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Inter quarta ma senza cuore

di Lapo De Carlo

Un'Inter ordinaria, senza passione mossa da un minimo di professionalità, raggiunge la qualificazione all'Europa League direttamente ai gironi, soffrendo contro un Empoli che ha giocato a calcio fino al novantesimo. Nel primo tempo l'Inter parte bene, organizza quattro azioni interessanti e dà spesso la sensazione di poter segnare. Cosa che avviene al 12° con Icardi. Da quel momento la squadra tenta di andare in controllo, amministra e non le riesce perché non ha le basi per poterlo fare, lentamente inizia a perdere sicurezza e sbaglia anche in difesa, quando Juan Jesus cerca di anticipare Pucciarelli in area e viene beffato. San Siro non la prende neanche tanto male, i tifosi hanno già visto questa scena in troppe occasioni. L'Inter torna a giocare e le va bene dopo soli tre minuti, quando Perisic sigla il 2-1. Poi Icardi si costruisce e fallisce la palla del 3-1.
Nel secondo tempo la squadra scende in campo in modalità risparmio, fa il compitino, aspetta l'Empoli e, con il consueto atteggiamento irritante aspetta gli avversari,  contando pigramente di fare un eventuale ripartenza. Nel frattempo esce Jovetic tra gli applausi e si fa male Icardi. Il trend è da partita di fine stagione non finisce e culmina con un'occasione enorme dell'Empoli a fine partita come i migliori di altre occasioni di questa stagione. 

Non si tratta dunque di cambi sbagliati, di scelte tecniche e qualità dei singoli ma di attitudine perché, al di là della prestazione dell’Inter, il vero ragionamento che emerge è la risposta al potere economico dei grandi club, ai propri limiti strutturali e all’impossibilità di raggiungere grandi obiettivi senza soldi. La risposta viene dai successi di squadre che, nel loro ambito, non avrebbero i mezzi tecnici per competere e aspirare a traguardi importanti. Parliamo dell’Atletico Madrid, del Leicester e del Crotone. 

Da una parte si parla solo di Cholismo portato ad esempio come moderno catenaccio, di giocatori rigenerati come Torres e di una società che con Simeone ha saputo mantenere un impianto vincente. Del Leicester si parla solo di miracolo sportivo ma nessuno sa descrivere esattamente cosa possa essere accaduto ad una squadra praticamente identica alla scorsa stagione e quella irresistibile, di quest’anno con giocatori che all’unanimità venivano descritti nel complesso modesti. Il Crotone a inizio stagione aveva subito giudizi impietosi e la campagna acquisti, da parte di parecchi addetti ai lavori, era stata giudicata addirittura insufficiente.

Scrivendo di queste squadre e parlandone anche in altri contesti, ho seguito parecchie partite di queste squadre e il denominatore comune viene dall’intensità di gioco che impiegano. Le formazioni di Simeone, Ranieri e Juric vanno al raddoppio di marcatura in ogni zona del campo, corrono il doppio degli avversari e restano concentrate fino all’ultimo istante della partita. Agli schemi e alla capacità dei tecnici di valorizzare le qualità individuali della rosa si è generato un approccio e uno spirito che in teoria dovrebbe essere presente in ogni club. La stessa Juve, dal periodo Conte ad oggi, entra in campo con una determinazione che non viene solo da un maggior tasso tecnico. 

Allenarsi e vivere da atleti, rendere in campo al massimo, senza giustificazioni è diventata solo una frase fatta per la maggior parte delle squadre che trovano soprattutto nell’allenatore la vera causa di ogni male. Quello che vedo io è invece un innaturale imborghesimento del calciatore. Interessante la rivelazione del presidente del Leicester, il quale parlando della star Jamie Vardy, ha affermato di averne minacciato il licenziamento se non avesse iniziato a fare una vita da vero atleta, abbandonando i vizi. Cosa che ha puntualmente fatto con le conseguenze che conosciamo. L'Inter ha messo in pratica questa attitudine una sola volta, contro la Juventus in coppa Italia.

Perciò mi chiedo: cosa impedisce a una squadra, senza coppe, un buon livello tecnico e uno stadio mai vuoto, di entrare in campo con quello spirito? La scorsa settimana facevo riferimento alla mentalità che una società ha il dovere di costruire ma a generarla sono soprattutto i giocatori. Non è un caso che Simeone si affidi sempre a uomini meno celebrati ma motivati e che Ranieri, per la prossima stagione, abbia già dichiarato che, pur potendo permetterselo, per la prossima stagione punterà su giocatori "affamati" e capaci di intergrarsi con il resto della squadra. 

Il segreto, specie in un'epoca in cui l'Inter non può permettersi fuoriclasse assoluti, non è dunque cercare giocatori dai piedi più o meno buoni, immaturi, incostanti e imborghesiti ma uomini convinti, atleti dentro e fuori dal campo, determinati. È una politica snobbata dal mondo del calcio ma la testa a questi livelli arriva dove i piedi si fermano.


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