.

Il sogno è svanito. Adesso inseguiamo la realtà

di Maurizio Pizzoferrato

Dopo il pareggio di Bergamo che solo super Handanovic ha evitato che si tramutasse in una sconfitta, possiamo decretare la fine del sogno. Purtroppo l'Inter non vincerà lo scudetto che sembra essere diventato una questione tra Napoli e Juventus. Squadre più attrezzate come ha sempre avvertito Mancini e che soprattutto segnano quando e come vogliono, cosa che invece non è proprio nelle corde della Beneamata. E se anche la fase difensiva inizia a scricchiolare, ecco che la vittoria per 1-0, fino alla trasferta di Empoli segnalata come marchio di fabbrica dei nerazzurri, diventa una chimera. Nel giro di una settimana siamo passati dalla possibilità di laurearci campioni d'inverno ad un terzo posto salvato solo dalla vittoria del Milan contro la Fiorentina. Fastidioso essere aiutati da loro, ma anche diabolicamente piacevole vederli esultare per un risultato che permette a noi di stazionare per un'altra settimana in zona Champions, zona che invece rimane molto lontana dalla sponda rossonera dei navigli. A undici giorni dal derby consentitemi questo passaggio campanilistico.

Tornando all'attualità, qualcuno potrà rimproverarmi un eccessivo pessimismo visto che la vetta dista solo quattro punti e che la Juve schiacchiaciassi, protagonista di una rimonta violenta, ma prevedibile, è a avanti di due lunghezze. Alla vigilia del campionato, come abbiamo già detto quando si è perso con il Sassuolo, avremmo firmato tutti per una classifica del genere, ma non sono i pochi punti di distacco a disilludermi, bensì la reale consistenza della squadra. Non mi riferisco alla mancanza del cosiddetto bel gioco, quello è un falso problema. L'Inter che faceva storcere la bocca agli improvvisati buongustai del calcio italiano, vinceva con delle qualità che improvvisamente latitano. Concentrazione, umiltà, dedizione, attaccamento alla causa, voglia comunque di prevalere arrivando per primi sul pallone. A partire da Inter-Lazio, queste cose non si sono più viste, a parte qualche scampolo della gara di Empoli dove i manciniani hanno saputo soffrire il giusto, colpendo quando hanno voluto. Nemmeno contro il Sassuolo, nonostante il risultato più corretto fosse un 4-2 per noi, ho visto un'Inter capace di indirizzare la partita secondo le sue caratteristiche che gli avevano permesso di guidare a lungo la classifica. E guarda caso, è arrivata beffarda la sconfitta. In casa, come contro la Lazio. Campanelli d'allarme che preparavano il peggio.

Ma oltre ai problemi di scarsa mentalità vincente improvvisamente riaffiorati, anche le cause tecnico-tattiche di quello che sembra un pericoloso ridimensionamento, appaiono chiare e non piacciono per niente. Il centrocampo offre poco in termini di qualità (imbarazzante il numero di passaggi sbagliati a Bergamo) e davanti siamo troppo sterili. Stevan Jovetic, sempre delizioso nel tocco, non si completa però con Icardi, ma soprattutto non tira mai in porta. I tre gol nelle prime due partite promettevano ben altro per questo indubbio talento che però, con il passare delle stagioni, non sboccia, ma si specchia. Adem Ljajic, sorpresa positiva per chi pensava che potesse creare solo problemi, è invece al momento insostituibile. Canta e porta la croce, anche lui supportato dalla tecnica che gli ha regalato madre natura. Ma anche Ljajic la porta non la prende quasi mai. Il non più giovane Palacio, a cui i tifosi dell'Inter dovranno sempre regalare un applauso, quando è chiamato in causa non fa più la differenza. El Trenza ha smarrito la scatto e quelle poche volte che arriva al tiro, la porta maliconicamente si restringe. Mauro Icardi, che invece il vizio del gol ce l'ha, sembra quasi ostaggio di questo reparto, mutato spesso da Mancini, ma mai sciolto, prigioniero di tocchi (inutili) e improbabili finezze per andare a rete, che solo chi ha Messi, Suarez e Neymar si può permettere.

Guardate Napoli e Juventus. Palla a Higuain che tira e segna. Palla a Dybala che tira e segna. E non solo lui, nel caso dei bianconeri. All'Inter non si tira, si fa petting offensivo e l'urlo di piacere resta troppo tempo strozzato in gola. Roberto Mancini lo ha denunciato sabato scorso dopo la partita con l'Atalanta e quelli del tecnico non erano toni rassicuranti per chi pensa di giocare nel Barcellona. Detto questo, domenica prossima il calendario ci strizza l'occhio. Al Meazza arriva il Carpi che con tutto il rispetto non dovrà vedere palla, la Juve ospita la Roma che Spalletti vuole rivitalizzare, il Napoli fa visita alla Sampdoria ferita, la Fiorentina affronterà il Torino. Incroci che non dovranno illudere, ma che dovranno servire a tornare tonici per tornare a lottare con forza e determinazione per la realtà, ossia un posto in Champions League. Sperando che il difficile mercato di gennaio offra qualche risorsa utile per aiutare il Mancio a raggiungere l'obiettivo.

Mi sono dimenticato qualcosa? Ah sì. Questa sera bisognerà pagare la tassa introdotta alla Pinetina negli ultimi anni. Quarti di finale di Coppa Italia a eliminazione diretta al San Paolo contro il Napoli. Con Leonardo in panchina passammo ai rigori, nella scorsa stagione fummo beffati sulla sirena dal solito Higuain e non voglio ricordare perché. Stasera? Le previsioni dicono che al San Paolo farà molto freddo per questo inverno che ha deciso di arrivare. A Napoli non sono abituati. Basterà?


Altre notizie