Inter nella terra di mezzo
La tentazione di definire l’Inter in qualunque modo, di incasellarla trovando un'aggettivazione capace di riassumerla per potersela spiegare con cognizione di sfogo o di speranza, capita a tutti. Ma resistete, perché questa non è più la vecchia Inter e non è ancora l’Inter che sarà.
Abbiamo assistito ad una partita con tanti volti ed aspetti contraddittori capaci di stravolgere il senso stesso del calcio con le sue logiche.
Il motivo è facilmente collegabile al fatto che è un'Inter giovane e quindi ancora parzialmente spiegabile.
L’inizio del primo tempo giocato senza credere di essere davvero in campo contro un'altra formazione che aggrediva in ogni zona del campo, le prime avvisaglie di una battaglia giocata da una squadra sola, erano lì a inquietare i tifosi nerazzurri.
Dopo i primi spaventi la squadra tentava di impossessarsi del gioco, imbastiva le azioni con maggior intraprendenza ma, ogni volta che i blucerchiati andavano in contropiede non tutta la squadra ne era al corrente, così puntualmente si verificava un tre contro tre o quattro contro quattro, che ricordava molto quello che era successo con la Fiorentina.
Due azioni su tutte rimanevano e rimarranno a lungo nella memoria: quello di Guarin che sbagliava da solo davanti alla porta calciando in alto e soprattutto l’errore di Correa che commetteva un errore da Gialappa’s.
Nel secondo tempo l’Inter tornava in campo con lo stesso piglio compassato, pur presentandosi con un cross pericoloso di Palacio sfiorato da Perisic, e si faceva superare prima sulla destra per un'iniziativa di Mesbah definita fuori di un soffio da Muriel, poi da sinistra con un cross di Pereira che trovava Muriel, questa volta capace di segnare.
La partita a quel punto cambiava perché la Doria si chiudeva in difesa, tendendo i ritmi bassi e costringendo l’Inter a violentare il suo gioco. Di fatto l’iniziativa restava nerazzurra ma la manovra era maledettamente prevedibile. Perciò ecco due mosse: prima Biabiany per Kondogbia, poi Manaj per Palacio, scelte non capite subito da tutti, specie perché al 26° la Samp sfiorava il raddoppio. Ma esattamente da quel minuto i padroni di casa mostravano di non averne più e l’Inter si avvicinava sempre più facilmente all’area avversaria. Detto, fatto e arrivava il gol di Perisic dopo la giocata migliore di Icardi di tutta la partita, non tanto per il tiro in piena area, quanto piuttosto per uno splendido assist a favore del croato, migliore in campo, che pareggiava i conti.
Nel corso della partita l’Inter cercava il gol e lo meritava, ma senza quel cinismo che la caratterizzava in occasioni recenti.
Questa squadra non è decifrabile nel suo insieme, promette molto ma manca in modo plateale di equilibrio. Se gli avversari alzano il ritmo l’Inter va in barca, non c’è ancora la capacità di gestire un possesso palla che, se interrotto dagli avversari, diventa immediatamente un azione pericolosa per loro. Vedendo questa partita temo fortemente una gara come contro la Juventus che non chiede altro, avendo due formidabili contropiedisti come Dybala e Cuadrado. Mancini sta chiedendo alla squadra di immagazzinare dati in memoria per ogni singolo movimento, col rischio di mandare in tilt i reparti.
Capisco l’intenzione ma quando hai una formazione con una parte di titolari arrivati a fine sessione di calciomercato (Felipe Melo, Telles e Perisic) senza aver fatto amichevoli estive e preparazione con il resto dei compagni, con solo sette partite all’attivo, oltretutto ufficiali, il rischio che la squadra sia priva dei meccanismi necessari è piuttosto alto. E da due partite il dato si manifesta in modo allarmante.
Mi piace l’ambizione, l’ottimismo, la convinzione del tecnico. Mi è sempre piaciuta la sua “grandeur”, unita alle idee fuori dagli schemi. Mi piace meno la sua presunzione senza il condimento dell’ironia. Va bene se rispondi in conferenza stampa punto su punto ma solo se lo fai in difesa dell’Inter o della squadra. L’attacco a chi “non capisce di calcio” pare invece una sterile presa di posizione autoreferenziale che difende o esalta se stesso invece della squadra che allena.
L’Inter offre enormi praterie agli avversari proprio a causa di questa mancanza di abitudine.
Insomma è una squadra ad alto rischio sismico, è una terra ancora troppo giovane e non si assesterà ancora per tanto tempo.
E’ l’Inter bellezza e non ci puoi fare niente.