.

InnaMOUrato, ma ora tocca a Leo

di Daniele Alfieri
I Cure sono un gruppo musicale post-punk inglese, nato nel 1976 e venuto alla ribalta negli anni ottanta. Ha venduto più di 28 milioni di dischi in tutto il mondo.

“Friday I’m in love”, titolo di un celebre successo dei Cure datato 1992, è l’emblema del mio attuale stato d’animo. Sono francamente parecchio esaltato per il trionfo di Mourinho in finale di Coppa del Re, dove lo Special è riuscito a mettere in bacheca il suo 12esimo trofeo personale (pazienza se Ramos l’ha fatto in mille pezzi...), facendo fuori ancora una volta quella che viene indicata come la squadra più forte al mondo. Perché, diciamocelo anche se fa male, dopo la scorsa stagione in cui l’Inter guidata dal portoghese saliva sul tetto d’Italia e d’Europa, adesso siamo al termine di un’annata fatta di delusioni, illusioni e speranze rinvigorite dall’1-0 di Roma, ma che riguardano la sola Tim Cup.

Mi serviva una vittoria per tornare a gioire come una volta. I nerazzurri sono riusciti ad espugnare meritatamente l’Olimpico, annichilendo i giallorossi e mettendo un piede nella finale di Tim Cup (guai a fare scherzi nel ritorno a San Siro). Successo che, com’è ovvio, rende felice tutti i tifosi interisti, e che soprattutto è ossigeno in virtù delle ultime pessime uscite della squadra, un ciclo (tra campionato e Champions) di quattro brucianti sconfitte in cinque partite da incubo. Ma non è questa la vittoria che mi viene in mente adesso. Parlo dell’ennesima impresa perfetta fatta da Mourinho ai danni del Barça, un 1-0 firmato Ronaldo in 120 minuti di calcio puro, tattico, fisico e mentale. 365 giorni dopo il 3-1 di San Siro nell’andata delle semifinali di Champions, il vate di Setúbal ha la meglio ancora una volta sull’undici ‘imbattibile’ di Guardiola, mandando in estasi i tifosi del Real - come aveva già fatto un anno fa con quelli nerazzurri -e, perché no, anche qualcuno come me, che pensa che in José ci sia tuttora una parte di Inter. E gli interisti, d’altro canto, porteranno sempre nei loro cuori l’immagine di Mou, malgrado l’abbandono avvenuto proprio durante i festeggiamenti del triplete, il 22 maggio scorso a Madrid. Come dimenticare le sue conferenze stampa sempre effervescenti, gli atteggiamenti in panchina, il brillante rapporto con giocatori e staff… Ma questo, adesso, rappresenta solamente il passato.

Ora tocca a Leonardo, finito sul patibolo dopo le batoste di Champions e nel derby - anche a Parma -, risultati che rendono aspro l’epilogo di stagione nerazzurro, ma che non cancellano ciò che il brasiliano è riuscito a fare in pochi mesi di gestione, da quando ha preso una squadra stanca fisicamente e, soprattutto, mentalmente. Era inevitabile un calo, anche se nessuno si sarebbe augurato avvenisse in una maniera tanto clamorosa e in un momento così decisivo. Prima del derby, è vero, la difesa scricchiolava paurosamente, rendimento che veniva oscurato dagli ottimi numeri dell’attacco nerazzurro: 42 reti messe a segno in 19 partite e una media di 2,2 gol per incontro. Poi il crollo. Leo ha sbagliato qualcosa, complice l’inesperienza, ma a me non va di accusare un tecnico che prima della sfida col Milan aveva avuto un ruolino di marcia impressionante. In pochi a gennaio avrebbero creduto ad una rimonta così repentina, quel -2 che alla vigilia del derby lasciava intravedere il sorpasso sui cugini. Ma, proprio sul più bello, qualcosa è andato storto, e la Leomuntada non si è concretizzata.

Così come con Mou, i giocatori stanno dalla parte del loro mister, cosa che invece, ed era palese, non avveniva con Benitez. Stavolta c’è la voglia, anche da parte della società, di provare a costruire qualcosa di importante con Leo in panchina, magari evitando di commettere gli errori sul mercato che sono stati compiuti invece l’estate scorsa. Troppo immobilismo per una squadra - in questo do ragione a Rafa -un po’ avanti con l’età e che veniva dalle fatiche di una stagione giocata su livelli stratosferici e, non dimentichiamo, dal Mondiale. Leonardo, si sa, ha la stima di Moratti, ma niente assicura che verrà confermato anche per l'anno prossimo. Da questo punto di vista la Tim Cup e il terzo posto assicurerebbero la permanenza al tecnico.

Si è parlato del ritorno di Mou, della pre-iscrizione dei figli presso la scuola di Lugano, roba succulenta per tutte le testate giornalistiche. Difficile crederci. Vero è che lo Special continua a mandare i suoi messaggi d’amore nei confronti dell’Inter, d’altronde è orgoglioso dei successi raggiunti in nerazzurro grazie ai quali ‘non c’è più spazio sulle maglie’, come noi siamo orgogliosi di aver avuto quello che a mio avviso è il numero uno mondiale fra gli allenatori. Ci sarà forse tempo, magari più in là, per un ritorno a Milano del condottiero portoghese. Ma non adesso, tocca a Leo, che ha le ultime cartucce da sparare sperando centri l'obiettivo Coppa Italia. La mia difesa nei confronti dell’ex rossonero è irremovibile.

Difesa che in realtà è la parola chiave del momento dell’Inter. Dopo tre mesi passati ad attaccare e ad inseguire il Milan, oramai ci è precluso sognare chissà quale epica rimonta. Bisogna semplicemente difendere ciò per cui la squadra sta continuando a lottare:

a) Il terzo posto che garantisce la qualificazione alla Champions, magari provando a spodestare il Napoli dal secondo gradino della graduatoria, partendo dal match decisivo contro la Lazio.

b) La Tim Cup, unico trofeo che potrebbe rimanere attaccato sulle maglie nerazzurre almeno per un altro po’ di tempo.

c) Di conseguenza, il prestigio e l’onore del club, duramente attaccato in questo periodo dai detrattori che godono nell'assistere alla caduta, in Italia e in Europa, dell'Inter.

E proprio la difesa sarà fondamentale per riuscire a raggiungere gli obiettivi rimasti. Soprattutto in questo, Leo e i giocatori devono darsi una svegliata, provando a rattoppare le pecche emerse nel gioco del reparto arretrato. Gli zero gol subiti a Roma sono un segnale positivo in vista dei rimanenti match di campionato e Coppa. Inoltre, la retroguardia nerazzurra potrebbe presto giovare anche del rientro di un Muro, Walter Samuel, assente ahinoi per troppo tempo.

E’ venerdì e penso a Mou (questo i Cure non lo dicevano), che rimarrà sempre uno dei più felici ricordi per tutti i tifosi nerazzurri. Ma nella mente, è inevitabile, sovviene prima l’Inter. E allora testa e cuore all’attuale tecnico, ai giocatori e alla sfida di domani contro la Lazio. Non sappiamo se il brasiliano verrà riconfermato anche per la prossima stagione. E chissà che un giorno avvenga davvero il ritorno del tanto amato Special, ma, ripeto, ora tocca a Leo.

"Non è un dramma se questa stagione non finisce bene, l'Inter è campione di tutto. Moratti è circondato da persone capaci, e se Leonardo parte dall'inizio può fare molto bene. A quel punto c'è solo da ricominciare a vincere e ripartirà un nuovo ciclo", firmato José Mourinho.


Altre notizie