Inception
Chiuso il circo del calciomercato e salutata senza nostalgia la sosta forzata per gli impegni delle nazionali, ora finalmente si (ri)alza il sipario sul campionato di Serie A, almeno fino al prossimo 1° ottobre. E in casa Inter, al centro del palco, illuminato dall'occhio di bue, c'è Luciano Spalletti, senz'altro il deus ex machina che lo scorso 9 giugno è piombato sulla scena per risolvere una situazione altrimenti intricatissima. Fino a quel momento, infatti, la trama della storia nerazzurra sembrava non poter avere una via d'uscita credibile verso il tanto sospirato lieto fine, dato che il ritardo di ben 24 punti accumulato dal Napoli terzo in classifica, in definitiva, suggeriva l'ennesimo buco di sceneggiatura in chiave Champions League.
L'atterraggio dell'esperto tecnico di Certaldo sull'universo nerazzurro, però, ha alimentato sin da subito la convinzione che un ritorno graduale alle vecchie abitudini nobiliari della Beneamata fosse possibile; una convinzione che ai primi di settembre, nonostante gli spiacevoli imprevisti del Fair Play Finanziario e delle restrizioni imposte dal governo cinese, resiste senza fare un passo indietro.
Il motivo è da ricercarsi, appunto, nella rassicurante figura di Luciano 'Cobb' Spalletti, il professionista che da quando veste i panni nerazzurri si occupa di innestare le sue idee di gioco nella mente di Icardi e compagni. "Un'idea – si spiegava nella stupefacente pellicola di Christopher Nolan - è resistente, altamente contagiosa. Una volta che un'idea si è impossessata del cervello è quasi impossibile sradicarla. Un'idea pienamente formata, pienamente compresa si avvinghia".
L'ex allenatore della Roma ha approcciato la sua nuova esperienza ad Appiano Gentile partendo da un assunto di base che ha fatto passare come concetto universale al gruppo: all'Inter, da tempo, manca un'identità che ora va ricreata solo e unicamente attraverso il lavoro sul campo. La sperimentazione, o se preferite il seme della rivoluzione, è stato gettato già a Riscone di Brunico quando ancora la squadra non era completa nemmeno al 50 per cento. Ed è stato un percorso tortuoso, ostacolato persino dall'interno: difficile dimenticare l'episodio nel quale Spalletti si rivolse a muso duro al tifoso che attaccò gratuitamente Andrea Ranocchia, un difensore che col senno di poi è diventato quello sa tutelare maggiormente da certe ingerenze, essendo diventato a sorpresa il primo ricambio di Skriniar e Miranda.
Una reazione durissima per dire che lo spiacevole alterco è solo una delle circostanze che vanno lasciate al di fuori del rettangolo verde. Quel laboratorio dove lo staff composito di Spalletti ha deciso che la squadra deve imparare a mantenere il più possibile il possesso palla, preferibilmente costruendo con pazienza l'azione dal basso, per poi ricercare la superiorità sulle corsie laterali. Non è un caso che dei cinque gol finora messi a referto nelle prime due uscite, quattro siano arrivati dopo un cross dall’esterno. Pietanze troppo sfiziose per non essere azzannate dal cannibale Mauro Icardi, mai così decisivo già da agosto. Ma se Maurito è la costante che conferma nel corso degli anni la sua regolarità abbacinante sotto porta, sono le ali ai suoi fianchi - Perisic e Candreva - che rispetto al recente passato non pestano solo la zona di campo vicino alle rispettive linee dell'out ma vengono dentro il campo per determinare con degli assist (il gol dell'1-1 dell'Olimpico) o per duettare con il trequartista di turno, lasciando al contempo campo alle sovrapposizione dei terzini (con Dalbert e Cancelo questi schemi saranno cavalcati ancora di più). Il cambiamento degli spazi, ovviamente, è determinato da una gestione differente dei tempi di gioco, più ragionato grazie ai nuovi interpreti sulla mediana – palleggiatori alla Valero in luogo dei mastini alla Kondogbia - e alla dimestichezza di Skriniar col pallone tra i piedi (a Wembley con la sua Slovacchia ha giocato mediano e l'anno scorso è stato il miglior difensore per precisione dei passaggi col 92%).
Per contraltare, dato che l'innesto è ben lontano dall'essere completato, alcuni meccanismi difensivi non sembrano ancora essere stati digeriti dalla squadra. Un solo gol concesso in 180 minuti, infatti, non è il dato più fedele che restituisce la vera abilità da parte di Miranda & Co di proteggere la porta di Handanovic. Le conclusioni concesse sono state 33, di cui 4 finite sui pali e 7 non ribattute dall’interno dell'area di rigore. E' qua dovrà essere bravo Spalletti a scindere il mondo in due, tra errori individuali (il caso D'Ambrosio sul gol di Dzeko) e di reparto, non solo inteso come retroguardia. In generale, analizzando questo avvio di campionato, la squadra diventa attaccabile quando salta la comunicazione tra i tre centrocampisti che compongono il triangolo tra difesa e attacco. Sintomatica, in questo senso, la bocciatura di Gagliardini a Roma, con l'inserimento decisivo di Joao Mario a cambiare le carte in gioco al cospetto del miglior centrocampo d'Italia.
Per chiudere: visti i contrattempi che possono nascere sulla strada di una stagione lunghissima, non è dato sapere se Spalletti riuscirà nel suo innesto. Di sicuro, dopo anni di improvvisazione ed espedienti tattici dell'ultima ora, la notizia è che ora il 'sogno condiviso' sta procedendo secondo i piani con la collaborazione di tutti. Nell'attesa di capire se a maggio la trottola smetterà di girare...