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Il nuovo turnover di Inzaghi

di Mattia Zangari

La parola turnover appare sempre più svuotata nel calcio del 2024. Per come la intendiamo universalmente in Italia, questa locuzione inglese sta a indicare l’avvicendamento dei giocatori deciso dall’allenatore per distribuire al meglio la fatica durante una partita o un’intera stagione. Il problema è che ormai non si riesce più a distinguere quando inizia e finisca un’annata, con tutti gli impegni che ci sono tra club e nazionale. Per questo motivo c’è chi durante l'estate appena passata non ha praticamente svolto la preparazione standard per la sola colpa di essere un top player che è arrivato in fondo alle competizioni internazionali di giugno-luglio. Per citare i casi più 'famosi', ben due giocatori candidati al Pallone d’Oro hanno avuto problemi fisici di diversa natura nelle ultime ore: se per Kylian Mbappé lo stop si limiterà ad appena tre settimane per un infortunio al bicipite femorale, Rodri rischia di non poter vedere il campo fino al 2025-26 a causa della lesione ai legamenti del ginocchio destro. Lo stesso Rodri che martedì scorso, dal palco della conferenza stampa pre City-Inter, aveva lanciato l’allarme parlando di 'sciopero sempre più vicino' proclamato dai giocatori come scelta obbligata per farsi sentire dai vertici del pallone che, anziché venire incontro alle loro esigenze di attori principali di questo sport, continuano ad aggiungere impegni su impegni a un calendario già carico. Dopo aver fatto lo stacanovista tra Manchester City e Spagna, risultando imprescindibile per le vittorie in Premier e di Euro 2024, ha alzato bandiera bianca uno dei tre migliori calciatori al mondo in questo momento. Una grave perdita per lo spettacolo che non farà fermare il carrozzone, né tanto meno farà sorgere il dubbio sul modo in cui cambiare lo status quo. Pep Guardiola si arrangerà a modo suo, cambiando faccia alla squadra, avendo a disposizione una rosa extra-large. Il discorso, facendo la tara della qualità, vale per tutte le squadre di alto livello, ma poi si sa benissimo che giocano sempre gli stessi i minuti più pesanti. Gli altri servono ad allungare la panchina e le rotazioni, nella speranza che si facciano trovare pronti quando vengono chiamati in causa.

E’ proprio qui il punto, che usiamo per riallacciarci al macro-tema del derby perso in quel modo dall’Inter: Inzaghi aveva già in mente una staffetta da fare al 63’ o la sua scelta è stata dettata dalla lettura della partita? Di certo c’è che su Henrikh Mkhitaryan e Hakan Calhanoglu, sostituiti con Davide Frattesi e Kristjan Asllani, pendeva la spada di Damocle del cartellino giallo, oltre a un’ora di gioco sottotono. Neanche Denzel Dumfries aveva entusiasmato, pur comunque risultando un minimo pericoloso, ma cambiarlo per Matteo Darmian così presto è da intendersi come una mossa tattica. Anche perché l’olandese, appena 20’ a Manchester, era tutto fuorché stanco. Dieci minuti abbondanti dopo, l’allenatore piacentino è stato costretto a spendere un altro cambio per mandare in campo Piotr Zielinski al posto dell’acciaccato Nicolò Barella, che poi si scoprirà che aveva accusato una distrazione al retto femorale della coscia destra. L’imponderabile, inteso come il forfait del sardo, che da martedì ha aperto un bivio nella stagione nerazzurra: sarà emergenza o opportunità per gli altri centrocampisti? Nelle prossime tre partite prima della sosta, tutte delicate visto l’andazzo in campionato, l’Inter avrà un giocatore in meno in mezzo, peraltro il più in forma, e non potrà che attingere dal gruppo delle seconde linee per capire se veramente farebbero i titolari in tutte le altre squadre del campionato. Un discorso, quest'ultimo, che ha ancora meno senso della parola turnover, spesso usata a sproposito per giustificare una prestazione no che ha al suo interno mille fattori. E’ successo proprio dopo Inter-Milan 1-2, gara che secondo i più è stata figlia del prestigioso quanto dispendioso 0-0 dell'Etihad Stadium di quattro giorni prima. Eppure, gli stessi ci avevano assicurato che l’Inter avesse due titolari in più con Zielinski e Taremi, che si sono fatti il mazzo in terra inglese, e poi si sono seduti in panchina a San Siro per osservare da bordocampo la formazione filastrocca, con una sola eccezione, dello scudetto della seconda stella. Le famose 'due squadre', i doppioni per ogni ruolo. Poi bastano due gare ravvicinate, certo con un coefficiente di difficoltà altissimo, per far crollare l'assioma? L’anno scorso, l’Inter si permise il lusso di fare giocare le seconde linee nel girone eliminatorio per correre parallelamente più veloce in Serie A. Con  il nuovo format della Champions sono aumentate le avversarie, sono otto diverse contro tre, ed è anche impossibile fare calcoli rispetto alla qualificazione agli ottavi. In più, ragionando ad ampio raggio, c’è anche la possibilità che questa stagione abbia un’appendice con il Mondiale per Club tra giugno e luglio. Si analizza il dettaglio, ovvero gli ultimi 90-180 minuti, dimenticandosi che le partite totali dell’Inter, per esempio, potrebbero arrivare a 60-70. Presto, insomma, per tracciare dei bilanci a livello di risultati ma anche di scelte degli allenatori. Inzaghi sa che non può ‘scegliere’ su che competizione puntare per l’incertezza di cui sopra e, probabilmente, sta cercando di allargare il gruppo dei suoi fedelissimi per averli pronti all’uso in caso di necessità. L’infortunio del più in forma, evento raro negli ultimi mesi ad Appiano Gentile, accelererà semplicemente il piano.


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