Il mito del carro e dell'auriga rivisto in chiave interista
"Abbiamo un solo obiettivo da quando abbiamo deciso di investire nell'Inter: farne il miglior club del mondo. Vi prometto che in futuro faremo la storia insieme, è una questione di tempo". Questo proclama, pronunciato da Steven Zhang durante la cena per gli sponsor organizzata lunedì scorso, ha valicato le pareti ovattate dell'Hotel Melià arrivando come una voce tonante all'orecchio di ogni tifoso nerazzurro presente sul globo terracqueo. Un messaggio di questo tipo non fa fatica a viaggiare veloce dal mittente, il figlio del grande capo di Suning, ai destinatari, i milioni e milioni di supporter della Beneamata, ma è l'interpretazione dello stesso che apre ad un ventaglio infinito di possibilità.
Ebbene, non avendo tempo per fare un censimento sugli umori che hanno provocato queste parole su ogni cuore Bauscia mi affido all'interpretazione libera del 'Mito del carro e dell'auriga', tratto dal Fedro di Platone, che mi pare la metafora più esplicativa in mio possesso per potere ricavare l'impatto che questo discorso può avere sull'ecosistema nerazzurro.
In un certo senso, infatti, Zhang jr, così come il filosofo di Atene, vuole spiegare la reminiscenza dell'anima, che in chiave interista si configura nel fenomeno dei ricordi delle antiche gesta della Grande Inter di Helenio Herrera o dell'Inter Tripletista di José Mourinho, le uniche squadre in 108 anni di storia a sedersi sul trono di squadra più forte del pianeta. Quello che è interessante, però, è il racconto di questa storia, ovviamente riscritta con i protagonisti che popolano il presente del club: c'è una biga trainata da una coppia di cavalli, uno bianco e uno nero: il primo raffigura la parte dell'anima che ha carattere spirituale e si dirige verso l'Iperuranio; quello nero rappresenta la parte dell'anima concupiscibile e si dirige verso il mondo sensibile. Va da sé che la biga è l'Inter intesa come brand, mentre i cavalli sono Suning (bianco) e la squadra (nero); in mezzo c'è un auriga, leggi Stefano Pioli, che veste i panni della parte razionale che ha il compito di pilotare l'anima in quella zona al di là del cielo dove risiedono le Idee, con lo scopo di contemplarle il più a lungo possibile.
Il finale di questa narrazione è aperto a due soluzioni: se il tecnico di Parma riuscirà a far prevalere la parte che vuole elevarsi a quella che trascina verso la normalità, l'Inter avrà il suo piazzamento in zona Champions League e potrà tornare ad ammirare il profilo sinuoso della Coppa dalle grandi orecchie, innescando quel processo di anamnesi che, se sperimentato nel mondo fenomenico, genera la conoscenza superiore in fatto di trionfi; in caso contrario, la squadra precipiterà lontano dal fascino della competizione per club più prestigiosa del mondo, vivendo nella mediocrità di chi continua ad ignorare la sensazione magica che solo una vittoria può regalare.
Solo il tempo ci dirà quale forza avrà la meglio: sarà quella dirompente che il colosso di Nanchino che detiene la maggioranza del pacchetto azionario di FC Internazionale sprigionerà sul mercato al di fuori del territorio del Fair Play Finanziario o quella di gravità della squadra che spinge forte verso il centro del corpo celeste dei rimpianti?
Quel che è certo è che se si dovesse profilare il secondo scenario, sarebbe 'Stefano il cocchiere' a farne le spese, lui che a quel punto farebbe un passo indietro per cedere il posto a un domatore di cavalli imbizzarriti che risponde al nome di Diego Pablo da Buenos Aires.