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Il vecchio e il nuovo

di Lapo De Carlo

La vecchia Inter è sparita. Non c’è più e i tifosi se ne sono accorti dopo una forte resistenza emotiva.
Tutto quello che è moderno o sconosciuto spaventa, non conosci l’esito di alcun cambiamento e diffidi persino delle intenzioni di chi lo mette in atto. È pur vero che da tempo si aspettava un cambiamento gestionale di un club che sembrava inerte, battuto dai venti, rimanendo in balia di uomini di passaggio.
È altrettanto vero che è stato sgradevole vedere il tenore dei commenti nel processo di cambiamento attuato in questi mesi. Troppa rabbia mal riposta in quella che è, a tutti gli effetti, una passione.
Il termometro dell’entusiasmo è tornato ai massimi livelli e forse anche per questo ogni ostacolo potenziale è stato trasformato in un peso.
Mentre l’Inter del Triplete viene celebrata costantemente, altri personaggi di straordinaria importanza sono stati vissuti con fastidio. Moratti ha fatto dichiarazioni su Icardi, al pari di Mazzola e Altobelli individuando un eccesso di decisionismo e un’indisponibilità a risolvere il problema diversamente, per questo sono stati sgualciti, trattati senza riguardo ed esposti come inutili alla causa.
Il fatto di avere opinioni diverse è una ricchezza che nel caso del giocatore ha provocato una vera e propria repressione di quelli che venivano considerati Icarders. Non si era mai vista una ferocia di questo livello in un dibattito. Al di là del biasimo e dello stupore per una serie di invettive virulente, con tanto di liste di proscrizione di giornali e giornalisti che nei social trovano un terreno fertilissimo, è sempre più chiaro che il calcio è diventato per tantissime persone uno strumento per dirigere la totalità del senso di appartenenza.
Questa rabbia sembra più quella di William Wallace (Braveheart) che pittato dei colori scozzesi rivendicava l’indipendenza in un epoca in cui ci si batteva a mani nude e armi rudimentali, invece che di tifosi. Oggi il calcio da passione sportiva è diventato per tanti il più importante elemento di rappresentanza della propria esistenza.
Sta cambiando tutto in fretta, compreso il modo di tifare della curva, a prescindere dallo striscione della prima giornata e la lettera aperta scritta a Lukaku.
Anche abbandonare San Siro e condividerlo ancora con il Milan è ormai un dato accettato, nonostante si stia cercando di salvarlo dalla distruzione.
Ho sentito qualche giovane tifoso che provava un senso di indifferenza verso lo stadio, proiettandosi già verso quello nuovo ma oltre al rinnovamento salutare sarebbe importante mantenere intatto il rispetto per la storia dell’Inter e dei suoi interpreti.
Mi piacerebbe che l’Inter esaltasse il suo passato, tanto quanto sta facendo per il futuro, perché troppi interisti sanno a malapena di quello che è accaduto prima degli anni '80.
A parte Herrera e la grande Inter sarebbe magnifico e incoraggiante che la nuova Inter educasse i nuovi interisti a conoscere e amare la sua storia (anche quella degli insuccessi), e sapesse chi erano Frossi, Aebi, Angelillo, Lorenzi, Nyers, Sköglund, Sarti, Picchi e tanti altri.
Per il futuro le basi sono state gettate, ora va costruito anche il passato.

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