bravi utilizzati nel modo giusto. Ora sta ai direttori completare l'opera consegnando nelle mani di un bravo pilota anche una macchina capace di correre veloce come le altre.


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