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Il valore di una Supercoppa è racchiuso nelle parole di Spalletti dopo Inter-Napoli 1-0

di Mattia Zangari

Il valore di una Supercoppa italiana lo capisci quando bastano cinque giorni per oscurarne il ricordo, ancor prima che la polvere del tempo si depositi sul trofeo vinto. Neanche il fatto di aver stracciato il Milan in finale ha potuto far cambiare il giudizio di tifosi e addetti ai lavori sulla stagione dell'Inter, già fuori da ogni discorso scudetto alla fine del girone d'andata, complice l'1-0 storico con cui l'Empoli ha infranto l'idea di una rimonta difficile da credere a livello razionale già prima di lunedì. Resta un derby stravinto e una coppa messa in bacheca: 'piuttosto che niente è meglio piuttosto' è il moto più in voga tra i corridoi di Viale della Liberazione, dove il saper fare di necessità virtù è diventata un'arte senza la solidità societaria indispensabile per disegnare una strategia a lungo termine. Dopo i coriandoli di Riyadh e le annesse celebrazioni per il quarto trionfo dell'era Steven Zhang, l'epilogo della telenovela legata al futuro di Milan Skriniar ha riportato l'ambiente alla cruda realtà: impossibile andare avanti insieme, l'Inter perderà a parametro zero il secondo top nel giro di un anno dopo Ivan Perisic, con l'aggravante della carta d'identità. Il peggior segnale lanciato da Suning dai tempi delle cessioni di Romelu Lukaku e Achraf Hakimi, due pezzi da novanta persi in un'estate ma almeno ceduti al loro valore di mercato.

La Supercoppa messa in bella mostra sul campo di San Siro l'altra sera è diventata ben presto una promessa di futuro non mantenuta, una gioia effimera se contestualizzata con i fatti accaduti immediatamente dopo: la verità di Roberto Sistici, agente di Skrinka, raccontata a Telenord e il crollo verticale del Milan contro la Lazio di martedì hanno dato una dimensione diversa al 3-0 rifilato ai cugini in Arabia Saudita, che qualcuno si è affrettato a definire un successo che vale una stagione. E allora vengono in mente le parole di Luciano Spalletti, a margine dell'unica partita persa dal suo Napoli in campionato, proprio contro i nerazzurri: "La qualificazione in Champions vale più di una Coppa Italia, basta chiedere alle società: non è una vittoria, ma guadagni terreno a livello di posizionamento (in Europa, ndr), anzi andrebbe dato un riconoscimento importante a chi ci arriva. Da lì scattano molte possibilità a livello societario". Una giusta rivendicazione sul lavoro svolto egregiamente a Milano da parte del tecnico di Certaldo, l'uomo che si sta togliendo con forza l'etichetta di 'allenatore da piazzamento' dopo aver portato la sua squadra al giro di boa alla quota stratosferica di 50 punti in classifica, +12 sulla prima inseguitrice e +13 sull'Inter di quell'Inzaghi che un giorno viene celebrato come il re delle coppe nazionali e quello dopo viene messo in discussione perché rischia di non arrivare nelle prime quattro in classifica. Spalletti, nonostante due qualificazioni di fila in Champions e il rinnovo di contratto, fu silurato perché la proprietà cinese, su input di Beppe Marotta, decise di puntare su un allenatore con un cv più ricco di vittorie come Antonio Conte. Altri tempi, altra Inter: all'epoca si vedeva un progetto, una crescita graduale del club attraverso i ricavi, ora si vive alla giornata con la paura di tornare indietro di qualche anno.


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